Energia pulita dal mare. Le innovazioni di SeaPower, consorzio di ricerca targato Federico II

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di Paola Ciaramella

Una turbina idrocinetica per ricavare energia pulita dalle correnti marine e fluviali, sfruttando il moto delle acque. Si chiama GEM ed è stata ideata e realizzata da SeaPower scarl, consorzio di ricerca pubblico-privato e senza scopo di lucro promosso dall’Università “Federico II”, impegnato nella progettazione di sistemi per ottenere energia rinnovabile dal mare e dal vento. SeaPower nasce dalla lunga esperienza in questo settore dell’ADAG (Aircaft Design &Aeroflight Dynamics Group), gruppo di ricerca applicata del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’ateneo federiciano, avviato nel 1990 e coordinato dal prof. Domenico Coiro. “Il GEM è il nostro progetto più maturo, ci stiamo lavorando dal 2005: attualmente ha raggiunto il Technology Readiness Level 7, cioè è pronto per una prima industrializzazione e commercializzazione”, spiega a IlDenaro.it il prof. Coiro, autore del brevetto insieme all’ing. Nicola Giorgio Morrone. È un sistema equipaggiato con due turbine ad asse orizzontale che producono energia sfruttando le correnti di marea, ancorato con un cavo ad un punto fisso sul fondo e con le turbine poste a una profondità minima di 10 metri, per permettere anche il transito delle navi più grandi; il GEM, equipaggiato con due rotori del diametro di 3 metri, posto in un sito con una velocità massima della corrente di 2,5 m/s produce mediamente 300 MWh di elettricità in un anno.“Sfrutta il moto delle acque, funzionando come una turbina eolica, ma è in grado di ricavare una potenza maggiore, essendo l’acqua molto densa. E poi, al contrario di ciò che accade con il vento, le correnti marine sono perfettamente predicibili, perciò a inizio anno si sa già quanta energia si riesce a tirare fuori dopo dodici mesi”. La turbina è capace di allinearsi alla direzione della corrente in maniera autonoma – una caratteristica che le ha fatto guadagnare l’appellativo di ‘aquilone del mare’ –, è “a basso impatto ambientale e non disturba la navigazione. Si tratta di una tecnologia che potrebbe essere utile per portare l’energia nei posti remoti del Pianeta dove ancora oggi la produzione di elettricità è insufficiente o è molto costosa e inquinante, per esempio in alcune isole delle Filippine o dell’Indonesia, sfruttando le risorse naturali – aggiunge Coiro –. Nel 2012 abbiamo installato il primo prototipo a scala reale, di dieci metri di larghezza e dieci tonnellate di peso, nella Laguna Veneta, dove è rimasto per qualche mese. Il prossimo vogliamo installarlo a Villa San Giovanni, sullo Stretto di Messina: già da diversi anni stiamo lavorando per realizzare lì un laboratorio del mare a cielo aperto”. L’idea è quella di offrire a centri di ricerca, aziende ed enti pubblici di tutto il mondo, interessati a progetti per lo sfruttamento dell’energia del mare, un campo idoneo per portare a termine campagne di prova e di analisi dei dati sperimentali.

Energia dalle onde
Insieme alla società Umbra Group, da tre anni SeaPower sta sviluppando anche un sistema per lo sfruttamento dell’energia delle onde, il GEL (Generatore Elettrico Lineare). Costituito da un galleggiante connesso a una struttura di supporto, sotto l’azione dell’onda il GEL oscilla intorno a un asse orizzontale, arrivando a produrre, in un sito con flusso energetico pari a circa 10 kW/m, 150mila kWh di elettricità in un anno: “L’onda sposta la boa verso l’alto e verso il basso e il moto di oscillazione viene trasferito a un sistema che lo trasforma in energia elettrica – chiarisce il professore –. Estraendo energia con questi sistemi l’onda perde gran parte della sua intensità, quindi la boa svolge anche una funzione di protezione delle coste. Va ancorata alle dighe foranee oppure alle piattaforme di estrazione del petrolio o del gas”. Per il momento il GEL è stato testato sia in scala 1:5 che 1:1 in vasca navale; le prove sono state finanziate da un ente pubblico scozzese, il Wave Energy Scotland (WES), dopo che SeaPower ha vinto – come unica società non localizzata nel Regno Unito – un bando di selezione a cui hanno partecipato 25 concorrenti. Il prossimo passo sarà quello di metterlo a mare: “Probabilmente lo installeremo a Civitavecchia, sfruttando i moli già esistenti. Stiamo lavorando per trovare il modo di mettere il sistema in sicurezza in caso di arrivo di mareggiate”.