Frodi assicurative, grave danno per la collettività: il silenzio dei nostri politici e della magistratura

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in foto contrassegni assicurativi (da Imagoeconomica)

di Riccardo Vizzino*

Pur essendo mutati gli scenari economici, politici e sociali, l’esame del territorio Campano ha purtroppo continuato a far registrare diffusi episodi di malcostume in danno delle compagnie assicurative evidenziando come le truffe assicurative, oggi, in piena emergenza pandemica, abbiano individuato nuove strade per continuare ad affermarsi.
I dati statistici, sui quali si invitano le Imprese Assicurative ad attente riflessioni, hanno palesato una certa riduzione delle richieste di risarcimento delle lesioni ed, al contempo, un costante aumento, quasi a volerle rimpiazzare, di vertenze aventi ad oggetto sinistri multipli, coinvolgenti per lo più motoveicoli di significativo valore economico, ovvero di fattispecie dannose coinvolgenti biciclette e velocipedi, o ancora di eventi dubbi di furti parziali o di sinistri tra natanti. Ancora, a caratterizzare svariati incidenti è stata la messa in circolazione di veicoli (danneggiati e plurisinistrati) privi di copertura assicurativa, o con targa estera, o con targa prova in assenza dei requisiti di legge. E non solo: sono aumentate le richieste afferenti a sinistri ormai prescritti fondate su allegazioni non pertinenti/ inefficaci/ alterate, così non è stato infrequente imbattersi in richieste risarcitorie duplicate in quanto inammissibilmente fondate su più polizze assicurative (in particolare si è rilevato il concorrere di polizze infortuni e polizze rca).
Con ogni evidenza, ciò si è verificato in quanto le nuove misure di contenimento del contagio da Covid 19 hanno reso meno accessibili le strutture ospedaliere e disposto più incisivi controlli nei PS, che nemmeno la brigata dei medici certificatori compiacenti ha potuto oltrepassare. Sono stati predisposti dei veri e propri registri, ulteriori rispetto a quelli già esistenti di triage, che hanno previsto l’indicazione specifica e dettagliata del soggetto, identificato anche mediante Tessera Sanitaria e Codice Fiscale, che per qualsiasi motivo si rechi nella Struttura Ospedaliera. Inoltre è stato previsto l’obbligo di sottoporsi a tamponi antigenici ed eventualmente a tamponi molecolari per determinati accessi.
Tutto ciò ha minato la stabilità delle truffe con lesioni, le quali, come ben sappiamo, si sono sempre alimentate di certificazione medica monca e compiacente, resa, cosa più grave, senza aver mai visitato o identificato il presunto danneggiato. Non è stato infrequente, infatti, rilevare l’assenza, nei referti medici di primo soccorso, dei dati afferenti al documento di riconoscimento del paziente che riferiva, come riportato, di non esserne in possesso.
La certificazione medica analizzata si è rivelata sovente essere stata redatta in maniera incompleta, poiché recante, nella maggior parte dei casi, un giudizio diagnostico e prognostico non accompagnato da una opportuna e dettagliata terapia, né da documentazione fiscale a giustificazione della prestazione professionale resa, benché come è noto, un piano terapeutico rappresenta elemento essenziale e giustificativo circa l’esistenza di una determinata fattispecie lesiva, giuridicamente rilevante, corroborato da attestazioni esplicative circa la reale effettuazione dello stesso, in uno alle relative spese sanitarie sostenute. In mancanza di tali elementi il certificato è da considerarsi privo di veridicità e quindi falso sotto il profilo ideologico.
Come innanzi accennato, dunque, gli scenari più preoccupanti che oggi si manifestano, si possono individuare particolari tipologie che saranno diffusamente esaminate durante l’incontro di approfondimento in programma:
l)- sinistri multipli: i quali proliferano nella convinzione che il risarcimento complessivo possa, sotto il profilo economico, in parte eguagliare i sinistri con microlesioni che prima alimentavano gran parte del contenzioso con le assicurazioni.
La frode che si cela dietro ad essi è evidente allorché di presta attenzione ai seguenti dati:
-non vi è compatibilità dei pretesi danni con la dedotta dinamica e soprattutto con la forza cinetica inerente al primo urto. Sovente infatti, l’urto, che dovrebbe essere di non lieve entità non viene registrato dalla scatola nera presente sul mezzo danneggiante, ovvero, in altri casi, viene registrato come urto lieve e dunque non tale da generare gli effetti descritti. All’ispezione, si presentano mezzi variamente incidentati e con assembrate parti di altri veicoli, secondo una costruzione ah hoc delle conseguenze dannose che però un perito esperto, come fortunatamente accaduto, con le proprie cognizioni è in grado di rilevare.
