Diabolik aveva forse appuntamento con il killer

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Roma, 7 ago. (AdnKronos) – di Silvia Mancinelli

Fabrizio Piscitelli era seduto sulla panchina davanti alla quale ancora si trova il corpo. Secondo indiscrezioni, trapelate da fonti investigative, avrebbe dovuto incontrarsi con . Che, all’appuntamento alle 19 circa, si è presentato confondendosi tra la gente, con il volto coperto, al parco degli Acquedotti, proprio davanti alle palazzine residenziali alla fine di via Lemonia. Un solo colpo esploso con una pistola calibro 7,65 dall’alto verso il basso ha colpito il capo ultras della Lazio all’orecchio sinistro, uccidendolo sul colpo. Ora gli agenti della Scientifica sono a caccia di impronte che possano ricostruire l’esatta dinamica e rintracciare l’assassino. Sull’omicidio indagano i poliziotti del commissariato Tuscolano, ma anche i magistrati della Direzione distrettuale antimafia. Al momento a piazzale Clodio è stato aperto un fascicolo a carico di ignoti. A coordinarlo il pubblico ministero di turno esterno e il magistrato della Dda.

Sul luogo dell’agguato è arrivato subito il fratello di Diabolik, Fabrizio Piscitelli insieme a tanti amici e conoscenti in lacrime e in un silenzio surreale. “Io sto qui, aspetto mio fratello”, ripete sotto choc Angela, la sorella di Fabrizio Piscitelli, in via Lemonia a pochi passi dal luogo, dove è stato freddato l’ultras della Lazio Diabolik. Immobile, sorretta dagli amici, mentre all’Adnkronos dice piangendo: “Mi hanno chiamato tutti, si sta mobilitando il mondo per mio fratello, stanno venendo tutti’. C’è stato anche un unico momento di tensione in via Lemonia, a pochi passi dal parco degli Acquedotti. “Levate ste telecamere, andate via, infami”, hanno detto alcuni amici della vittima, allontanando i cronisti.

“Ho appreso la notizia poco fa, lo conoscevo personalmente e per me questa è veramente una brutta notizia” ha detto, parlando con l’Adnkronos Gabriele Paparelli, figlio di Vincenzo, tifoso biancoceleste deceduto allo stadio Olimpico nel 1979, dopo essere stato colpito da un razzo durante un derby. “Sulle cause non posso parlare ma come amico, e per quanto ha sempre fatto per la mia famiglia, mi sento di esprimere la mia vicinanza ai suoi famigliari in questo drammatico momento”. “Spesso siamo stati a cena assieme -prosegue Paparelli all’Adnkronos-ma lo ricordo sopratutto perché ha voluto fortemente mettere la targa in ricordo di mio padre sotto la curva. Hanno raccolto qualcosa come 15mila firme in 48 ore e questo solo grazie a lui e alla sua voglia di imprimere sotto la curva il ricordo di papà”.

Il mondo ultras della Lazio era stato scosso già nel maggio scorso dall’esplosione di una bomba carta davanti alla saracinesca della sede degli Irriducibili in via Amulio a Roma. E in quell’occasione Fabrizio Piscitelli, : “Se vogliono tornare al terrorismo degli anni ’70, a quel clima, noi siamo pronti. Anzi, io non vedo l’ora e di certo non ci tiriamo indietro. Siamo abituati a peggio, paura mai, per carità; è chi ha messo la bomba che ha dimostrato di aver paura. E’ un atto vigliacco, fatto di notte: avrebbero potuto ferire chi dorme nei paraggi, in strada. Sanno dove stiamo, sanno dove abito e sanno bene che al di là di quella saracinesca c’è una associazione che si occupa del sociale, dove non si fa politica. Noi andiamo allo stadio, fine”.

Fabrizio Piscitelli, meglio conosciuto come ‘Diabolik’, aveva 53 anni. Era una figura di spicco del tifo biancoceleste per il suo ruolo di storico capo degli Irriducibili della Lazio. Una grande passione, la Lazio, ma anche diversi problemi con la legge. In passato Piscitelli è finito in manette per droga. Arrestato dalla Guardia di Finanza nell’ottobre del 2013, dopo una breve latitanza, con l’accusa di essere promotore e finanziatore di un traffico internazionale di sostanze stupefacenti, 3 anni fa ‘Diabolik’ si è visto confiscare dai finanzieri beni per due milioni di euro. Piscitelli è stato coinvolto in diversi procedimenti penali, tra cui la vicenda di estorsione ai danni del presidente della Lazio Lotito per il quale è stata emessa nel febbraio del 2015 una sentenza di condanna per “tentata e reiterata estorsione aggravata”.