Diplomazie al lavoro per evitare il flop del G7

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In foto Sergey Kislyak

Ormai l’idea è far discutere tutti gli alleati del problema strategico comune rappresentato dalla Cina è una realtà : una  torsione geopolitica che fa discutere, nei giorni in cui viene pubblicata a Washington la trascrizione delle telefonate tra l’ex consigliere per la sicurezza nazionale Flynn e l’ex Ambasciatore  russo Sergey Kislyak. Alla fine arriva un no di Angela Merkel che costringe il Presidente USA a rinviare il G7 anche perché sarebbe impossibile tenere un G7 senza il paese leader nell’Unione europea. Donald Trump ha detto ieri che posticiperà il vertice dei sette grandi, che voleva tenere a fine giugno alla Casa Bianca, dopo che la cancelliera tedesca aveva rifiutato il suo invito a partecipare di persona per la pandemia di coronavirus. Trump intende organizzare il vertice a settembre, ma non ha neanche escluso che a questo punto possa slittare a dopo le elezioni presidenziali americane di novembre. L’altro elemento chiave, oltre allo smacco dalla Germania, è l’invito della Russia: Trump conferma di fatto di tenere un canale privilegiato con Mosca, anche nel momento di massima frizione geopolitica con Pechino, e la cosa potrà non piacere a molti – sia in Europa sia nella stessa amministrazione – viste le azioni aggressive di Mosca in Occidente. anche durante la stagione della pandemia. Proprio Angela Merkel parlando al Bundestag , ha denunciato gli hacker aggi di due delle sue caselle mail  da parte del GRU, i servizi segreti militari di Mosca. La cancelliera ha spiegato che – nonostante tutti i suoi sforzi in tal senso – se il regime russo continua ad agire così rende difficile ogni suo tentativo di dialogo e di avvicinamento. La Russia è sospesa dal G7 ormai dal 2014. L’esclusione – che tecnicamente  è una sospensione – è uno degli elementi centrali delle decisioni occidentali, ovviamente assieme alle sanzioni – scattate con l’amministrazione Obama, e con l’accordo pieno dell’Unione europea – per la guerra di annessione condotta da Putin in Crimea. Trump ha poi spiegato di voler invitare anche altri paesi come la Corea del Sud, l’Australia e l’India. Ma un suo consigliere ha illustrato così i motivi della scelta, al New York Times: l’idea è quella di unire i tradizionali alleati per discutere della Cina, diventata un Paese rivale strategico degli Usa.  “ Non penso che il G7 rappresenti cosa sta succedendo nel mondo. E’ un gruppo molto obsoleto di paesi, ha detto il presidente americano parlando sull’Air Force One ai cronisti. Disallineare Mosca da Pechino è una delle operazioni con cui la Casa Bianca di Trump giustifica la relazione soft con Putin”. Soprattutto nei giorni scorsi in cui a Washington non si parla d’altro che delle trascrizioni di Michael Flynn , ex consigliere per la sicurezza nazionale al telefono con l’ex Ambasciatore russo negli USA, Sergey Kislyak; conversazioni  che contengono diversi gravi elementi, e nelle quali, tra l’altro, il russo dice a Kislyak che gli agenti dei servizi segreti russi espulsi dall’amministrazione Obama come ultimo atto (dicembre 2016) sono fondamentali per la lotta al terrorismo: con Flynn che concorda totalmente con lui. In questo quadro, e con gli Stati Uniti scossi dalle rivolte per l’uccisione di George Floyd a Minneapolis dopo le violenze subìte da parte di un agente di polizia, per non parlare della scossa brutale ricevuta dal Covid-19,  Trump si volge di nuovo verso Mosca. Descrivendo l’evento come un «G-10 o G-11», il presidente americano informa di di aver «approssimativamente» toccato l’argomento con i leader degli altri quattro Paesi. I capi del G7, quest’anno a guida Usa, dovevano incontrarsi in videoconferenza alla fine di giugno, dopo che la pandemia di Covid-19 aveva affondato i piani per riunirsi di persona a Camp David, il ritiro presidenziale fuori Washington. Il no di Merkel ha poi cambiato il quadro, un no nel quale moltissimi analisti hanno visto un altro segno – l’ennesimo – di distanza siderale tra Merkel e l’attuale capo della Casa Bianca. Altri leader europei, come il premier britannico Boris Johnson – che ha telefonato personalmente al presidente americano – avevano deciso invece di accettare l’invito al summit, dopo che erano già arrivate le conferme in linea di massima  anche dal presidente francese Emmanuel Macron, e dei primi ministri del Giappone e del Canada, Shinzo Abe e Justin Trudeau. Scontato il sì di Giuseppe Conte, che proprio al G7 ha vissuto due momenti importanti della sua parabola politica: l’esordio sulla scena geopolitica, nel giugno del 2018, quando era al governo con Salvini e Di Maio  e l’ultimo G7 a Biarritz, nell’agosto 2019: quando, appartandosi proprio con Trump per venti minuti, si racconta che il premier del governo Salvini-Di Maio, appena caduto, abbia ricevuto un sostanziale incoraggiamento a continuare (sia pure con maggioranza diversa), il famoso endorsement che, il giorno dopo, si tramuterà nel celebre tweet di Trump a «Giuseppi».