Endometriosi, il 28 marzo torna l’appuntamento per la sensibilizzazione su questa subdola malattia

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“Ho 43 anni, ed ho avuto il mio primo ciclo a 10 anni, non sapevo cosa fosse, ma tutti in casa erano felici e proprio il mio papà mi disse ‘auguri sei diventata signorina’. Lì per lì ero molto perplessa, ma dopo 1 ora sola, era iniziato il mio inferno…quel dolore non poteva essere qualcosa da festeggiare, da lì in poi la mia vita è stata una ricca e devastante raccolta di frasi di circostanza, che continuano anche oggi: ‘che sarà mai sto ciclo’; ‘ma guardala finge svenimenti per non lavorare’; ‘guarda, strano che per oggi non ti sia ancora lamentata’. Mi è stata diagnosticata l’endometriosi nel 2007, da lì i primi interventi, cure, menopausa di ogni genere; beh siamo arrivati al quinto ed è stato il più brutto, quello che mi ha fatto più male sia al cuore che alla mente, asportazione dell’utero…risultati??? Negativi, vivo come pima sotto terapia del dolore e sotto controllo dello psichiatra…Ma non mi arrendo , questa malattia mi ha portato via dei sogni, ma ho deciso di lottare e di cercare di crearmene dei nuovi. Un abbraccio a tutte e ricordate che la voce di una è la voce di tutte”.
L’endometriosi, una patologia infiammatoria cronica e molto dolorosa, è definita subdola, in quanto molto difficile da diagnosticare; oltre i 6 anni per i sintomi che sono comuni con altre patologie. È da tanto che intorno ad essa esiste l’ignoto e certe volte tanta ignoranza, poi il suo diffondersi su una donna su dieci in età fertile ha catalizzato il processo statistico per l’analisi del problema e i modi per porre i ripari , ma ad oggi non si conoscono ancora le cause, e spesso i rimedi restano critici e senza profilassi.
Il faro sul problema però è molto chiaro: 3 milioni di donne in Italia ne sono colpite; 176 milioni nel mondo; 3500 euro i costi medi annuali in Italia; 25-35 anni la fascia di età in cui la malattia esplode non inizia. Gli organi infiammati sono soggetti a lesioni cicatriziali, noduli e aderenze, che comportano alla donna molteplici interventi chirurgici , e a tal uopo esistono centri specializzati in endometriosi in Italia, ma è triste constatare che resta ancora una malattia difficile da affrontare e quindi quasi impossibile da prevenire; solo sintomi da non sottovalutare come dispareunia ( dolore a livello vaginale ) , dolori articolari, problemi urologici e intestinali , dolori lombari, difficoltà a concepire, dolore pelvico, stanchezza cronica, mestruazioni abbondanti, dismenorrea ( dolori mestruali ): la compresenza dei sintomi in molte patologie è chiara e forse è proprio il controllo che può portare per esclusione e per intensità del dolore, ad accendere la lampadina.
Il tessuto anomalo che normalmente riveste la parete interna dell’utero . sotto gli effetti del ciclo mestruale va incontro a sanguinamento interno colpendo tube e ovaie, peritoneo, vagina, vescica fino ad arrivare a colpire intestino, ureteri, reni, legamenti uterosacrali, nervi, fegato ma anche polmoni e diaframma. L’endometriosi dal 2017 è nei LEA (livelli essenziali di assistenza). Con il codice 063 si riconosce alle donne il diritto di usufruire di alcune prestazioni specialistiche ma solo per il III e il IV stadio, i più severi. Mancano ancora tutele lavorative, tutele economiche legate alle terapie che una donna deve sostenere ed è necessaria una integrazione delle prestazioni specialistiche diagnostiche. Senza tralasciare la tutela e l’assistenza adeguata anche per il I e il II stadio. Le terapie ormonali continuative non eliminano la malattia, permettono solo di gestire i sintomi dell’endometriosi; la gravidanza non fa “guarire” la donna affetta, ma tiene a bada i sintomi della patologia. L’endometriosi spesso coesiste con altre condizioni tra cui: malattia infiammatoria pelvica, sindrome dell’intestino irritabile, cistite interstiziale, vulvodinia, fibromialgia e malattie autoimmuni. L’endometriosi colpisce l’identità femminile in tutte le sue dimensioni; individuale, relazionale, sessuale, sociale e psicologica.
La necessità di unirsi, coalizzarsi e denunciare con forza la malattia semisconosciuta ha dato vita ad una Associazione denominata “Team Italy” di donne di tutto il mondo colpite dall’endometriosi, che si ritrovano ogni anno, da sette anni, a Roma per una marcia pacifica ma non silente, nel mese di Marzo : il “Worldwide Endomarch”, questo anno il 28 Marzo. In più di 55 capitali ha quindi luogo il mese della consapevolezza per sensibilizzare la società denunciando lo stato critico per una migliore gestione dei diritti e dei bisogno del malato di endometriosi. Oggi diciamo anche in concomitanza con i danni del coronavirus che la nostra sanità è valente, attenta ed efficace e poi nascondiamo l’ignoranza colpevole su un dramma che colpisce la donna forse più di tanti altri, se la vediamo sotto il punto di vista della prevenzione e dei rimedi efficaci ed efficienti. Non è la manifestazione in se e per se a gridare la mancanza, ma l’unione compatta sotto l’effige del colore giallo che è luce e chiarezza, a voler raggiungere i cuori della gente e delle istituzioni, che non possono evitare più a lungo ciò che non si conosce bene , perché le conseguenze sono troppe e minacciano tutti noi come un ladro dietro l’angolo delle attese prolungate.
