Def: crescita 2016 a rischio, dubbi Upb su calo debito

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 La crescita economica potrebbe quest’anno fermarsi anche al di sotto dell’1,2% stimato nel Def. L’avvertimento arriva dallo stesso governo che, nella Relazione al Parlamento che accompagna l’approdo alle Camere del Documento di economia e finanza, mette le mani avanti e parla esplicitamente di stime “ottimistiche” su domanda interna ed export, tali da porre a rischio di revisione al ribasso anche l’ultimissima percentuale calcolata dal Tesoro. Le incertezze non mancano, soprattutto a livello internazionale. La ripresa mondiale, Pier Carlo Padoan come molti suoi colleghi non si stancano di ripeterlo, si è rivelata nettamente inferiore alle aspettative. Il prezzo del petrolio rappresenta un’incognita pesantissima per l’inflazione, alcuni Paesi emergenti su cui venivano riposte speranze e fiducia sono entrati in recessione e i mercati finanziari sono oggetto di turbolenze, se non di veri e propri sconquassi. Un quadro già poco promettente su cui gli attacchi terroristici hanno esercitato e potrebbero ancora esercitare un’ulteriore pressione psicologica. L’ultima certificazione arriva dall’Ocse: la ripresa economica in Germania e in Italia sta rallentando, così come negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Giappone.

Per questo, nonostante la revisione al ribasso già operata rispetto alla Nota di aggiornamento di settembre (da +1,6% a +1,2%), anche la previsione di venerdì scorso – scrivono Matteo Renzi e il ministro dell’Economia nella relazione alle Camere – “continua a basarsi su aspettative relativamente ottimistiche circa la domanda interna e la capacità delle imprese italiane di espandere le loro esportazioni in un quadro di accresciuta difficoltà, ed è pertanto soggetta a rischi al ribasso”. Di fatto, il governo ha anticipato così anche gli appunti dell’Ufficio parlamentare di bilancio, che ha esposto in un’apposita valutazione i suoi dubbi. Le precisazioni dell’Upb si riferiscono in realtà al quadro tendenziale del Def e incorporano quindi gli aumenti di Iva e accise previsti dalle clausole di salvaguardia, ma la sostanza non cambia. Anche secondo i tecnici, il governo è stato un po’ troppo ottimista e per questo “l’eventuale emergere di sorprese negative” sul fronte nazionale ed internazionale in termini di prezzo del petrolio, deflazione e cambio dell’euro potrebbe mettere “a rischio la dinamica del Pil nominale e, con essa, il percorso di abbassamento del rapporto debito/Pil”. Tra le pagine del Documento emerge intanto il calcolo dei risparmi di spesa ottenuti nel settore pubblico tra blocco dei contratti e turnover. Con gli interventi sul costo sostenuto dallo Stato per i travet la spesa per i redditi da lavoro dipendente è calata fra il 2009 e il 2015 di circa 10 miliardi e il numero dei dipendenti pubblici si è ridotto di 110 mila unità di lavoro. La Uil denuncia inoltre l’assenza di risorse per i rinnovi contrattuali, riscontrando solo l’indennità di vacanza contrattuale a partire dal 2019, e minaccia per questo iniziative di mobilitazione, compreso il ricorso allo sciopero.

 La crescita economica potrebbe quest’anno fermarsi anche al di sotto dell’1,2% stimato nel Def. L’avvertimento arriva dallo stesso governo che, nella Relazione al Parlamento che accompagna l’approdo alle Camere del Documento di economia e finanza, mette le mani avanti e parla esplicitamente di stime “ottimistiche” su domanda interna ed export, tali da porre a rischio di revisione al ribasso anche l’ultimissima percentuale calcolata dal Tesoro. Le incertezze non mancano, soprattutto a livello internazionale. La ripresa mondiale, Pier Carlo Padoan come molti suoi colleghi non si stancano di ripeterlo, si è rivelata nettamente inferiore alle aspettative. Il prezzo del petrolio rappresenta un’incognita pesantissima per l’inflazione, alcuni Paesi emergenti su cui venivano riposte speranze e fiducia sono entrati in recessione e i mercati finanziari sono oggetto di turbolenze, se non di veri e propri sconquassi. Un quadro già poco promettente su cui gli attacchi terroristici hanno esercitato e potrebbero ancora esercitare un’ulteriore pressione psicologica. L’ultima certificazione arriva dall’Ocse: la ripresa economica in Germania e in Italia sta rallentando, così come negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Giappone.

Per questo, nonostante la revisione al ribasso già operata rispetto alla Nota di aggiornamento di settembre (da +1,6% a +1,2%), anche la previsione di venerdì scorso – scrivono Matteo Renzi e il ministro dell’Economia nella relazione alle Camere – “continua a basarsi su aspettative relativamente ottimistiche circa la domanda interna e la capacità delle imprese italiane di espandere le loro esportazioni in un quadro di accresciuta difficoltà, ed è pertanto soggetta a rischi al ribasso”. Di fatto, il governo ha anticipato così anche gli appunti dell’Ufficio parlamentare di bilancio, che ha esposto in un’apposita valutazione i suoi dubbi. Le precisazioni dell’Upb si riferiscono in realtà al quadro tendenziale del Def e incorporano quindi gli aumenti di Iva e accise previsti dalle clausole di salvaguardia, ma la sostanza non cambia. Anche secondo i tecnici, il governo è stato un po’ troppo ottimista e per questo “l’eventuale emergere di sorprese negative” sul fronte nazionale ed internazionale in termini di prezzo del petrolio, deflazione e cambio dell’euro potrebbe mettere “a rischio la dinamica del Pil nominale e, con essa, il percorso di abbassamento del rapporto debito/Pil”. Tra le pagine del Documento emerge intanto il calcolo dei risparmi di spesa ottenuti nel settore pubblico tra blocco dei contratti e turnover. Con gli interventi sul costo sostenuto dallo Stato per i travet la spesa per i redditi da lavoro dipendente è calata fra il 2009 e il 2015 di circa 10 miliardi e il numero dei dipendenti pubblici si è ridotto di 110 mila unità di lavoro. La Uil denuncia inoltre l’assenza di risorse per i rinnovi contrattuali, riscontrando solo l’indennità di vacanza contrattuale a partire dal 2019, e minaccia per questo iniziative di mobilitazione, compreso il ricorso allo sciopero.