Effetto digitale, visioni d’impresa e industria 5.0: il futuro secondo Fabio De Felice. Dibattito a Napoli

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in foto Fabio De Felice, Maurizio Manfellotto, Federico Monga e Valeria Fascione

“Effetto digitale. Visioni d’impresa e Industria 5.0: è l’ultimo libro scritto, in tandem con Antonella Petrillo, da Fabio De Felice, founder e presidente di Protom, prima Kti (Knowledge & Technology Intensive) Company italiana, operante negli ambiti dell’Advanced Engineering, Digital Transformation, Smart Manufacturing e Knowledge Development. Fabio De Felice, professore di Impianti industriali presso l’Università degli Studi di Cassino è anche delegato del presidente dell’unione degli industriali di Napoli all’education. Cura una rubrica sul Mattino dedicata proprio alla innovazione digitale, priorità del governo presieduto da Mario Draghi che alla materia ha voluto dedicare un Ministero, affidandolo a Vittorio Colao, già amministratore delegato di Vodafone. Ed è proprio del suo ultimo libro che si è parlato, nella sede dell’Unione Industriali di Napoli, mercoledì 10 febbraio. A fare gli onori di casa il numero uno degli industriali di Napoli, l’ing. Maurizio Manfellotto. Partecipano il direttore del Mattino Federico Monga, che conduce la discussione, l’assessore campano all’Innovazione Valeria Fascione, il direttore della luiss business school paolo Boccardelli ed il presidente della piccola industria di confindustria Carlo Robiglio.

I media
Monga confessa che ha avvicinato il libro con un pregiudizio. L’idea che suggerisce in apparenza è quella di un manuale utile per un esame all’Università, semmai proprio alla Facoltà di Ingegneria dove De Felice ha studiato e dove ora insegna. E invece no. E’ bastato cominciare le prime pagine per accorgersi che nelle pagine del testo aleggia uno spirito umanista, che poggia su un linguaggio semplice e tecnico al tempo stesso, per proporre anche spunti sociali e politici. “Perché De Felice e Petrillo non hanno soltanto occhi da imprenditori – afferma il direttore – ma guardano anche con occhi di uomini e donne che vivono questo cambiamento sociale che le macchine hanno attuato sulla vita dell’uomo”. E’ insomma un volume che risulta istruttivo non solo per gli addetti ai lavori, ma aiuta a capire qual è il nostro futuro mediante esempi della vita di tutti i giorni, dagli assistenti virtuali alla cyber security.

Confindustria
La parola passa a Maurizio Manfellotto, presidente dell’associazione degli industriali partenopei, che rimarca come Napoli sia presentata come una delle aree dove le start-up sono più vivaci e dove c’è un grado di innovazione tecnologica sopra la media. Nonostante tanti ritardi e criticità, ci sono settori in cui risulta essere un po’ più avanti rispetto ad altre zone d’Italia. Manfellotto afferma che Napoli non si è fatta mai mancare la voglia di innovare, basti pensare che le tecnologie ferroviarie sono nate qui. “L’attitudine all’innovazione – spiega Manfellotto – è un tratto del carattere dei napoletani, perché basato sulla curiosità e la voglia di trovare soluzioni innovative. Una inclinazione che ci spinge a guardare avanti e oggi ci fa cogliere una percezione della potenza che abbiamo con strumenti e metodologie che incidono sull’orientamento delle persone”. Un presupposto che potrà creare le premesse anche per il recupero del divario del Mezzogiorno, che “danneggia non soltanto il paese per intero ma anche il resto d’Europa”.

L’Accademia
In collegamento da remoto c’e il professor Paolo Boccardelli, direttore della LUISS Business School. Afferma che la rivoluzione digitale sembra destinata ad avviare una stagione lunga di innovazioni anche in Italia producendo cambiamenti sociali che oggi non siamo in grado di prevedere. E rammenta ciò che è avvenuto con il 3G, tecnologia che migliorava alcune performance ma non era vista come paradigmatica. Nonostante ciò, ha introdotto un elemento nuovo e fondamentale delle comunicazioni, ossia la geolocalizzazione, aspetto che a sua volta ha reso possibile la nascita di tanti altri processi e prodotti. “L’accelerazione digitale in realtà – dice Boccardelli – rende diversi benefici alle nostre piccole medie imprese. Tra queste c’è la variabile dimensionale: con le nuove tecnologie sta avvenendo che il suo impatto è meno significativo rispetto al passato. La tecnologia digitale, con la sua capacità di essere modulare e scalabile e di lavorare su dimensioni, come ad esempio la cloudizzazione, rende possibile fare cose che in precedenza non si riuscivano a fare”. Ovviamente ciò cambia il modello di business, il business system. Infatti le nuove tecnologie, abbattendo in misura significativa i costi per l’intermediazione, rendono possibili alle piccole e medie imprese di operare in una logica aperta di ecosistema e quindi di fare cose che in precedenza non riuscivano a fare”.

