Ex pazienti oncologici e diritti negati, verso la legge sul diritto all’oblio

Pazienti etichettati a vita, una discriminazione clinica e sociale senza precedenti per gli ex pazienti oncologici, che sconfitta la malattia nel riappropriarsi del tempo e della vita, si vedono negati diritti e progetti. L’etichetta di “pazienti” diventa uno stigma sociale che impedisce loro di accedere ad alcuni servizi finanziari, bancari e assicurativi, partecipare a concorsi, accedere all’iter per le adozioni, per chi ha avuto un cancro. Perché costretti a dichiarare le neoplasie di cui sono state affette in passato, riferendo la propria cartella clinica, anche dopo la guarigione e pertanto vengono censiti come clienti “a rischio” con conseguente aggravio del trattamento, quando i rischi per la salute sono gli stessi di tutti gli altri.  In Italia sono oltre tre milioni e mezzo circa le persone sopravvissute a un tumore dopo la diagnosi, di queste circa un milione possono essere definite completamente guarite, persone tenacemente vive e ben intenzionate a investire al meglio il tempo della vita. Non và meglio anche nell’accesso al mondo del lavoro, infatti, molto spesso l’ostacolo è proprio essere stati dei pazienti oncologici, in molti settori anche la carriera è sbarrata da questa concezione. Dunque, varcata per l’ultima volta la soglia dell’ospedale, quando per i medici e per la sanità si è a tutti gli effetti ex pazienti, quando non si gode più dell’esenzione ticket per patologia e l’invalidità civile viene abbassata, c’è ancora tutto un mondo per cui si resta comunque “malati”. La guarigione clinica corrisponde a quella giuridica in molti paese d’Europa dalla Francia alla Spagna, che hanno varato la legge sull’oblio oncologico. A tirare le orecchie agli Stati membri è stata anche l’Unione Europea, che ha chiesto ai Paesi entro il 2025 di varare il diritto all’oblio oncologico.  In Italia la proposta di legge c’è ed è stata approvata dalla Commissione Affari sociali della Camera dei deputati. Il disegno di legge condiviso sia dalla maggioranza che dall’opposizione punta a dare gli stessi diritti di tutti anche a chi è guarito dal tumore. Una legge che potrebbe cambiare la vita a quasi un milione di persone nel nostro Paese. Una legge che cambierebbe una concezione di base sbagliata che paragone il cancro alla morte. Si può guarire. Ce lo dimostra la medicina, il progresso, le cure, come anche le campagne di sensibilizzazione alla prevenzione e alle cure. Il post malattia permette di raggiungere la stessa aspettativa di vita dei soggetti che non hanno avuto il cancro. Una battaglia di civiltà affinché non vi siano più discriminazioni a favore di chi ha la fortuna di raccontare una storia di vita complessa e difficile, ma anche di rinascita e di riconquiste future. Perché chi è reduce da una malattia vede la vita sotto occhi e prospettive diverse, con sogni e progetti che meritano la realizzazione ed invece incontrano una cieca burocrazia e una discriminazione senza fine. Il testo italiano che trova d’accordo maggioranza e opposizione dovrebbe approdare in Aula alla fine di luglio ed è stato redatto sulla base di nove progetti di legge precedenti. Prevede due scaglioni temporali per accedere a determinati servizi senza dover fornire informazioni sul proprio stato di salute: 10 anni dopo il termine delle cure per chi ha avuto il cancro dopo i 20 anni, 5 per chi ha avuto il tumore prima.  I successivi passaggi consentiranno di modulare i limiti di tempo ulteriormente sulla base del tipo di patologia. Una conquista fondamentale per chi ha avuto il cancro, che consentirebbe anche un percorso verso l’abbattimento di barriere culturali e mentali adottate nei vari ambiti nei confronti degli ex malati oncologici.