Frammenti di relazioni e vita. Ecco il carcere possibile

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Il carcere e il bisogno di rinnovamento. Il carcere come sistema di relazioni umane. Sono questi gli spunti da cui nasce l’incontro tenutosi al Pan-Palazzo delle Arti di Napoli lo scorso 10 giugno. In tale occasione, è stato presentato il progetto di un nuovo cortile del carcere di Poggioreale ideato dalle associazioni “Il carcere possibile” e “Made in Earth” e sostenuto dal direttore della Casa Circondoriale di Napoli-Poggioreale Antonio Fullone. Per Sergio Schlitzer, presidente de “Il carcere possibile”, è un progetto di grande importanza, che consente di portare all’interno della struttura carceraria un frammento di città; uno spazio che stimoli le relazioni e la socialità e che inneschi un processo di rieducazione dei detenuti. Il disegno del futuro cortile è stato descritto dal socio fondatore dell’associazione “Made in Earth”, Giancarlo Artese. L’architetto ha spiegato come quello spazio ora vuoto e addirittura sprovvisto di panchine, potrebbe diventare un’area articolata in tre parti, ognuna delle quali con una propria funzione. Una parte destinata all’attività fisica, costituita da aree a ridosso dei muri dove ad esempio i detenuti potranno giocare a basket o a pallone. Una seconda zona per rilassarsi in compagnia o in solitudine. La terza è quella che è stata definita la “zona dell’autoespressione”, uno spazio che include tutte le pareti che racchiudono il cortile dove i detenuti saranno liberi di scrivere, disegnare e dipingere. È un progetto dalla grande versatilità, che può adattarsi a contesti o esigenze diverse e richiede l’utilizzo di materiale poco costoso e dalla manutenzione quasi nulla. Il nuovo volto del carcere servirà inoltre a smentire l’opinione comune che si ha di questo luogo, un luogo visto come realtà estranea a quella cittadina. Il mondo penitenziario è parte integrante della società in cui viviamo, e questo aspetto è evidente laddove una delle strutture carcerarie della nostra città sorge all’interno della stessa. Poggioreale, malgrado le problematiche derivanti dalla sua età (circa 107 anni), ha una grande qualità: è uno dei pochi carceri cittadini rimasti, cioè una struttura inserita nel corpo vivo della città. Questa caratteristica consente ai detenuti di sentirsi legati e soprattutto connessi al mondo esterno. Per quanto abbiano sbagliato, sono uomini con il diritto ad una seconda possibilità; e agire su alcuni aspetti, quali ad esempio i cortili, può costituire la spinta per un rinnovamento e lo sviluppo dell’idea di carcere inteso come area di (ri)formazione dell’uomo.