– la “costruzione del sinistro” è affidata a ben noti periti avversari i quali, per la fase giudiziale si affidano spesso a giovani legali che molte volte non sono neanche abilitati a patrocinare la causa, per scadenza del patrocinio, per mancanza della dichiarazione di intesa, in caso di avvocato stabilito, etc;
– altra caratteristica rilevante di queste fattispecie sinistrose è la redazione degli atti di messa in mora da parte dello stesso perito, con la conseguenza che non può risultare soddisfatta la condizione di proponibilità dell’azione risarcitoria. Infatti, nella materia dei sinistri derivanti dalla circolazione stradale, come chiarito dalla S.C. e la messa in mora è da intendersi quale atto giuridico in senso stretto, di guisa che il relativo incombente può essere proficuamente svolto, oltre che dalla parte personalmente, solo da un legale. Per tale ragione, oltretutto, in materia non può trovare applicazione, al fine di rendere valida l’attività esperita dal perito, la normativa sulla rappresentanza negoziale;
-ancora, ciò che si rileva è l’assunzione della difesa da parte dello stesso legale, nell’interesse delle diverse parti danneggiate e potatori di diritti giuridicamente confliggenti, la qual cosa potrebbe far emergere anche una ipotesi di conflitto di interessi da denunciarsi presso il COA competente
-non meno importante: le dinamiche e le conseguenze dannose sono spesso simili e cosa, ancora più grave, ricorrono frequentemente i nominativi degli stessi testimoni, che si possono ritenere “arruolati” dai legali o dai periti.
2) – Sinistri con motoveicoli: sono diventati molto frequenti e si caratterizzano per l’elevato importo del risarcimento richiesto. Trattasi infatti di mezzi di valore economico non trascurabile, nonostante le dichiarazioni reddituali dei proprietari. In queste specifiche ipotesi sarebbe opportuno, in tal senso, sollecitare controlli della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate. Oltre a ciò, elementi tipici che si riscontrano in queste fattispecie sono la rimozione della targa ed il posizionamento su mezzi già incidentati.
3)- Sinistri con biciclette e velocipedi: a ben vedere sono il vero fenomeno, atteso soprattutto che questi mezzi sono difficilmente rintracciabili in argomento di proprietà, complice la carenza di registri pubblici, ma anche privati, e pertanto facilmente sostituibili/ trasformabili/alternabili e soprattutto riproponibili in svariati sinistri. Le bici, altresì, sono spesso da corsa e di valore economico ingente o, quanto meno, non adeguato alla situazione reddituale degli asseriti proprietari e possessori, generalmente con reddito dichiarato estremamente esiguo. Anche in questo caso, dunque, andrebbero effettuati ricerche e controlli anche a livello fiscale nei confronti del soggetto detentore della biciclette da corsa, provvedendosi, ove necessario, alla trasmissione degli atti alla Guardia di Finanza ed alla Agenzia delle Entrate.
-Inoltre, sempre nelle fattispecie di sinistri con biciclette sarebbe opportuno prevedere un sistema di archivi e di registri virtuali specifici e dettagliati corredati di fotografie identificative del velocipede e descrizione precisa dei danni lamentati per il sinistro in questione.
-Ancora, sarebbe opportuno acquisire elementi che consentano di rintracciarne quanto meno l’acquisito, quali:
– certificato di proprietà della bici, ovvero fattura di acquisto ove siano riportati un numero di telaio e le caratteristiche della bici, accompagnata da una dichiarazione del costruttore che attesti che l’indicato numero di telaio sia assolutamente univoco e non identifichi, come spesso accade, il numero di serie;
-scontrino di acquisto con documento accompagnatorio su carta intestata del negozio ove siano specificati il numero di telaio e le altre caratteristiche del mezzo, corredato da timbro e firma del negoziante;
– certificati di cessione della bici corredati di documenti identificativi del mezzo dei quali si è detto sopra ( manuale della bici con la garanzia e il numero di telaio, che ogni negoziante deve consegnare agli acquirenti).
Non meno rilevante, dovrà aversi riguardo anche alla giustificazione delle paventate riparazioni che vengono eseguite sulle biciclette, soprattutto da corsa. Trattandosi, infatti, di mezzi a due ruote altamente professionali e ricercati nei materiali, ci sono solo poche officine in tutta Italia in grado di poterle ripristinare. Il materiale in questione è il carbonio che risulta essere molto costoso e specializzato. L’ipotesi, dunque, da porre in essere per interdire tali condotte, potrebbe essere quella di prevedere la liquidazione del risarcimento solo previa esibizione di fattura di riparazione proveniente da una di queste officine specializzate e identificate.
Durante le attività di ricerca ed indagine del fenomeno, si è venuti a conoscenza, con certezza, dell’esistenza, nel territorio della periferia napoletana, di alcuni depositi allestiti ad hoc per contenere centinaia di biciclette da corsa e relativi pezzi di ricambio. Uno dei principali, sarebbe ubicato in Giugliano in Campania.
