Ecco il drone che scova i tesori sommersi. Seconda tappa del roadshow sul Parco Archeologico Urbano di Napoli

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in foto il drone utilizzato per per costruire una cartografia aggiornata del patrimonio archeologico dell’area marina di fronte a Piazza Municipio a Napoli

“Grazie a un prototipo innovativo di drone riprogettato, reingegnerizzato e dotato di scafo a partire da un modello esistente, in grado di analizzare il fondo del mare con un ecoscandaglio e ricostruire immagini tridimensionali georeferenziate mediante tre telecamere, si mettono in risalto reperti sommersi e vestigia di antiche ville romane del I e II secolo a.C. Attraverso colaborazioni con altre università e società private abbiamo raccolto tutti i dati rilevati attraverso diverse competenze e metodologie di analisi, per costruire una cartografia aggiornata del patrimonio archeologico dell’area Piazza Municipio, fronte Golfo Napoli”. Ad affermarlo è Gerardo Pappone, docente di Geologia Stratigrafica e Sedimentologica all’Università Parthenope, nel corso della seconda tappa del roadshow dedicato al progetto Paun (Parco archeologico urbano Napoli) promosso da DataBenc, il distretto ad alta tecnologia per i Beni culturali, trasmessa in diretta dal centro Ict dell’Unisa.
Nel corso dell’appuntamento il docente di Ingegneria Elettronica Unisa Francesco Colace ha evidenziato alcuni aspetti e funzioni del progetto: “Grazie alla standardizzazione degli open data, validata dal ministero per i Beni culturali, è possibile condividere i dati di Paun con tutti gli attori del mondo interessati. La geolocalizzazione consente servizi innovativi, come app contestuali per accedere a informazioni in tempo reale. Abbiamo implementato prototipi in grado di prevedere automaticamente il rischio connesso agli agenti di usura derivanti dalla densa urbanizzazione dell’area e far scattare attuatori, ad esempio, avvisare le autorità preposte al superare del livello critico di smog. Paun vuole dire anche che i tempi sono maturi per dare vita alle nuove figure professionali delle Digital Humanities”.
Vittorio Scarano, docente di Informatica dell’Unisa, ha descritto l’esperienza del visitatore del Paun: “Tema del progetto è l’immaginazione. Creando un ambiente esteso che integra realtà virtuale e aumentata da visori o cellulari, il visitatore può “guardare” sotto il pavimento e vedere i relitti delle antiche navi, prelevare oggetti utili per le successive fasi del videogioco, assemblare a mani nude un modello di nave, navigare sul mare con vista sulla linea costa storica ricostruita, attraccare al porto e fare una partita a dadi con un altro visitatore con un dado a 14 facce dell’epoca. Paun ha messo insieme le migliori menti di accademia, ricerca e impresa innovativa, per creare un’infrastruttura di fruizione storicamente accurata, fin nella lunghezza delle tuniche dei personaggi. Speriamo di aver posto un tassello nella direzione di consentire a Napoli di riappropriarsi del rapporto con il mare. Il ruolo della ricerca scientifica deve essere anche la restituzione delle competenze acquisite al territorio, perché la ricerca è uno strumento per crescere insieme”.