Detronizzare Kim? Missione impossibile

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Roma, 26 set. (AdnKronos) – di Federica Mochi

Un piano per detronizzare Kim? “Impensabile”. Tentare la via della diplomazia? “La strada è già aperta”. Un attacco preventivo? “Sarebbe deleterio”. Per Antonio Fiori, professore di storia e istituzioni dell’Asia all’Università di Bologna e autore del libro ‘Il nido del falco: mondo e potere in Corea del Nord’ non ci sono dubbi. La guerra tra Washington e Pyongyang non è inevitabile. “C’è sempre un’opzione negoziale aperta posto che gli attori vogliano prenderla in considerazione – dice Fiori all’AdnKronos – non direi che la guerra sia inevitabile, il problema è essere convinti del fatto di non volerci arrivare, e in questo momento non mi sembra che le parti in causa siano convinte di voler evitare un conflitto”.

E in effetti la guerra a colpi di parole tra Kim Jong-un e Donald Trump non sembra conoscere battute d’arresto. Nessuno dei due leader sembra intenzionato a mollare la presa o fare un passo indietro. Da mesi, entrambi sono fautori di una retorica che avanza a ritmo serrato: dalle minacce di colpire la base americana di Guam, all’esplosione di una bomba a idrogeno nel Pacifico, fino all’invio dei caccia statunitensi a sorvolare le cose del regno eremita, l’escalation tra i due Paesi è costante e lascia spazio a più di un interrogativo. Quale sarà la strada che Washington e Pyongyang decideranno di percorrere? Tenteranno la via della diplomazia o sceglieranno quella della distruzione totale?

LA RETORICA DEL NUCLEARE – “Per quanto riguarda la Corea del Nord, il problema è capirla – prosegue l’esperto -. Pyongyang continua ad alzare la tensione perché è l’unica strategia possibile, ma non vuole entrare in uno stato di guerra. Vuole mascherare la sua debolezza attraverso il ricorso dello spauracchio delle armi nucleari o dei missili balistici. Dall’altra parte, c’è l’amministrazione americana, che probabilmente non capisce fino in fondo che la Corea del Nord si comporta così e che potrebbe rispondere con l’apertura di un conflitto che potrebbe originarsi nelle maniere più disparate: uno strike in Corea del nord, però, porterebbe a un conflitto su larga scala”.

LA VIA NEGOZIALE – La via negoziale, assicura Fiori, è aperta da mesi: “I nordcoreani hanno più volte cercato di agire chiedendo uno o più incontri con gli Stati Uniti ma che non sono mai stati concessi, almeno formalmente – sottolinea l’esperto – La questione essenziale è che per adire alla via negoziale, la comunità internazionale e nello specifico gli stati Uniti vorrebbero che la Corea del Nord rinunciasse al proprio programma missilistico e nucleare. La risposta è abbastanza semplice: la Corea del Nord non lo farà mai perché la via nucleare è l’unico sistema di sopravvivenza del regime”.

QUANTO ANDRA’ AVANTI LA GUERRA VERBALE? – In un contesto di tensione continua, il botta e risposta verbale tra Kim Jong-un e Donald Trump “può andare avanti anche ad libitum”. “Il mio timore – osserva Fiori – è che in questa situazione si faccia un errore di qualche tipo, un errore che potrebbe venire da entrambe le parti, come un missile balistico nordcoreano gestito male dal punto di vista dell’angolazione o della gittata, che colpirebbe il territorio dando vita a un’escalation militare presumibilmente dagli Stati Uniti”.

L’IPOTESI ATTACCO PREVENTIVO – Uno strike preventivo, per Fiori, sarebbe “deleterio”. “I sudcoreani e gli americani non hanno coscienza di tutte le installazioni militari nordcoreane ma solo di quelle fotografate dai satelliti – spiega l’esperto – ma ce ne sono moltissime ben celate e quindi colpire e distruggere tutte le installazioni sarebbe un errore clamoroso”. Una volta colpita e ferita la Nord Corea “potrebbe avviare una rappresaglia suicida colpendo la Corea del Sud con armi convenzionali o nucleari, o addirittura Guam.” In uno scenario simile, le prime a finire nel fuoco nordcoreano sarebbero proprio l’isola del Pacifico e Seul. “C’è tutto un fuoco di artiglieria posizionato in prossimità del 38esimo parallelo ma non stiamo parlando solo di quello – precisa Fiori -. Una Corea del Nord colpita è destinata ad esserlo ancora di più, l’attacco minerebbe le basi della sopravvivenza del regime ed è plausibile che la Corea del Nord reagisca come un animale ferito destinato ad essere ucciso, attaccando con tutta la forza di cui è capace”.

DETRONIZZARE KIM, MISSIONE IMPOSSIBILE – Esiste un piano per detronizzare Kim? E quanto sarebbe efficace? “Non è mai stato preso sul serio uno scenario del genere – avverte l’esperto – e se l’hanno fatto è destinato a fallire. Non riesco a immaginare come un gruppo di soldati possa infiltrarsi in Corea del Nord, quindi raggiungere Pyongyang senza essere bloccato della popolazione nordcoreana per poi collocare la residenza del leader, (che in tutta Pyongyang ne ha una dozzina) e farsi beffe della guardia personale del dittatore per ucciderlo. Credo sia un’ipotesi da science fiction”. Neanche un complotto interno, assicura Fiori, potrebbe mai essere preso in considerazione. “All’interno del Paese – chiosa l’esperto – non c’è una coscienza anti-leader, semplicemente non esiste. C’è una grossa coscienza sociale che impedisce o impedirebbe ai cittadini di andare contro la sopravvivenza del regime perché se il regime collassasse la Corea del Nord non ci sarebbe più”.

LA CARTA DELLA CYBER WAR – Anche la strategia della cyber war non sarebbe in grado di sabotare Pyongyang: “E’ uno scenario ugualmente da escludere – rimarca Fiori – Una cyber war non servirebbe dal momento che coloro che utilizzano internet in Corea del Nord sono un nugolo di persone e internet è riservato solo alla leadership. Alcuni studiosi americani hanno fatto una stima e pare che non siano più di 1.000-2.000 coloro che riescono ad accedere a internet”. Inoltre, conclude l’esperto, “la Corea del Nord è dotata di “una rete intranet destinata ai funzionari interni, e non credo servirebbe. Anche i Nordcoreani hanno ottimi tecnici in grado di lanciare attacchi cyber come è stato testimoniato nel recente passato”.