4)- furti parziali. Una delle ultime frontiere delle truffe assicurative, per come emerge dal numero di denunce inoltrate e dai dati riportati da accreditate riviste d’auto, senza dubbio sembra riguardare simulati furti parziali di veicoli, spesso di notevole valore commerciale. Secondo i dati esaminati, infatti, allo stato ben il 30% delle denunce rilasciate alle forze di polizia nasconderebbe, in realtà, un falso atto criminale. In queste ipotesi, accade che la stessa vittima del furto sia in realtà il beneficiario di questo meccanismo (nella qualità di contraente di polizza furto, ovvero di assicurato in virtù di polizza a favore del terzo o in conto di, con prevedibile alterazione del rischio garantito) secondo una procedura ormai standardizzata. Essa si snoda attraverso la denuncia di sparizione del veicolo cui fa seguito il repentino ritrovamento del mezzo, con svariati danni e pezzi sottratti e sovente assenza, ad esame attento, di segni di effrazione. Fatta la richiesta all’ assicurazione, il mezzo viene celermente rivenduto a costi per lo più contenuti, dunque senza previa riparazione. Nel frattempo l’assicurato incassa l’indennizzo o attiva procedura giudiziale per il pagamento dell’importo preteso, trascinando l’impresa in un processo in cui alla stessa sono concessi pochi margini di difesa, sopratutto allorchè in fase stragiudiziale non si sia proceduto a puntuale contestazione della infondatezza della richiesta.
Pertanto, al fine di non subire una pronuncia iniqua ed estremamente pregiudizievole, sarebbe opportuno approntare una efficace strategia difensiva già in fase extraprocessuale, quanto meno al fine di ridurre i costi che graverebbero sull’impresa.
In tal senso, previ necessari accertamenti tecnici peritali, in caso di dubbi o incongruenze circa l’evento ed i danni, si dovrebbe dare immediato avviso all’assicurato mediante lettera di contestazione, da inviarsi tramite raccomandata con ricevuta di ritorno o a mezzo pec, palesando le ravvisate incompatibilità e invitando, ad ogni buon, conto a tramettere fattura attestante le riparazioni già effettuate, sì da poter circoscrivere il pagamento nei limiti contrattuali previsti dalla polizza ed operare solo la giusta reintegrazione del danno subito.
Infatti, in tali ipotesi, grava sull’assicurazione una obbligazione indennitaria e non già risarcitoria.
5) – Sinistri fraudolenti in cui risultino coinvolti veicoli con targa estera.
Si sono registrati, inoltre, svariati sinistri in cui sono coinvolti veicoli circolanti con targa estera in violazione della disciplina di riferimento di cui all’art. 132 cds rubricato “Circolazione dei veicoli immatricolati negli Stati esteri”, a norma del quale tutti i veicoli immatricolati in paesi diversi dall’Italia e di proprietà di cittadini residenti in Italia possono circolare nel nostro Paese al massimo per un anno. Dopo un anno, i veicoli con targa straniera devono essere immatricolati nuovamente con targa italiana. Dunque, la circolazione in Italia di un autoveicolo immatricolato all’estero è possibile ma entro limiti temporali ben definiti: come detto, è necessario provvedere alla re immatricolazione in Italia dei veicoli stranieri entro un anno.
A fronte di siffatte ipotesi sarebbe opportuno acquisire immediatamente la documentazione comprovante la regolare iscrizione alla motorizzazione civile italiana, rammentandosi, a tale uopo, che, in caso di auto prodotta in Paese Ue, per immatricolarla presso gli Uffici della Motorizzazione civile, occorre:
-valutare l’idoneità del mezzo, esaminando tutti i documenti relativi alle caratteristiche tecniche dell’automobile e agli adempimenti Iva;
-il rilascio della carta di circolazione;
-l’iscrizione al PRA entro 60 giorni dalla consegna della carta di circolazione. Per farlo serve:
-il certificato di conformità europeo con omologazione italiana, o certificato di conformità europeo accompagnato dalla dichiarazione di immatricolazione prodotta dalla casa costruttrice;
-la dichiarazione di proprietà con firma autenticata (se l’intestatario del veicolo coincide con il proprietario all’estero);
-l’atto di vendita con firma autenticata da un notaio (se l’intestatario del veicolo non coincide con il proprietario all’estero);
-la fotocopia del documento d’identità dell’acquirente;
-il certificato di residenza dell’acquirente o dichiarazione sostitutiva di certificazione, se la residenza non sia riportata sul documento presentato;
-il modello NP2D compilato (disponibile online);
-la fotocopia della carta di circolazione rilasciata dalla Motorizzazione Civile;
-se l’acquirente è una persona giuridica (una società di capitali, società di persona, associazione, etc.) certificato della camera di commercio in bollo, o una dichiarazione sostitutiva resa dal legale rappresentante della società che attesti la sede di quest’ultima.
