Elezioni politiche 2022, Santori: “Non mi candido”

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(Adnkronos) – Mattia Santori, leader e fondatore delle Sardine, sta benissimo dove sta. Non ha alcuna intenzione di lasciare il consiglio comunale di Bologna per fare ‘grande salto’ in Parlamento ma qualche osservazione vuole concedersela e un ‘suggerimento’ al Pd vuole darlo.  

“In tanti – ha detto in una intervista all’Adnkronos – hanno il mio numero di telefono e essendo entrati in una fase elettorale, sono in parecchi a dirmi ‘facciamo qualcosa’ o a domandarmi ‘che facciamo, restiamo a guardare?’. Però mi fa piacere spiegare ai nostri sostenitori – che evidentemente sono ancora tanti – che le Sardine non sono un ‘jolly’ che si può tirare fuori all’occorrenza, quando serve, specialmente se hai paura di perdere le elezioni. Io questo lo spiego da tre anni ma non tutti l’hanno capito. E’ evidente che più ci avvicineremo al voto, maggiori saranno le fibrillazioni politiche e di conseguenza aumenteranno le richieste”.  

“Voglio sgombrare il capo dagli equivoci e dalle aspettative immotivate: io – continua – ho fatto una scelta chiara, sono molto contento di quello che sto facendo al consiglio comunale di Bologna. Sono soddisfatto e non ho alcuna intenzione di abbandonare un percorso che è appena cominciato, meno che mai per rientrare nelle dinamiche della politica nazionale che è quella dalla quale sono voluto scappare, perché è troppo condizionata dal cinismo, dai calcoli e dalle strategie. Quindi non ho alcun interesse, né volontà di candidarmi”.  

Cinismo e calcolo, osserva Santori, che si è riaffacciato prepotentemente in questi giorni al Senato e alla Camera. “Io ho visto la Lega sfiduciare Draghi, perché Draghi gli ha bocciato la Flat tax e quota 100 e perché ha dichiarato guerra ai balneari e ai taxisti. I 5Stelle lo hanno sfiduciato perché Draghi si preparava a rimaneggiare il Rdc e a non voler rifinanziare il superbonus edilizia. Fi lo ha affondato per non affondare lei e per non auto condannarsi, ancora di più di quanto non avvenga ora, all’irrilevanza politica nel centrodestra”, sottolinea.  

“Berlusconi ha deciso che gli conviene stare con Salvini per controbilanciare il consenso raccolto dalla Meloni che, sondaggi alla mano, è la figura forte di un centrodestra unito solo a parole ma, in realtà, dilaniato da una lotta interna per la leadership. Il centrodestra annunciato vincitore delle prossime elezioni è una lettura da progressisti impauriti. Io nel Paese tutto questo consenso non lo vedo”, avverte Santori.  

“Come si è visto nei vari turni delle elezioni amministrative il centrodestra è battibile. Ma se la strategia del Pd è ‘votate noi, altrimenti vincono Meloni e Salvini’ non si va tanto lontano. Io spero che il Pd abbia un progetto un tantino più ambizioso che va costruito, coinvolgendo quelle realtà sociali e civiche che ti hanno aiutato a vincere nei comuni e nelle regioni. Se dall’anti berlusconismo transitiamo nell’anti melonismo, allora si che andiamo verso una sconfitta sicura”. 

“Penso che la caduta di Draghi – aggiunge Santori – offra al Pd un’opportunità forte. Il campo largo, Letta non lo deve costruire chiamando a raccolta pezzi di ceto politico ma chiedendo il contributo e offrendo l’opportunità di rappresentanza alle tante realtà civiche, associative, sociali che hanno consentito allo schieramento progressista di battere il centrodestra sul territorio. Il Pd si domandi se vale più Conte o un presidente di un’associazione locale o un cittadino virtuoso che alla politica ci credono davvero”.  

“Nel campo largo ci devi mettere anche un pezzetto di società civile che hai chiamato alle Agorà. Se le Agorà si trasformano in un veicolo di selezione delle candidature, di riconoscimento del pluralismo e di costruzione potenziale di una nuova classe dirigente, allora il progetto ha funzionato. Al centro intanto si accalcano Di Maio e Brunetta, Calenda e Renzi… “io vedo un gran movimento per posizionarsi nel cosiddetto centro. Lì c’è tanta ciccia elettorale che fa gola a tanti presunti leader e a tanti ‘partiti'”.  

“Draghi ha dato una voce, creato uno spazio per le aspirazioni di un ceto politico liberale, moderato. Penso che il Pd non debba andare a rincorrerli; piuttosto aspetti che il Centro o i centristi si guadagnino il consenso e i voti, non perda tempo nel convincere Calenda o Renzi o Di Maio a federarsi. Non si infili in una bagarre complicatissima che fa perdere solo tempo. Letta offra uno spazio e un’opportunità alle idee, alle realtà e alle esperienze progressiste sul territorio, nei programmi. Le somme si tireranno in Parlamento dove dopo le elezioni si faranno le alleanze per guidare il Paese”, conclude Santori.