La politica
Interviene Valeria Fascione, assessore alla Ricerca, innovazione e start-up della Regione Campania. Il lockdown ha dato una spinta poderosa – dice verso il mondo del digitale. “Lavoro, scuola, impresa, servizi pubblici: tutti abbiamo capito che si poteva fare. Spesso ci concentriamo sull’offerta, cioè quali sono i prodotti e i servizi, quali sono le migliori tecnologie che permettono alle aziende di lavorare meglio, alla pubblica amministrazione di offrire servizi sempre più rapidi a costi minori…”. Ma l’innovazione va veloce e le aziende che non riescono ad inseguire o ad adattarsi al cambiamento restano escluse. “Il problema – continua – è della società che deve fare questo salto quantico ed è quindi necessario partire dalle scuole, dal famoso capitale umano, dall’investimento sui nostri giovani e che deve proseguire su tutta la filiera dell’education: dalle scuole primarie alle secondarie di primo e secondo grado, sulla formazione, sugli istituti tecnici, di cui oggi si sente parlare molto, ma anche sull’università e su quello che offriamo ai nostri ragazzi quando escono dall’università affinché non si ritrovino ad avere a che fare con mondi completamente diversi. Si sa che i ragazzi sono nativi digitali però sappiamo anche che il digitale è un oceano in cui si può affogare, dove bisogna saper nuotare. E la Regione non deve guardare soltanto l’aspetto delle imprese ma anche accompagnare il cittadino semplice, la famiglia, a utilizzare bene queste tecnologie.

L’impresa
Interviene Carlo Robiglio, presidente Piccola Industria Confindustria. Apre il suo intervento con un ampio riferimento al Rinascimento italiano, allo spirito che ha fatto nascere l’impresa e la piccola impresa, di antichissima derivazione. Insomma il richiamo è, appunto, alle botteghe fiorentine dove il bello e ben fatto si sposavano con l’innovazione. Oggi le imprese di piccole dimensioni possono intraprendere percorsi che, proprio grazie al digitale, aiutano a crescere in termini competitivi, mettendo al centro la persona. “Uno dei grandi errori che facciamo – afferma Robiglio – è pensare che il digitale, l’innovazione, le nuove tecnologie, faranno venir meno posti di lavoro. Niente di più sbagliato. Al contrario, innovazione e tecnologia diventano strumento per valorizzare la persona, per aumentarne le capacità posto che la persona si metta in una logica di formazione continua”. E poi richiama l’idea dell’impresa diffusa, che grazie allo smart working supera le barriere fisiche.

L’autore
Prende la parola Fabio De Felice. “Oggi – spiega il professore imprenditore – nella industria 3.0 o 4.0, abbiamo assistito ad una netta separazione tra il mondo delle macchine ed il nostro. Per esempio, i robot antropomorfi che troviamo nelle aziende, preposti a realizzare saldature, sono rinchiusi in un loro spazio delimitato, separato da quello in cui opera l’uomo. Nella 5.0 assisteremo ad una sempre maggiore sovrapposizione tra il mondo fisico, biologico e digitale. Siamo quindi alla vigilia di un passaggio nel quale si abbattono le barriere tra i diversi piani in cui operano le macchine e gli uomini. Siamo alle soglie di una società che potremmo definire ibrida”. Confessa che il libro scritto a quattro mani con Petrillo nasce dalla volontà di voler comunicare quello che ha visto e vissuto nei vari viaggi alla scoperta dell’innovazione. Ma che quello che più gli interessa è far comprendere come questa innovazione non siano appannaggio degli addetti ai lavori ma coinvolge tutti noi. “La centralità dell’uomo e il suo ruolo sono fondamentali in questo processo, nella convinzione che l’uomo è preposto a fare le giuste domande mentre le macchine nascono per fornire le risposte”. Realtà aumentata, realtà virtuale, assistenti virtuali e tecnologia vocale:approfondimentiapp
Resta il nodo problematico da sciogliere. Vale a dire: la tecnologia aiuta il processo di democratizzazione. Tutte le grandi multinazionali del digitale nascono con questo nobile obiettivo iniziale, fornendo opportunità anche a chi non ha capitali ingenti, dematerializzando il valore e disintermediando i processi. Poi, nella loro successiva evoluzione, tradiscono i passi iniziali e diventano oligopoli. Basti pensare che il 40 per cento della banda larga negli USA, nelle ore pomeridiane, viene occupata da Netflix, o che un terzo del traffico di rete, sempre negli States, è impegnato da Google…senza considerare i risvolti sui sistemi di acquisto on line o sulla supply chain.
Da qui discende che questa grande democratizzazione nei processi industriali in realtà stava evolvendo verso una plutocrazia digitale dove pochi grandi colossi dominano il mercato. De Felice prende appunti. Forse le risposte al prossimo libro.