In caso di comprovate o sospette irregolarità sarebbe bene chiedere la trasmissione degli atti agli organi competenti ai fini della irrogazione delle sanzioni di cui all’art. 132 c.d.s.
6) – Sinistri fraudolenti in cui risultino coinvolti veicoli circolanti con targa prova.
L’evidenza ha anche dimostrato che molte vicende dannose sospette hanno interessato veicolo circolanti con targa prova, in violazione della normativa di riferimento. In tali casi, in verità, verrebbe meno l’operatività della polizza di guisa che l’impresa non sarebbe tenuta al risarcimento del danno.
Ricordiamo che, ai sensi delle norme vigenti (cfr Dpr 474/2001), i veicoli muniti dell’autorizzazione e della targa per la circolazione di prova, anche se in riparazione o non ancora carrozzati, possono circolare su tutto il territorio nazionale, in qualsiasi ora e in qualsiasi giorno della settimana, a condizione che:
-vengano impiegati per gli scopi consentiti dalle vigenti norme (prove tecniche, sperimentali o costruttive, dimostrazioni o trasferimenti, anche per ragioni di vendita o di allestimento);
-sul veicolo sia presente il titolare dell’autorizzazione o un suo dipendente munito di apposita delega, ovvero un soggetto in rapporto di collaborazione funzionale con il titolare dell’autorizzazione stessa, purché tale rapporto sia attestato da idonea documentazione ed il collaboratore sia munito di delega; sul veicolo possono prendere posto anche il personale addetto alle operazioni di prova (se questa avviene per fini tecnici) o gli eventuali acquirenti (se il veicolo viene fatto circolare a scopo di dimostrazione per la vendita);
-l’autorizzazione e la relativa targa siano è utilizzate per la circolazione di un solo veicolo per volta e sia tenuta a bordo dello stesso.
Si evidenzia, pertanto, che l’autorizzazione alla circolazione di prova e la relativa targa non possono essere utilizzate da singoli privati per esportare all’estero veicoli acquistati in Italia (nel qual caso trova applicazione l’apposito istituto del “foglio di via“ disciplinato dall’art. c.d.s.).
Ma ancora più rilevante ai fini della inoperatività della polizza, è l’illegittimo utilizzo di targa prova su veicolo già immatricolato e privo di regolare revisione, alla luce del più recente e chiarificatore intervento della corte di cassazione che, con sentenza 6 marzo – 25 agosto 2020, n. 17665, ha dichiarato illegittimo l’utilizzo della targa-prova sui veicoli immatricolati, con la conseguenza che il veicolo a motore già immatricolato, deve essere “coperto” da autonoma polizza rca non “coprendo” quella collegata alla targa prova”. Ne deriva che dei danni derivanti dalla circolazione del veicolo già targato, che circoli con targa prova, deve rispondere —ove ne ricorrono i presupposti- solo l’assicuratore del veicolo e non l’assicuratore della targa di prova. Ritornata ancor più di recente ad occuparsi della questione, la corte di cassazione, con l’ ordinanza n. 28433 pubblicata il 14 dicembre 2020, ha ribadito a chiare lettere che “…se la targa di prova presuppone l’autorizzazione ministeriale, e se quest’ultima può essere concessa solo per i veicoli privi di carta di circolazione, ne consegue che l’apposizione della targa di prova sui veicoli già targati è una prassi che non trova riscontro nella disciplina di settore». chiarendo anche la responsabilità in caso di sinistro: «nell’ipotesi in cui un veicolo munito di carta di circolazione, regolarmente targato e quindi coperto dalla ordinaria assicurazione della responsabilità civile, venga posto in circolazione con l’apposizione di una targa prova, sovrapposta a quella ordinaria, troverà applicazione la garanzia del veicolo».
L pronuncia testé citata ha posto fine ad ogni questione inerente alla circolazione con targa prova stigmatizzando il suo errato utilizzo sui veicoli già immatricolati che in caso di sinistro devono rispondere con la copertura assicurativa della propria targa anche se circolano momentaneamente con targa prova sovrapposta.
7) – Sinistri fraudolenti in cui siano coinvolti, quali danneggiati, veicoli (plurisinistrati) privi di copertura assicurativa.
Tale fenomeno è dilagante: secondo le stime della Polizia di Stato, difatti, in Italia il 13% dei veicoli (circa 5 milioni di veicoli) risulta essere sprovvisto della polizza assicurativa per la RCA. Dato che risulta ancor più preoccupante se si considera che detta percentuale non ricomprende anche quei veicoli che, per varie ragioni, seppur immatricolati, non sono posti in circolazione poiché collocati in aree private. Il dato è molto incidente nella regione Campania e si correla strettamente al fenomeno delle truffe assicurativa: ecco perché è necessario porvi freno.
