Roma, 24 lug. (askanews) – Sono sei gli operatori interessati all’acquisto degli stabilimenti dell’ex Ilva. Lo ha ufficializzato il Ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, nell’incontro tra governo e sindacati a Palazzo Chigi, presieduto dal sottosegretario alla presidenza del consiglio, Alfredo Mantovano. Un incontro ‘in chiaroscuro’, come lo ha definito la Fim-Cisl, perchè il numero dei lavoratori per i quali sarà richiesta la cassa integrazione è sceso da 5.200 a 4.700. Ma “ancora non basta”. Fiom e Uilm, pur ammettendo la necessità della cig che accompagni il piano di riapertura degli sltoforni, chiedono “garanzie occupazionali per i lavoratori di tutti gli impianti”. Ma la partita dell’occupazione è ancora aperta, sarà affrontata in un incontro ad hoc domani al Ministero del lavoro.
Le due aziende italiane interessate, a quanto si apprende, sono il gruppo Marcegaglia e Sideralba. C’è poi l’operatore canadese, Stelco, il primo produttore di acciaio nel Paese del continente americano. Due manifestazione di interesse sono giunte da operatori indiani: Vulcan Steel e Steel Mont. Una anche dall’azienda ucraina Metinvest. Il bando per la vendita sarà pubblicato a giorni, entro la fine di luglio.
Come avrebbe spiegato il commissario straordinario di Adi, Giancarlo Quaranta, il piano di cassa integrazione non è legato al piano industriale. La cassa integrazione copre il periodo da luglio 2024 a giugno 2026, mentro il piano industriale arriva al 2030. La cig, in sostanza, riguarda la fase necessaria per far ripartire tre altoforni e arrivare a 6 milioni di tonnellate di produzione.
Un passo avanti è considerato dai sindacati il calo del numero massimo dei lavoratori che potranno essere interessati dalla cig, da 5.200 a 4.700 ma “non basta” è il parere del segretario generale della Fim Cisl, Ferdinando Uliano. “Bisogna ridurre ulteriormente il numero, con un calo progressivo legato alla ripartenza di tutti e tre gli altoforni. E non si deve parlare di esuberi, termine che presuppone una strutturalità”. Questo aspetto per la Fim è particolarmente importante perchè “prefigura la salvaguardia occupazionale per tutti i 10.400 lavoratori di Taranto”.
Il bando di gara per la cessione degli stabilimenti siderurgici, è stato sottolineato dai sindacati, deve contenere la questione occupazionale e assicurare “le garanzie” a tutti i lavoratori ex Ilva. Per questo “anche il bando deve essere oggetto di confronto” ha precisato il segretario generale della Fiom Cgil, Michele De Palma, al termine dell’incontro. “Abbiamo detto ai commssari che il piano può prevedere la cassa integrazione, ma – ha aggiunto – non può prevedere che una parte importante di lavoratori sia messa in cig, perchè per fare la ripartenza c’è bisogno dei lavoratori”.
Molto critico il giudizio della Uilm. “Dopo cinque mesi dall’avvio dell’Amministrazione straordinaria oggi stiamo parlando di un piano di discesa e non di risalita – ha rifeirto il segretario generale Rocco Palombella – con il raddoppio della cassa integrazione e una produzione minima con un solo altoforno. Nel progetto illustrato dal Governo e dai Commissari non vediamo garanzie, non ci sono certezze per i lavoratori. né una prospettiva industriale solida”.