Economisti, sociologi, imprenditori, professionisti, giornalisti ed esponenti della società civile si confronteranno oggi a Napoli (Castel dell’Ovo a partire dalle 15.30) con Yoram Gutgeld, consigliere economico del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sulle azioni di breve e lungo termine da avviare per trasformare il Mezzogiorno “da vagone di coda a locomotiva” dello sviluppo del Paese. L’iniziativa è promossa dal Denaro e dalla Fondazione Matching Energies nell’ambito della rassegna economica Napoli 2020 ed è una tappa del percorso avviato a giugno dello scorso anno con il Manifesto delle 3E (Economia, Etica, Estetica) e proseguito con tre seminari di approfondimento ai quali hanno partecipato il vicepresidente della Bei Dario Scannapieco (Economia), il presidente dell’Autorità Anticorruzione Raffaele Cantone (Etica) e il fotografo Oliviero Toscani (Estetica). All’incontro partecipano il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, Domenico De Masi, Massimo Lo Cicero, Paolo Savona, Marco Zigon e il direttore del Denaro, Alfonso Ruffo, che modera il dibattito. Il punto dolente è sempre lo stesso: nonostante la varietà e la qualità del prodotto a nostra disposizione siamo desolatamente carenti di capacità organizzative. Come si potrebbe spiegare in altro modo il cattivo uso, lo spreco, delle bellezze storiche artistiche architettoniche che ci circondano senza che quasi più ce ne accorgiamo? Immersi in un patrimonio che il mondo c’invidia e che altrove frutterebbe una fortuna, ci dedichiamo con impegno costante alla sua distruzione (per ignoranza, stupidità, cattiveria) commiserandoci per avere in sorte una ricchezza individuale la più bassa del Paese e in continua discesa. Come se fosse una condanna definitiva e non ribaltabile. Ancora una volta appare con evidenza che la Questione Meridionale è diventata una Questione Culturale. Scetticismo, sciatteria, pressapochismo impediscono di affrontare i problemi con la strumentazione giusta e la ferma volontà di risolverli. Ci accontentiamo di passarli in rassegna e riscontrare quanto incompresi siano dal resto del Paese. Non ignoriamo né sottovalutiamo le oggettive responsabilità che il governo ha nei confronti delle popolazioni meridionali, prim’ancora che delle locali istituzioni, ma vorremmo concentrare l’attenzione su quello che si potrebbe realizzare confidando nella buona volontà delle persone e nello sfruttamento loro intelligenza. A chi conviene sprofondare nell’abisso economico e civile? Perché rinunciare a un’esistenza dignitosa, se non addirittura luminosa, consegnandoci alla rassegnazione? A chi affidare la difesa delle nostre ragioni se non a noi stessi? E’ giunto il momento (da molto tempo, in verità) che si faccia di necessità virtù. La proposta di alzare lo sguardo, imparare dai migliori esempi nel mondo, importare e applicare le pratiche che hanno mostrato di funzionare, formare una nuova e moderna classe di amministratori pubblici, creare le condizioni perché il capitale privato possa esprimersi, non è forse rivoluzionaria ma è l’unica possibile nelle condizioni date. Senza voler sottovalutare l’importanza e l’urgenza di azioni puntuali per la crescita, e chiamare il centro alle sue responsabilità, il Manifesto per un Nuovo Mezzogiorno che presenteremo lunedì 9 marzo a Castel dell’Ovo (tutti i particolari nell’inserto) vorrebbe essere uno schiocco di dita contro l’incantesimo dell’attesa perenne.
De Masi: Sud, errore mirare a pareggio col Nord Occorre che lo superi qualitativamente “Tutti gli interventi per ridurre il gap con il Centro-Nord sono stati esclusivamente economici (come la Cassa del Mezzogiorno e l’intervento della World Bank) hanno inizialmente consentito al Mezzogiorno di migliorare, ma sono puntualmente falliti negli effetti strutturali”. A sostenerlo nel corso dell’iniziatica promossa dal Denaro e Matching Energies oggi a Napoli, nell’ambito della rassegna economica Napoli 2020, è il sociologo napoletano Domenico De Masi. Che spiega: “La politica di coesione europea ha svolto e svolge funzioni di tamponamento della situazione, senza sapersi opporre al degrado. Gli interventi di natura culturale sono stati episodici come quello di Adriano Olivetti e dell’Unra-Casas a Matera (1951-1955) e quello di Danilo Dolci in Sicilia (1952-1997); o sono stati bruscamente interrotti come i novanta 90 “Centri di Servizi culturali nel Mezzogiorno” creati e coordinati dal Formez (1967-1972). Il rapporto tra scuola e società è deforme – dice De Masi -. Basti pensare che la facoltà di Lettere dell’Università di Napoli è collocata nel quartiere dove persiste la più alta percentuale di analfabetismo di tutta la Campania“. La dimensione sociologica e culturale della questione meridionale, secondo De Masi, “può essere aggredita e risolta solo con una politica che non tenti l’ennesimo pareggio con il Nord ma che, con un colpo d’ala, punti sulla sperimentazione nel Sud di tutte le forme organizzative d’avanguardia, parametrate non sulla declinante società industriale ma sulla nascente società postindustriale. Se il Mezzogiorno mira a pareggiare il Nord, non ce la fa. Occorre che miri a superarlo qualitativamente“.