Le precise cause di endometriosi sono quindi poco chiare. Esistono, tuttavia, diverse teorie che cercano di spiegare come possa insorgere la malattia endometriosica: La prima è la ‘ Teoria della mestruazione retrograda’. Secondo tale teoria, gruppi di cellule dell’endometrio, che si sfaldano durante le mestruazioni, refluirebbero attraverso le tube di Falloppio fino alla cavità addomino-pelvica, dove si impianterebbero sul peritoneo e gli organi avvolti dal peritoneo. L’impianto delle suddette cellule all’interno della cavità addomino-pelvica dà luogo al fenomeno delle cosiddette “isole endometriosiche”. Ad avvalorare tale ipotesi è il fatto che le sedi di maggior frequenza dell’endometriosi sono le tube di Falloppio, le ovaie e lo scavo di Douglas (cioè l’incavo creato dallo spazio tra la parte posteriore dell’utero e la parte anteriore del retto), tutti elementi anatomici del compartimento addomino-pelvico. La seconda è la ‘ Teoria metaplasica. In base alla teoria metaplasica, le cellule del peritoneo andrebbero incontro, per cause sconosciute, a una trasformazione in cellule dell’endometrio. Se fosse vera, la teoria metaplasica spiegherebbe l’eccezionale formazione di tessuto endometriale nella vescica e nella prostata di soggetti di sesso maschile. La terza è la ‘ Teoria della disseminazione per via linfatica ed ematica’. Secondo tale teoria, le cellule dell’endometrio potrebbero raggiungere altri organi (es: polmoni o reni), attraverso il sistema linfatico o il sangue (mediante le vene pelviche).
La teoria della disseminazione per via linfatica ed ematica è l’ipotesi più accreditata, per spiegare tutte le presenze di endometrio al di fuori della cavità pelvica e che non possono dipendere dal trasporto retrogrado. Ancora la ‘ Teoria dell’impianto iatrogeno’. Tale teoria è frutto della dimostrazione che esiste una possibilità di impianto di tessuto endometriale sulle cicatrici chirurgiche, successive a taglio cesareo o a operazioni di rimozione dell’utero (isterectomia). Segue la ‘ Teoria dell’alterazione immunitaria endoperitoneale’. Normalmente, il sistema immunitario riconosce come estranee le cellule dell’endometrio che sono refluite in cavità addominale, al momento della mestruazione, e le elimina. In base alla teoria dell’alterazione immunitaria endoperitoneale, un’anomalia del sopraccitato meccanismo immunitario, indotta da una mutazione genetica, consentirebbe ad alcune cellule endometriali di sopravvivere e moltiplicarsi. Ultima la ‘Teoria ormonale’. Tale teoria afferma che, in alcuni soggetti, l’endometriosi dipenderebbe dall’attività degli estrogeni, i quali – durante la pubertà femminile – indurrebbero la trasformazione in cellule endometriali di alcune cellule, destinate in origine a diventare altro. Questa teoria ha sollevato un dibattito in merito ai contraccettivi orali a basso contenuto di estrogeni e ad alto contenuto di progesterone: il tema di discussione è se tale farmaci possono o meno avere effetto protettivo nei confronti dell’endometriosi.
Secondo gli esperti, sono fattori di rischio dell’endometriosi: Assenza di gravidanze. In altre parole, le donne che non sono mai rimaste incinte sono più a rischio delle donne che sono rimaste incinte almeno una volta nella vita; Menarca (ossia la prima mestruazione) in età precoce; Menopausa in età molto avanzata; Cicli mestruali brevi (per esempio, durata inferiore ai 27 giorni); Alti livelli di estrogeni nel corpo o un’esposizione agli estrogeni che si somma alla quantità di estrogeni prodotti normalmente dal corpo; consumo ingente di alcol; storia familiare di endometriosi; la presenza di una qualsiasi condizione medica che impedisca il normale passaggio del flusso mestruale al di fuori del corpo; la presenza di anomalie uterine.
Dobbiamo astenerci altresì da ritenere queste teorie esaustive da un punto vista medico puro, e nel contempo accettare che tale malattia, forse esistente da sempre ma per niente riconosciuta e localizzata a pochi individui, è andata aumentando e di molto in queste ultime decine di anni, e forse le cause andrebbero ricercate anche nel cambio degli stili di vita, dell’alimentazione e dei fattori di rischio connessi all’ambiente. Ritenere le componenti della vita moderna causa delle peggiori malattie non è semplice, e ancor più semplici è far accettare alle istituzioni la necessità di far regolare il problema da un punto di vista diverso, e che tenga conto della necessità di tutela, assistenza e recupero dei danni sociali e lavorativi che si possono venire a formare nel tempo. Poi il resto dipende dalla Ricerca. Forse sull’endometriosi se ne fa poca, anche perché una buona ricerca si deve basare su dati statistici pregressi di lunga gittata, e quindi si arriva ad un tempo indietro in cui molte patologie legate alla donna non venivano neanche da questa denunciate. Le cose sono per fortuna ambiate, ma ora tocca agli altri rendersi conto che occorre sostenere chi viene colpito da tale malattia e far si che non si senta mai solo, perché questa è la criticità maggiore che investe chi ha un fenomeno di non facile soluzione. Raccogliere ciascuno di noi un simbolo giallo per poter dare un segno di condivisione del problema , deve essere soprattutto la testimonianza che ci sono cose che dovrebbero essere palesi e luccicare come la luce del sole, e invece restano al buio , con la complicità della sensibilità umana talvolta assente.