In tal senso sarebbe opportuno promuovere la immediata trasmissione degli atti alle Autorità competenti per l’accertamento delle violazioni e l’applicazione delle sanzioni ex artt. 180 e 193 CDS.
Si deve ricordare, oltretutto, che ai sensi del comma 4 ter del novellato art. 193 cds “L’accertamento della mancanza di copertura assicurativa obbligatoria del veicolo può essere effettuato anche mediante il raffronto dei dati relativi alle polizze emesse dalle imprese assicuratrici con quelli provenienti dai dispositivi o apparecchiature di cui alle lettere e), f) e g) del comma 1-bis dell’articolo 201, omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico e gestiti direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all’articolo 12, comma 1.”
In sede giudiziale occorrerebbe insistere per la infondatezza della domanda (o quanto meno in via del tutto subordinata per l’accertamento del concorso di colpa a carico del danneggiato) con il conforto di importanti precedenti giurisprudenziali (Tribunale di Napoli – ex sezione distaccata di Casoria – dott. Chiesi sent, n. 13893/2014 del t; Trib. Torre Annunziata, sezione distaccata di Gragnano, sent. 8/11.3.2008 n. 112; Trib. Torre Annunziata, sezione distaccata di Gragnano, sent. 29.04.2009; Cass. N. 20190/2014 e n. 11947/2006).
8) – Sinistri ormai prescritti.
Sono nettamente aumentate anche le fattispecie relative a sinistri ormai prescritti.
In tali ipotesi, per approtare una difesa efficace occorrerà vagliare attentamente la documentazione allegata dal danneggiato ai fini della interruzione dei termini prescrizionali e le Imprese dovranno prontamente verificare presso i loro archivi la effettiva presenza di lettere interruttive, ad evitare che vengano ritenute valide ricevute non pertinenti alla vertenza. In ogni caso, l’esame delle predette fattispecie ha immediatamente consentito di evidenziare l’allegazione di documentazione del tutto inidonea ai fini della interruzione dei termini – come peraltro rilevato anche dal Tribunale di Napoli in un giudizio patrocinato dallo scrivente Avv. Riccardo Vizzino nell’interesse di Generali Italia s.pa.- quali la messa in mora redatta da un CT e l’atto di citazione privo della procura alle liti (atto inammissibile con procura inesistente) cui non abbia mai fatto seguito la iscrizione della causa a suolo.
9) – Sinistri con natanti. Si sono moltiplicate le richieste risarcitorie, prevalentemente infondate e temerarie, aventi ad oggetto sinistri con natanti. Tali fattispecie, se prima ricorrevano al termine del periodo estivo, oggi sono costanti tutto l’anno e addirittura ineriscono anche a presunti danni riportati dal mezzo durante il suo trasporto su terra, con tutte le implicazioni in tema di inammissibilità delle relative procedure azionate.
Ad ogni buon conto, ci sono diversi aspetti che meritano approfondimento ai fini di una più proficua strategia difensiva per contrastare le richieste in argomento:
-innanzitutto è fondamentale la nomina di un consulente di parte che sia un esperto del settore, stante la specificità della materia e della conseguenze dannose, atteso che, da un esame attento dei mezzi, il più delle volte può trarsi un palese giudizio di incompatibilità. La medesima specifica competenza deve essere pretesa in fase giudiziale all’atto delle nomina di un CTU, per contestare richieste risarcitorie che sovente si fondano anche sulla compiacente assunzione di responsabilità dell’assicurato/ danneggiante.
-inoltre, è fondamentale verificare l’esistenza di denunce dell’evento presso la capitaneria dei porto, la cui mancanza determina la violazione degli artt. 60 e 182 del Codice della Navigazione ed è causa di inammissibilità della domanda;
– ancora, è opportuno, verificare attentamente la legittimazione delle parti in causa domandando idonea documentazione circa la proprietà dei natanti. Si rammenti, peraltro, che una imbarcazione superiore ai 10 metri lineari deve essere regolarmente denunciata alla Capitaneria di Porto ed avere un proprio libretto di navigazione, dove vengono indicati i dati dell’imbarcazione ed i dati del proprietario della stessa.
