Effetti collaterali dell’arroganza degli arbitri

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Tutto Tutto una parola sfrontata e gonfia di boria. Andrebbe scritta fra virgolette. Finge di non tralasciare nulla, di concentrare, includere, contenere e avere. E invece è soltanto un brandello di bufera. Wislawa Szymborska


Sono un sostenitore, un fan, Tutto Tutto una parola sfrontata e gonfia di boria. Andrebbe scritta fra virgolette. Finge di non tralasciare nulla, di concentrare, includere, contenere e avere. E invece è soltanto un brandello di bufera. Wislawa Szymborska


Sono un sostenitore, un fan, della squadra di calcio della Fiorentina, e voglio fare alcune considerazioni su come anche nello sport i comportamenti di alcuni ruoli direttivi possano deteriorare l’istituzione che dovrebbero difendere e promuovere contribuendo, al contrario, al degrado morale, che oramai tocca ogni ambito sociale: la politica, la legge, la religione, l’impresa, ecc. e anche lo sport. Voglio riflettere sugli arbitri di calcio, sulla crescita della loro arroganza e quanto questa possa essere dannosa, anche nei confronti di chi non la subisce direttamente. Intanto va collegata al potere, inteso come la potenzialità di impedire o ottenere cambiamenti: l’arroganza è la manifestazione di un potere patologico che vuole imporre se stesso, non preoccupandosi della correttezza in termini etici o pratici di quello che esprime e determina come effetto. In sostanza la dinamica è questa: il potere si acquisisce attraverso l’investitura in un ruolo, che un’istituzione attua nei confronti di un soggetto. Questo, automaticamente, determina la possibilità d’influenzamento nei confronti di altri che sono “sensibili” ad alcune leve da lui possedute. Ciò crea vantaggi soggettivi (privilegi) che vanno protetti e spesso, si diventa, come sappiamo sin troppo bene, casta collusiva per difendersi dall’esterno. Il termine arbitro è pieno di suggestioni etiche e cosa accade quando invece diventa indiscutibilmente l’opposto? Diventa iniquo, ingiusto e arrogante? Succede che ci sono tanti effetti collaterali dannosi tangibili e intangibili e s’intacca uno dei valori principali, quello della fiducia. Infatti, quando affermiamo che ci fidiamo di qualcuno o che qualcuno è degno di fiducia, ciò che implicitamente intendiamo è che la probabilità che quel qualcuno compia un’azione benefica o almeno non dannosa nei nostri confronti è sufficientemente elevata perché noi si possa considerare d’impegnarci in qualche forma di cooperazione o di partecipazione prima di (o indipendentemente dal) sapere che cosa costui farà. In modo corrispondente, quando affermiamo che qualcuno è persona di cui diffidare, intendiamo affermare che quella probabilità è bassa abbastanza da indurci ad attese e quindi comportamenti diversi. Un’arroganza che implica, che costringe all’accettazione, a priori, dell’errore che deve essere non considerato iniquo, perché frutto di una (presunta) non intenzionalità. L’arbitro di calcio secondo questa posizione è considerato infallibile quanto Dio. Deve essere così e se sbaglia, anche clamorosamente, siccome non può essere punito l’errore, (perché non esiste) si decide che il suo sbaglio non è tale e si punisce l’innocente che è stato danneggiato dallo sbaglio, perché si è permesso di reagire. Plateale a tal proposito l’episodio di un giocatore della Fiorentina: Cuadrado. Ma la lista sarebbe inesauribile. Sono anni oramai che nonostante sia evidente, documentato, ripetuto, e così via, gli arbitri, errano sistematicamente a favore di alcune squadre e si accaniscono contro altre in particolare, appunto, la Fiorentina. La Fiorentina è la prima squadra, nella lista nelle rilevazioni fatte dagli esperti, sugli “errori” degli arbitri. Questo conferma dolorosamente la convinzione che il “Palazzo” l’anno scorso voleva il Milan in Champions e quest’anno vuole il Napoli. Eccoli i dati che sono stati elaborati dagli esperti neutri: alla Fiorentina mancano ben sette punti, seconda è l’Inter con – 5, terza la Roma con – 4. Provate a rifare la classifica se fosse stata onesta, dove si trova la Juventus? Sono gli arbitri i veri protagonisti di un gioco torbido parallelo che si svolge nei campi di calcio. Gli arbitri dovrebbero essere figure etiche e competenti, dovrebbero garantire un comportamento simile indipendentemente da quale squadre dirigono. Non è così, si sa sin dall’inizio quali sono quelli favorevoli o no e poi il bello è che hanno (infischiandosene in modo arrogante) comportamenti che confermano le percezioni, le attese e così il pregiudizio non può che essere un giudizio. Sono innumerevoli gli episodi ma per comodità vorrei fare delle riflessioni sugli ultimi e in particolare quello di cui si discute in questo giorni che ha come protagonista il Gervasoni contro, ancora, la Fiorentina, che esprime in modo plateale l’arroganza. Un’arroganza compiuta nei confronti di Borja Valero, e della squadra ovviamente, che è stata resa palese dalla ripresa video. Il giocatore tentando di fare da paciere tra due giocatori è spinto e falsamente accusato dall’arbitro di essere stato aggressivo, quindi cacciato dal campo e punito in modo esagerato. L’errore dell’arbitro, ripeto, è stato documentato al di fuori di qualsiasi dubbio ma anziché ricevere le scuse, il giocatore dovrà subire comunque una sanzione. Credo che si dovrebbe chiamare questi signori in un altro modo. Non è tanto insopportabile l’errore quanto che chi lo compie lo consideri comunque non erroneo e che chi paga è chi ha un comportamento corretto. Stessa storia delle tasse, dell’evasione, e così via. Storie di ordinaria disgregazione. Penso che non seguirò più il calcio, penso che sia una cosa è invece è un’altra, penso che l’arbitro con il suo comportamento iniquo sposti il focus dalla gara alla guerra.