Fermate la giostra politica, così non si può

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Fermate la politica, voglio scendere. Anzi, senza scomodare Woody Allen, più semplicemente: fermate la giostra. Ché di questo si tratta, se non addirittura di una cattiva rappresentazione d’avanspettacolo, di quelle che Pier Francesco Pingitore e Mario Castellacci mettevano in scena al Bagaglino. Altro che populismo. Particolarmente in questi giorni, la politica sta offrendo uno spettacolo che è tutt’altro da ridere. Tralascio, per carità di patria, i capziosi meccanismi della legge elettorale, ma per i modi in cui sono state composte e, in moltissimi casi, per gli stessi candidati piazzati illogicamente e, senza alcun merito, in posizione di favore, la compilazione delle liste per il rinnovo del Parlamento è stato un pessimo esempio di selezione delle candidature. E, dunque, ne consegue, anche di selezione della classe dirigente. Altro che nani e ballerine della Prima Repubblica: personaggi, questi ultimi, delegati al ruolo di semplici comparse nelle rutilanti convention di partito. Niente di più.
Ora invece si è passato il segno. E di molto. Candidati calati al di fuori di ogni contesto territoriale, taluni inquisiti e, in qualche caso, addirittura rinviati a giudizio, altri imposti da un nepotismo sfrenato e di familismo irriguardoso (ci sono moglie e mariti non solo candidati, ma in liste opposte). Né mancano, ovviamente, le vecchie cariatidi decise a tutto pur di non mollare. Insomma, c’è di tutto e di più.
E, però, l’aspetto – a me sembra – più scandaloso di questa vicenda è soprattutto il vortice di poltrone girevoli che si è accompagnato alla scelta dei candidati. In particolare, mal digerisco l’abbandono anzi tempo degli scranni di sindaco, governatore o consigliere regionale, addirittura di europarlamentare per un posto al sole di Roma, come hanno fatto molti candidati. Tutta gente, si badi, che aveva preso un impegno davanti ai propri elettori ed ora si dice pronta ad assumersene un altro, ma senza tuttavia curarsi di onorare quello precedente. Trapezisti della politica – sono stati definiti – che tentano di passare da un seggio a un altro, purché parlamentare, sulla scorta unicamente della scadenza temporale, in modo da vedersi perpetrati maggiore stipendio e privilegi acquisiti. Altro che missione o vocazione o, come si diceva un tempo, spirito di servizio. Ma sono io che invecchio, evidentemente.
A pensarci bene, però, c’è anche un altro aspetto di questa vicenda – forse anche più urticante – che non mi garba. E come a me chissà a quanti altri. Non mi piace, infatti, che il presidente della Commissione di inchiesta sulle banche, Ferdinando Casini, abbia deciso di candidarsi col Pd a Bologna (inutile spaccare il pelo in quattro: la lista Civica Popolare, con la quale corre, è apparentata al partito di Matteo Renzi). E non mi garba non tanto per l’ennesima giravolta del nostro (a questo eravamo abituati) quanto per i contenuti della relazione della Commissione sulle banche approvata – a molti sarà sfuggito – a maggioranza: con 19 voti favorevoli di Pd e Centristi. Appunto. Relazione che, in estrema sintesi, conclude la sua inchiesta (si badi bene: inchiesta) senza colpevoli, semplicemente così: Bankitalia e Consob sono stati inefficaci. Dunque, “è urgente allargare i poteri investigativi di Bankitalia, compresa la possibilità di utilizzare la polizia giudiziaria”. Tutto qui. Mi astengo da ulteriori commenti.
Ma torniamo sui binari che sono propri di questa rubrica. Il tasso di disoccupazione a dicembre è sceso al 10,8% (-0,1 punti percentuali rispetto a novembre). Si tratta del livello più basso da agosto 2012. Certo, anche l’inflazione (cioè la spesa) è rallentata a gennaio e i prezzi bassi non sono sempre positivi, come si sa. Non per il sistema economico, almeno. In compenso, l’attività di recupero dell’evasione fiscale ha riportato nelle casse dello Stato 20,1 miliardi di euro, con un aumento del 5,8% rispetto al 2016. Inoltre, malgrado la crisi del comparto, in quindici anni, dal 2001 al 2016, il valore delle case, lo stock abitativo, è cresciuto del 76%, passando da 3.268 a 5.738 miliardi. Insomma, i prezzi, in questo caso, sono aumentati, la qualcosa fa piacere a chi ne possiede una, un po’ meno a chi la casa non riesce a comprarsela. Infine, da registrare la bufera su Amazon, che ha brevettato “braccialetti intelligenti” per monitorare le attività dei dipendenti. Con quel che ne potrebbe derivare, il dissenso ci sta tutto, al punto che se n’è fatto portavoce addirittura il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Dissenso di circostanza, mi verrebbe da dire. Con l’abolizione delle tutele più elementari dei lavoratori dipendenti, come ha fatto appunto questo governo, il ritorno ai vecchi rapporti di forza di marxiana memoria – come dice il filosofo Diego Fusaro – tra capitale e lavoro è inevitabile.