Produrre più beni con meno lavoro De Masi lancia il jobless growth Nel corso del suo intervento il sociologo Domenico De Masi cita un esempio di rapido intervento con effetti in tempi brevi. Si tratta dell’Hobless Growth. In cosa consiste? “Il macchinismo industriale ha creato più posti di lavoro di quanti la tecnologia ne abbia distrutti perché ha sostituito soprattutto cavalli e muli con macchine automatiche – dice De Masi -. Oggi l’elettronica, l’informatica, le biotecnologie, le nanotecnologie, i laser e i nuovi materiali della società postindustriale provocano uno sviluppo senza lavoro (jobless growth) per cui i posti assorbiti dalla tecnologia non saranno sostituiti da nessun altro lavoro. Finora abbiamo risolto questo problema con i genitori che continuano a lavorare dieci ore al giorno mentre i figli restano completamente disoccupati ed entrambi perseverano nello stesso modello consumistico. In altri termini, rispondiamo al jobless growth scaricandone le conseguenze sui più deboli, sull’equilibrio ecologico e sulle future generazioni“. Il risultato, secondo De Masi, è che oggi in Italia gli occupati sono 22.509.000; i disoccupati sono 3 milioni, pari al 12%. La metà di questi ha meno di 35 anni. Nel Mezzogiorno il tasso di disoccupazione raggiunge il 20%; tra i giovani meridionali supera il 40%; tra le giovani supera il 50%. “La torta del lavoro non cresce e non crescerà, mentre i commensali crescono di anno in anno – ricorda De Masi – I rimedi invocati (jobs act e crescita) risolveranno, con tempi lunghissimi, solo una percentuale minima della disoccupazione, mentre il problema consiste in come azzerarla assicurando la piena occupazione“. Ma il jobless growth, ossia la capacità di produrre sempre più beni e servizi con sempre meno lavoro umano, che poi si traduce in jobless society, “rappresenta – secondo il filosofo – anche una grande opportunità che il Sud de-industrializzato potrebbe cogliere prima e meglio del Nord industrializzato. Il Sud, infatti, rappresenta l’area e l’occasione migliore per sperimentare quella riduzione drastica e generalizzata dell’orario di lavoro che Keynes additava come unica soluzione fin dal 1930: la ridistribuzione del lavoro, soluzione che richiede grande molta lungimiranza, molta forza decisionale, ma poco tempo“.
De Masi: Formazione classe dirigente Il Governo riporti il Formez al Sud Puntano tutti su formazione e conoscenza gli esempi “di rapido intervento con effetti in tempi lunghi” citati dal sociologo Domenico De Masi, per riportare il Mezzogiorno da fanalino di coda a locomotiva dello Sviluppo d’Italia. Tra questi De Masi cita il caso del Formez, “che si è sviluppato fino a creare quattro grandi, prestigiose ed efficaci scuole di management nel Sud. Ora è ridotto a una larva inefficiente, con dirigenti tanto immeritevoli quanto superpagati, che tentano di accentrare tutto a Roma“. Occorre, dunque, “un intervento immediato del Governo per invertire la rotta: riportare immediatamente tutto il Formez nel Sud; dedicarlo esclusivamente alla formazione della classe dirigente meridionale; depurarlo degli attuali incompetenti; affidarlo a formatori meritevoli, motivati, di respiro internazionale“.
De Masi: Navi della conoscenza Il Sud prenda esempio dal Brasile L’ultimo esempio citati da Domenico De Masi tra gli interventi “di rapido intervento con effetti in tempi lunghi” sono le “Navi della conoscenza“. “A Rio de Janeiro – dice De Masi – accanto a ogni favela in via di bonifica, è stato riadattato un vecchio edificio dismesso o è stato costruito ex novo un edificio funzionale per farne una “nave della conoscenza”, ossia un luogo aperto 24 ore su 24 per alfabetizzare gli abitanti all’informatica. Persone di tutte le età, anche analfabete, vi trascorrono molte ore al giorno imparando a tele-lavorare, tele-gestire, tele-curarsi, tele-divertirsi. Si calcola che in tre anni saranno introdotte all’uso disinvolto dell’informatica non meno di 8 milioni di semi-analfabeti. Occorre subito collegarci con l’assessorato comunale di Rio che ha creato tutto questo e ripeterne l’iniziativa in innumerevoli sedi del Mezzogiorno“.