Enti miopi ledono il potenziale turistico e culturale di una città

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In un epoca dove il complottismo è all’ordine del giorno, sarebbe facile e sicuramente errato credere allo scenario fantasy di un complotto ai danni della città. In alternativa potrebbe essere in atto, per chi crede all’oroscopo, una congiunzione astrale potentissima e longeva con cuspidi e opposizioni. Uno scontro spaziale tra asteroidi e meteore con epicentro nella città potrebbe dare una spiegazione ai più scientificamente strutturati. Fantasia vola e va. Il dato inoppugnabile è lo stato delle cose che peggiora di giorno in giorno, stroncando quel tanto di buono che sporadicamente cerca di farsi strada nel mare di cose sbagliate che danneggiano la città, il suo potenziale turistico e sviliscono la sua cultura. Alla ribalta due episodi che davvero non possono che lasciare perplessi e suscitare riflessioni: la Soprintendenza ha finalmente pulito gli occhiali e, fiat lux, ha visto lo scempio urbano degli innumerevoli gazebo, tendoni, fioriere e pensiline usati dai baretti dislocati in città, dal lungomare ormai infestato ai vicoli più nascosti. Un incubo a lunga gittata che restituisce l’immagine di una città i cui abitanti tra caffè, patatine fritte, rustici, beveroni, gelati e cioccolata rischiano continuamente la cirrosi epatica, e poi, per risanarsi, annegano il fegato malato in yogurt e insalate di frutta, elevando così i valori glicemici alla potenza di una bomba ad idrogeno. E fosse solo per le casse della sanità cittadina, votate nel breve termine al soccorso salvavita della sua popolazione ammalorata! Il problema di decoro, di estetica e di spazio che questi esercizi commerciali provocano insieme alle birrerie, enoteche, trattorie e ristoranti, inficia abbondantemente la gradevole fruizione della città ai suoi abitanti e ancor di più ai turisti. Mi accorgo mentre scrivo che purtroppo questa città ormai è seppellita sotto il magma dell’offerta di cibarie e luoghi per la loro consumazione, a scapito di quanto di bello, artistico ed emozionante puo’ offrire. Non credo si tratti solo di un problema economico, è sicuramente vero che l’ormai ridottissimo potere d’acquisto di cui gode la cittadinanza è talmente deprimente che street food e simili rappresentano l’unica spesa davvero alla portata di tutti o quasi. Il problema è che la mancanza di una pianificazione urbanistica commerciale facilita sicuramente il fallimento economico di molte imprese di questo settore. Prova ne è che esercizi commerciali di questo tipo nascono e muoiono come mosche. E se succede, qualcosa di sbagliato c’è. L’errore è nell’assenza di adeguato controllo non solo sulla dislocazione ma anche sull’aspetto delle propaggini esterne degli esercizi commerciali. Anche l’aspetto, la forma, gli arredi giocano un ruolo nel successo di un ristorante o di un bar. Se poi non si tratta di un solo esercizio ma di un insieme affollato poco gradevole ed invasivo , allora a soffrirne non è più solo una ditta ma l’insieme di abitanti e turisti che dovrebbe fruirne. Il problema è: chi ha concesso, perché in questi termini? Perché è stata accettata la foggia e le modalità di quelle orrende strutture cui non bastano i due cm di distacco dal suolo per definirsi provvisorie, e non necessitare di autorizzazione? Le strutture, a prescindere il bloccaggio al suolo con viti, supporti e ganci, per essere definite provvisorie devono essere rimosse al massimo dopo 180 giorni. Quanti 180 giorni sono passati da quando è cominciata l’infestazione? Siamo tutti abbastanza consapevoli dei problemi economici in cui versa il comune, senza indagare cause che sono sotto gli occhi di tutti, e ci rendiamo conto che l’apporto economico delle concessioni di permessi ha il suo peso sul bilancio comunale. L’ente preposto a soprintendere, ohibò, la Soprintendenza, in tutt’altre faccende affaccendata”, solo oggi mostra di aver notato qualcosa che non va. L’estetica e il decoro di strade, piazze e luoghi sono fondamentali per la gestione dei beni culturali. Anche le più famose località turistiche, Venezia, Firenze, Vattelappesca sono dotate di ristoranti, spazi all’aperto, e spesso questi si trovano in prossimità dei luoghi più belli, quale supporto al turismo, e alla valorizzazione di un sito con beni culturali. Ci sono piazze di cittadine del centro Italia nelle quali, d’estate come d’inverno alle 19,00 dai bar che si affacciano sulla piazza principale si puo’ assistere ai concerti che piccole orchestre ogni giorno tengono per turisti e locali. Ci sono molti modi però per organizzare urbanisticamente e turisticamente, ma in modo corretto, il godimento delle località amene.

La pesantezza delle linee delle strutture, la qualità dei materiali, la diversità tra un locale e l’altro, gli arredi da esterno di bassissimo design e di alta volgarità….non si può pensare per via Partenope- Napoli a soluzioni esotiche, all’ “Indonesia de’ noartri” con sedute e tavoli fintamente artigianali in un locale, mentre quello adiacente sciorina tovaglie e sedie da osteria radical-chic, mentre immediatamente dopo tavolini bassi e divani in rattan invitano a non si sa cosa. Si finisce per avere un effetto respingente sui turisti e sugli abitanti che notano l’arrembaggio senza stile e lo evitano. Il non saper gestire è anche questo. Il povero Castel dell’Ovo soffoca in questa marea di tendaggi ed orpelli, e si salva solo perché proteso nel mare per tre lati. Il secondo esempio che sfavilla sotto gli occhi dei napoletani è che la Soprintendenza avendo accettato e quindi imposto all’impresa operatrice del restauro la sostituzione dei finti vetri in plastica opaca della corolla della Cassa Armonica, con vetri veri e policromi, non si è accorta, o non ha visto, che i vetri non sono verdi e gialli come da prescrizione ma sono blu e gialli. Fenomeni di cecità e daltonismo misti. La malattia sembra gravissima. A mali estremi rimedi: e se l’Italia, con una riforma, per una volta vera, maturasse la soppressione delle Soprintendenze per delegare tutto il compito a società private? In Inghilterra, dove Ministero dei Beni Culturali e Soprintendenze non esistono, ci sono società che con regolamenti severissimi gestiscono i beni culturali. English Heritage è una di esse e gestisce tra l’altro Stonehenge, l’Abbazia di Rievaulx, Carisbrooke Castle e Richborough Roman Fort. Con un certo successo ci dicono i risultati . La politica culturale tedesca è coerente con il modello federale. Lo Stato assume una posizione prevalentemente neutrale nella politica culturale: non esiste una disciplina federale in materia e non vi sono requisiti di qualità (procedure di riconoscimento) validi su tutto il territorio nazionale; il ministro della Cultura esercita soprattutto un ruolo di coordinamento delle iniziative dei singoli länder anche se decide l’ammontare di risorse pubbliche derivanti dal prelievo fiscale a favore del settore. Molti altri paesi hanno strutture diverse e più snelle cui bisogna ispirarsi nel riformare la nostra, semplicemente perché quelle funzionano e invece in Italia senza distinzioni di regione ormai abbiamo enti la cui gestione fa acqua da tutte le parti.