-inoltre, occorre valutare la eventuale presenza di contratti di nolo;
– non meno rilevante, è ricordare e rilevare anche in sede giudiziaria che, nel caso di unità di diporto dotate di motore, ai sensi dell’art. 123 C.d.A, oggetto della copertura assicurativa è la responsabilità civile verso i terzi del «conducente» e/o «proprietario» (ovvero dell’usufruttuario, del locatario, in caso di leasing, o dell’acquirente con patto di riservato dominio) per la navigazione in acque ad uso pubblico (od equiparate). A differenza, dell’assicurazione dei veicoli, l’art. 123, come peraltro il previgente art. 2 della legge 990/69, limita l’obbligo di copertura ai «danni alla persona», con esclusione, quindi, dei danni a cose. Ne deriva che quand’anche l’assicurazione del natante responsabile del sinistro nel caso specifico si estenda anche i danni a cose, tale estensione non è riconducibile all’assicurazione obbligatoria e per essa, dunque, saranno inapplicabili le disposizioni Titolo X del C.A.P., trovando, invece, regolamentazione nella norma generale dell’art. 1917 c.c. sull’assicurazione di responsabilità civile.
Da ciò derivano importanti conseguenze:
✔ in ipotesi di danno a cose, il terzo danneggiato non può beneficiare dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore R.C. «natanti» e di tutte le procedure di liquidazione contenute ora nel Titolo X del C.A.P.;
✔ la domanda relativa a danni a cose deve ritenersi formulata ai sensi dell’art. 2043 c.c. , dettato in materia di risarcimento per fatto illecito, il quale non rientra nella competenza speciale per materia e per valore del giudice di pace come prevista dall’art. 7 comma 2 c.p.c. Trova perciò applicazione il primo comma dell’art. 7 cit, secondo il quale il Giudice di Pace è competente a decider e le cause il cui valore non sia superiore ad euro 5.000,00. Molti procedimenti sono stati incardinati presso giudici incompetenti.
✔ l’obbligo dell’assicuratore scatta nei confronti dell’assicurato e non del danneggiato. In tal senso diventa, dunque, fondamentale esaminare l’eventuale prescrizione del diritto alla manleva, atteso che l’evidenza ha dimostrato che molte richieste erano inesorabilmente prescritte.
Ben vero, ai sensi dell’art. 547 cod. nav. “I diritti derivanti dal contratto di assicurazione si prescrivono con il decorso di un anno”. Tale previsione è sicuramente da applicare nell’esclusivo contesto delle assicurazioni marittime disciplinate dal Libro III, Titolo V, del codice della navigazione in deroga al principio contenuto nell’art. 2952 c.c., che prevede la prescrizione biennale dalla data del sinistro dei diritti derivanti dal contratto di assicurazione e riassicurazione. In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza affermando che per le assicurazioni contro i rischi della navigazione si applica il codice civile in via suppletiva rispetto alla lex specialis del codice della navigazione. In tale regime rientra anche la nautica da diporto, per la ragione secondo cui è rilevante, ai fini dell’applicazione del codice della navigazione, la natura della fattispecie (navigazione in senso stretto) piuttosto che i fini commerciali o da diporto della medesima. Il supporto normativo trova conferma nell’art.1 comma 1, cod. naut. che così dispone “…per quanto non previsto dal presente codice, in materia di navigazione da diporto si applicano le leggi, i regolamenti e gli usi di riferimento ovvero, in mancanza, le disposizioni del codice della navigazione, approvato con regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, e le relative norme attuative”.
10) – eventi dannosi per i quali, con finalità speculativa, venga invocata doppia polizza (in particolare polizza infortuni e polizza rca).
Le ipotesi sono di non rara verificazione in concreto, in quanto frequentemente accade che il presunto danneggiato, il quale lamenti di aver subito lesioni o danni per un fatto del terzo, oltre ad avvalersi dell’indennizzo assicurativo dovutogli in forza di una polizza assicurativa dallo stesso danneggiato stipulata, richieda il risarcimento dei danni al presunto responsabile civile ed al suo assicuratore. Siffatto comportamento è illegittimo e stigmatizzabile secondo l’ormai chiaro orientamento giurisprudenziale che vieta il cumulo tra gli importi percepiti in ragione di polizza assicurativa sugli infortuni e quanto percepito a titolo di risarcimento del danno aquiliano da terzo danneggiante.
Il danno, infatti, è uno e uno solo e laddove la sua “monetizzazione” sia stata riconosciuta ed elargita, non è più possibile beneficiare di alcuna altra somma che, se versata al danneggiato, dovrà essere detratta dal complessivo ammontare del danno. Cassazione Civile ordinanza del 16 aggio 2019 n. 14358

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L’analisi dei nuovi fenomeni, seppur di estrema attualità, non esime dal confrontarsi ancora su problematiche che ancora non hanno trovato compiuta soluzione e che afferiscono ai sinistri con lesioni, che, seppur sono stati- per un periodo- in calo, hanno continuato e potranno continuare a rappresentare una grave piaga.
11) -Sinistri con lesioni
Più in particolare, si è osservato che in tempi di pandemia ci sono state anche iniziative autonome senza alcuna “preparazione alle spalle”: in tali occasioni è risultato più agevole rilevare la commissione di un “errore di preparazione” e riconoscere prima la contraddittorietà e la inconsistenza di taluni aspetti.
