Toccante la presentazione dell’ultima opera poetica “Anima Madre” – Paparo edizioni – del filosofo Eugenio Mazzarella, presso la libreria Iocisto al Vomero. La giornalista Titti Marrone si è commossa nel ripercorrere i nodi gordiani del testo di poesie, scritte tra il 2004 e il 2013, che inevitabilmente induce a confrontarsi con il pensiero della fine, con il lutto radicale di chi, in quanto madre, ha generato vita, sottraendo l’Essere al suo annichilimento. L’autore, tra i maggiori interpreti di Heidegger e Nietzsche, non ha ceduto alle seduzioni del nichilismo, pur procedendo ad una scarnificazione dell’esistenza. Da poeta ispirato ha deciso di accostare i propri testi alle foto di Mimmo Jodice, il fotografo napoletano famoso per aver ritratto i volti e i busti femminili di statue antiche con il volto eroso dal tempo. “Anima madre” è la quarta silloge di poesie scritte da Mazzarella e quest’ultime si contraddistinguono ancor di più rispetto alle precedenti per l’essenzialità e la brevità. Sono limpide, scorrevoli, accessibili anche agli spiriti poco coltivati, poesie fulminee in cui il pensiero diviene sospiro e vira sovente verso un sentimento melanconico. “Malinconia /Sola malinconia / Sfigurata mia malinconia / Un inutile insulto”. Rammenta relazioni perdute o sfumate, mentre con insistenza ritorna il tema del tempo che passa, della giovinezza perduta, e il vivo desiderio di tornare anima bambina. Magnifica l’attitudine meditativa sul quotidiano, racconto di vita vissuta, ignaro di qualunque sentimentalismo, bensì imbibito di disincanto. “Non è riuscito il tempo / A togliermi dal volto / La bellezza / Anche l’offesa ha avuto / La sua grazia / Nei miei occhi riposa / Ogni protesta / Non c’è stata tempesta”. Il filosofo s’immerge in un processo di conoscenza e di contemplazione dell’arte non per rifuggire la vita, in una sorta di sperdimento estatico, ma per tornare alla vita stessa in una mirabile danza della conoscenza. Ernesto Paolozzi, docente universitario di storia della filosofia contemporanea, ha ricordato che Mazzarella, in quanto heidegerriano filosofo dell’Essere, rinunciando a soluzioni nichiliste, ha denunciato i guasti della contemporaneità e si è dato all’ impegno politico, divenendo deputato del Parlamento italiano nel 2008.
Di fronte alla fragilità della struttura ontologica dell’esistenza il poeta riscopre la radice religiosa della stessa, con una totale adesione allo scorrere della vita: “Nei giorni / Quello che si poteva / Fare è stato fatto” . Evita qualunque esercizio individualistico di troppa avanguardia, per lasciare spazio alla potenza degli affetti: “Benedetta nel sole/ Una bambina gioca / Mia”. Si tratta di “passione rattenuta”, per usare un’espressione cara a Croce, sentimento misurato e forza antica che racconta la fine della madre: “Troppo disordine nel polso / Non si riprenderà / Aveva la sua età / Intanto era mia madre”.
Il giornalista Francesco Durante ha sottolineato come il poeta si sia cimentato in un’estensione profonda della ferita, della lacerazione per la scomparsa della madre, in definitiva, per smarrirsi in essa in maniera più attonita che sopraffatta. La mente si gela nel capire e si scioglie in versi, frutto dell’umano e di una labilità dell’essere che si supera, amando con profondo senso morale. Con asciuttezza ricorda i semplici eroismi di cui sono capaci le madri, presentando al lettore l’immagine della propria madre che tagliava la carne e coraggiosamente fingeva di prediligerne i nervi per offrirne la parte migliore ai figli: “Amore di madre messo a tavola / calmo e teso” . Nella perfetta interazione tra immagine e testo la poesia di Mazzarella consente l’accesso alla vita reale che “s’alza in volo e batte le ali”.