Fare quello che va fatto: niente!

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In foto Folon: Colori in equilibrio sopra la follia

L’ispirazione, qualunque cosa sia, nasce fa un incessante non so…
w. szymborska

di Ugo Righi

Stare lontani gli uni dagli altri, non fare niente, aspettare.
Ecco la prescrizione degli esperti in questo nostro medioevo prossimo venturo.
Qualcuno probabilmente continuerà a fare quello che ha sempre fatto, ma non tutti.
Riguarda come viviamo la nostra vita, il tempo della nostra vita.
Ancora il tempo, sempre il tempo: come lo si vive, cosa si fa nel tempo che abbiamo.
Ora, in questo periodo, dove improvvisamente la vita è cambiata e nello spazio di pochi giorni è accaduto l’impensabile, stiamo scoprendo la nostra fragilità e tutte le priorità sono diverse.
Quello che sino a ieri era rilevante ora diventa secondario.
Tutto diventa secondario e penso che durante la guerra doveva esserci qualcosa di simile nel modo di vivere il tempo.
L’impensabile non solo è diventato pensabile ma ha una sua grottesca normalità.
Quello che è chiesto in questa situazione dove non si può fare nulla, è di mettersi in uno stato di attesa, tutto sommato passiva, aspettando una risposta.
Anche accettando che, intanto, la risposta non ci sia.
Poi un altro aspetto nuovo è che non si riesce a trovare colpevoli e i noti cacciatori del “ti ho beccato figlio di puttana”, non sanno cosa fare.
È un modo strano di vivere questo tempo.
Mi sento di viverlo in due modi, secondo due tempi.
Un tempo che è quello della cautela, della prudenza e un altro che è intrecciato: quello del coraggio.
Il primo tempo dell’attesa è una condizione
nuova di “gravidanza”.
È una “capacità” negativa, nel senso che l’attesa considera la speranza che venga “partorito” qualcosa di buono.
Ma con molta solitudine.
Quando nessuno è in grado di dare risposte alle tue domande, la solitudine diventa una condizione inevitabile.
Ma ora la solitudine è anche una scelta buona, un consiglio degli esperti: “se vi volete bene, state lontani, non toccatevi se volete manifestare amore.”
La solitudine è l’estremo della lontananza, dell’isolamento ma è un isolamento benefico che difende e ti difende.
Per stare vicini si consiglia di allontanarsi.
È paradossale ma è così.
È il tempo della cautela, come dicevo, ma poi deve arrivare il tempo del coraggio.
Il tempo del coraggio deve essere capace di fecondare, sin da ora, il futuro, altrimenti corriamo il rischio che alla solitudine ci si abitui, o che non si riesca a avvicinarci nuovamente.
Non fare niente in attesa che il sole sciolga la neve ma intanto anche delle valanghe stanno rotolando a valle.
Ma occorre fare quello che si deve e si può.
Tutto sommato richiede poca competenza.
Ma intanto che non si fa niente perché niente si deve fare si continua a vivere e allora insieme a fare cose che non si è mai fatto come rimettere a posto cassetti, armadi, scoprire vecchie cose, gettare via oggetti inutili, ecc. insieme a questo pensare anche a questo tempo intermedio in attesa di uscire nuovamente e considerarlo tempo del coraggio pensando a progetti che siano di vita.
Non fare niente può essere un buon modo, un buon momento, da vivere usando il tempo bene.
“non ho tempo per”…
Questa frase l’abbiamo usata tutti molto spesso per dire di no.
Bene.
Proviamo a scoprire a che cosa e a chi ora possiamo dire di sì.
C’è tempo!