Dalla Cappella Sansevero appunti per l’autogestione dei beni culturali

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La Cappella Sansevero, dove è esposto il Cristo Velato è gestita da una società privata, la MUSEO CAPPELLA SANSEVERO S.R.L.. Durante il 2014 il fatturato della società è aumentato del 54.10% rispetto a 2012. Non si può certo dire che i musei statali, da quelli piu’ grandi ai più piccoli, abbiano raggiunto lo stesso risultato. Sarà merito solo ed esclusivamente della straordinaria opera di Giuseppe Sammartino e delle altre opere di stupefacente meraviglia, in marmo di Carrara, fatte realizzare da una mente geniale come quella del Principe de Sangro? Se così fosse però, come mai le migliaia di pregevolissime opere d’arte e architettura, di cui Napoli letteralmente trabocca, non hanno la stessa luminosissima sorte? Nell’esercizio ordinario, che esclude exploit d’interesse dovuto a visite gratuite o mostre con particolari esposizioni, in super musei come Capodimonte ad esempio , l’affluenza, il livello d’interesse non sono neanche paragonabili in percentuale a questo piccolissimo polo d’esposizione a gestione privata. Gestione privata, va là la parolina magica. Prima che comincino a volare gli improperi, chiarisco subito che non voglio affermare che tutto il patrimonio d’arte deve essere rigorosamente affidato a folli iniziative private, magari di stranieri irrispettosi lasciati liberi di stravolgere e snaturale la nostra infinita bellezza. Non voglio neanche dire, però, che l’intervento del privato debba risolversi solo in una donazione di pecunia che, senza ipocrisia, è solo un comodo mezzo per pubblicizzarsi e pagare meno tasse per l’uno e raggranellare fondi per l’altra parte. O comunque non solo. Lo sponsor di lavori di manutenzione per questo o quel monumento, è una cosa ottima se costituisce l’alternativa ad una manutenzione che pesi solo sulle casse dello stato. I beni culturali devono autogestirsi, perché la loro vita non dipenda dalle sorti fiscali di un mecenate piu’ o meno credibile, o dai finanziamenti di stato. Il bene culturale deve produrre per se e per chi di questo bene ha fatto il proprio lavoro. Ma come dicevano le nonne, per conservare al meglio il servizio di posate d’argento l’unico modo è usarle sempre, cosi’ si tengono pulite, lucide e non anneriscono mai. Stessa storia per i monumenti: ogni anno in occasione del Maggio dei Monumenti, comincia l’affannosa ricerca di soldi per riaprire, ripulire e rendere agibili beni culturali altrimenti chiusi ed abbandonati. Ogni anno tutto da capo. Pulizia, manutenzione, sicurezza, formazione del personale addetto. E mentre una valanga di dipendenti comunali e del MIBAC continuano a versare in “ infermità”, permessi o chissà cos’altro , confortati dalla certezza che “o’ posto” è per sempre”, ragazzi degli ultimi anni di liceo vengono arruolati per imparare “la poesia” e recitarla come ciceroni d’assalto durante i fine settimana del famoso mese dedicato, non solo alla Madonna, ma anche ai monumenti. E’ questa una reale gestione? Questo sarebbe un sano esempio di imprenditoria culturale? Per piacere, no. Guardiamo allora non solo con rispetto ed interesse alla S.R.L. che gestisce la Cappella Sansevero, prendiamo umilmente e volenterosamente appunti, anche se come ogni cosa, anche questo esempio gestione è ancora suscettibile di miglioramento. Prendiamo appunti perché : L’illuminazione è studiata perché si alternino in modo intrigante la luce artificiale e quella naturale esaltando i rapporti luce ombra sui corpi velati delle statue in alto lungo le pareti della cappella, fino a fermarsi su quel corpo che, sotto le diverse angolazioni dei fasci di luce, prende diverse vite fino a trasformarsi in puro spirito prevalente sulla materia. Che c’entra la gestione? Semplice le modalità d’esposizione sono fondamentali per suscitare emozione, dunque interesse e piacere di approfondimento. Devono essere frutto di uno studio che non perda di vista anche l’aspetto commerciale dell’esposizione: la gente deve capire che se cambia la luce si scopre qualcosa di diverso. L’esposizione deve suscitare curiosità. Continuiamo pure ad appuntare: La narrazione viva, talvolta anche teatralizzata cui si assiste, sicuramente diverte e attrae pubblico anche non particolarmente preparato sull’argomento. Una correzione alla narrazione potrebbe ancor di piu’ migliorare le performances d’affluenza: non è solo una narrazione teatralizzata che rende il monumento cosi’ interessante da ispirare una seconda visita. Sicuramente conoscere la leggenda dei due servi, che il principe alchimista ridusse all’ammasso di vene e arterie oggi in esposizione, è un grandissimo motivo di curiosità. Sapere anche che lo scultore Sammartino colse la tecnica della statua velata dal Corradini , veneto, che fu l’autore dell’altra statua velata della Pudicizia, ma riuscì a sublimare la tecnica in quel corpo di Cristo quasi fuso sotto il velo, può spingere il visitatore a desiderare di leggere nuovi particolari con i cambiamenti dei giochi di luci ed ombre. Il visitatore deve pero’ sapere di questa possibilità o quanto meno intuirla. Bisogna suscitare il desiderio di rinnovare un emozione. Questa è l’interpretazione del monumento: quando una visita turistica diventa emozione. I beni culturali affidati allo stato purtroppo non sono esposti o narrati in modo da emozionare. Lo studioso, comunque e dovunque troverà la motivazione per approfondire, tornare, osservare. Il visitatore medio, mediamente strutturato, ha bisogno di scosse emotive che la mera rappresentazione teatralizzata riesce a bruciare in pochi minuti, come quando al parco dei divertimenti si va nella sala degli specchi. Il racconto della guida che racconta la storiella non attecchisce se non per poco. Sicuramente la spiegazione di una tecnica provocherebbe maggiore curiosità. Internet, i libri, gli opuscoli forniscono tutte le informazioni base. Che queste siano fornite anche da una piccola rappresentazione, meglio. Ciò che deve dare la visita ad un museo , ad un quadro, ad una statua a colui che la osserva è l’emozione. E questa viene programmata da una accurata gestione. E la buona gestione porta le aziende in attivo. L’allineamento delle opere in una consecutio che il curatore decide con criteri razionalmente museografici, cronologici, scientifici, poco emoziona, poco spinge allo studio e all’approfondimento. Un quadro di Caravaggio sapientemente affiancato ad una fotografia esprime tangibilmente la tecnica dell’artista, e spinge ad approfondirne l’approccio rappresentativo. La materia prima c’è, serve la capacità di esporla con principi specifici. E’ ovvio che le Soprintendenze su migliaia di beni, dovendo dedicare attenzione ed energie, scelgano i grandi musei, i grandi eventi. Per questo la parte rimanente , che non è poca cosa, dovrebbe essere suddivisa tra varie società di privati cui dare un preciso protocollo per il rispetto delle opere , ma con massima possibilità di gestione. In questo modo anche un solo euro sarebbe messo a buon frutto.