Per contrastare tali fattispecie dannose che si basano certificazione medica assecondante/alterata sarebbe opportuno, con forza ancor più incisiva, adottare strategie congiunte ed in particolare:
In fase stragiudiziale
– Rielaborare un modello di corrispondenza ex artt. 145 – 148 cda con il danneggiato, conforme alla ratio della legge sulle assicurazioni ed agli indirizzi giurisprudenziali in materia, invitando il richiedente il risarcimento a fornire, in fase stragiudiziale, la documentazione medica e reddituale completa, quale requisito di proponibilità della domanda (cfr Corte Costituzionale n. 111 del 2012) e condizione necessaria ai fini della nomina del consulente medico legale.
Nella stessa, dovrà invitarsi il danneggiato a volersi sottoporre a visita, una volta consegnata la documentazione indicata, rammentando l’essenzialità del rispetto dell’onere di collaborazione, la cui violazione è causa di improponibilità della domanda giudiziale, giusta sentenza della Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza n. 1829/18; depositata il 25 gennaio.
– Effettuare un immediato parere inerente al nesso di causalità ed alla coerenza tra il referto di PS e la certificazione successiva. tramite un esame attento e preventivo della documentazione medica ; dopo di che confermare le evidenze ipotizzate in sede di visita medico legale avendo cura di raccogliere quanti più dati possibile anche tramite valutazione anamnestica e semeiotica
In fase giudiziale
– Esigere il rispetto dei principi e delle norme che regolano il processo di reclutamento e nomina dei CTU.
– L’evidenza mostra che oggigiorno, nell’ambito delle consulenze mediche, gli incarichi vengono sovente assegnati, non a specialisti della medicina legale, ma a medici privi di qualsivoglia specializzazione (medici di base) o ad “esperti” di branche che poco hanno a che vedere con il tipo di patologia da accertare. Non è infrequente, pertanto, specie nei giudizi di risarcimento del danno conseguente a sinistro stradale, che, ad esempio, lesioni ortopediche debbano essere valutate da un cardiologo o da un neurologo, con grave pregiudizio per coloro che si rivolgono alla giustizia per la legittima tutela dei loro diritti ed interessi Eppure la legislazione in materia di nomina dei consulenti tecnici d’ufficio e dei periti è chiara e precisa. In particolare, di recente la legge n. 24/2017 (cd. Gelli – Bianco), all’art. 15, ha stabilito espressamente che l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia spetta esclusivamente ad un medico specializzato in medicina legale, terzo ed imparziale, individuato nel rispetto delle modalità di distribuzione degli incarichi stabilite ex artt. 22 e 23 Disp. Att. Cod. Proc. Civ., il quale, ai fini della realizzazione dell’incarico può essere coadiuvato unicamente da specialisti scelti tra gli iscritti negli albi dei consulenti e dei periti aventi specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento. Più precisamente, ai sensi dei precitati artt. 15 e 23 è “Il Presidente del Tribunale” che “vigila affinché […] gli incarichi siano equamente distribuiti […] in modo tale che a nessuno dei consulenti possano essere conferiti incarichi in misura superiore al dieci per cento di quelli affidati dall’ufficio […] tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3” (ovvero negli albi tenuti dai singoli Tribunali) […] in cui devono essere indicate e documentate le specializzazioni degli iscritti esperti in medicina”. Tali albi, di poi, ai sensi del comma 3, devono essere aggiornati ogni 5 anni e, in sede di revisione, ai sensi del comma 2 “devono indicare l’esperienza professionale maturata dai singoli esperti, con particolare riferimento al numero e alla tipologia degli incarichi conferiti e di quelli revocati”. Il palese inadempimento delle spiegate disposizioni normative, orbene, se da una parte mette il consulente nella condizione di dover valutare casistiche non affini all’area medica di sua competenza, con evidente rischio di pericolose improvvisazioni, dall’altra importa la produzione di CTU nulle perché elaborate senza l’adeguata conoscenza della dottrina e delle regole giuridiche che governano il processo. Non meno evidenti sono le problematiche che concernono la violazione delle disposizioni che codificano il principio della turnazione nello svolgimento degli incarichi. La violazione delle modalità di turnazione ex lege stabilite, difatti, non solo lede le legittime aspettative degli esperti regolarmente iscritti nei suddetti albi, ma soprattutto favorisce la creazione e la perpetuazione di rapporti privilegiati tra giudici e consulenti con chiara violazione del principio di trasparenza e, in alcuni casi, anche con grave pregiudizio del diritto di difesa delle parti del giudizio (specie della convenuta impresa assicurativa). Il dato normativo trova ulteriore conferma anche nella consolidata giurisprudenza della Suprema Corte. Le Sezioni Unite, difatti, hanno affermato a chiare lettere che il giudice non può – ne deve – nominare sempre gli stessi Consulenti tecnici d’ufficio, violando così i criteri di equa rotazione stabiliti dal codice di procedura civile, rischia un procedimento disciplinare (Cfr. Cass., SS. UU., sent. n. 10157/16 del 18.05.2016). Ciò nonostante la prassi del conferimento degli incarichi a pochi e noti consulenti non sembra volersi debellare. Per di più, cosa non affatto trascurabile, si constata anche che molti CTU, pur non avendo un immediato interesse nel processo, dal momento che in altri giudizi solano prestano la loro opera nella qualità di consulenti di parte, sono comunque legati alle parti in causa. Proprio per questo motivo, si auspica un intervento normativo che meglio disciplini il regime di incompatibilità dei Consulenti.
– Procedere ad attenta verifica della documentazione medica che concerna non solo la diagnosi, ma anche la validità dal punto di vista formale (non è infrequente imbattersi in referti di PS redatti a mano e/o con sospette correzioni) e la provenienza (sovente la struttura sanitaria di primo soccorso è molto distante dal luogo del sinistro, ovvero già nota ai protocolli antifrode per l’operare sospetto di alcuni sanitari). Al contempo, accertarsi che la certificazione medica sia accompagnata da idonea documentazione fiscale, invitando il magistrato, in mancanza, a trasmettere gli atti all’Agenzia delle Entrata per le opportune verifiche (A tale uopo si rappresenta che la Cassazione, giustificando i controlli dell’Agenzia delle Entrate in caso di scarsa fatturazione a fronte di copiosa attività lavorativa, scattando la presunzione di evasione, ha stabilito con una recente ordinanza (Cass. ord. n. 6215/2018.) che la rinuncia al compenso «sballa» la contabilità di un professionista e, pertanto, giustifica l’accertamento induttivo ai sensi di legge);
– Sollecitare la concreta e corretta applicazione di quanto disposto dall’art. 590 bis c.p. Si rammenta, a tal proposito che nel caso di prolungamento della diagnosi oltre i 40 giorni, rientrando le lesioni a prognosi cosiddetta lunga tra quelle gravi, il medico che le certifica ha l’obbligo di trasmettere il referto alle Autorità Giudiziarie. L’inadempimento si traduce esso stesso in reato: omissione di referto e/o omissione di denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio. In particolare, se in sede di processo civile per il risarcimento al paziente la malattia è stata prolungata ma la lesione grave non è stata denunciata, il giudice civile ha il dovere di trasmettere il fascicolo al pubblico ministero perché quest’ultimo persegua il medico come atto dovuto. Nelle fattispecie concrete di prolungamento della prognosi che giustificherebbe la trasmissione degli atti all’Autorità ritenuta competente, sarebbe opportuno fare istanza al Giudice di trasmettere gli atti al PM competente, qualora a tanto non si sia già provveduto dal personale medico certificatore.
Come è noto, la sede giudiziale, a causa delle numerose falle del sistema, non è certo il luogo in cui può esercitarsi in maniera adeguata il diritto di difesa dell’impresa assicurativa, la quale nelle aule degli Uffici Giudiziari – il più delle volte – tende a scontrarsi, non soltanto con la mancanza di cultura giuridica delle controparti e dei giudicanti – prevalentemente Giudici di Pace – ma soprattutto con una “organizzazione” composta da presunti danneggiati, legali, CTU e, a volte giudici, compiacenti, che, indisturbati e con modalità non sempre lecite, perseguono i propri interessi economici, abusando del processo ed eludendo sistematicamente i principi e le norme che lo governano, con evidente allungamento dei tempi di gestione del sinistro e innegabile svantaggio economico (considerati la liquidazione esorbitante del danno, il pagamento degli interesse e le spese processuali).

12)- Danni subiti da veicoli non in movimento
Sempre nell’ambito dei sinistri con lesioni, sono aumentate le richieste risarcitorie relative a danni subiti da veicoli non in movimento (esempio tipico è l’apertura o la chiusura dello sportello) incidenti prevalentemente sugli arti superiori dei presunti danneggiati. In tali ipotesi, occorrerebbe in primis interrogarsi in merito alla nozione di circolazione stradale ai fini dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore; dopo di che effettuare un attento esame sulla compatibilità perché, a ben vedere, tali richieste potrebbero celare una più probabile ipotesi di infortunio sul lavoro. In tal segno sarebbe opportuno effettuare accertamenti presso il datore di lavoro del presunto danneggiato e presso l’assicuratore sociale.
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A fronte della situazione delineatasi e di tutte le nuove evidenze, sarebbe auspicabile aggiornare le statistiche ed approntare protocolli specifici in cui inserire e raffrontare anche i nuovi dati per cominciare ad individuare esordienti filoni che consentano di far emergere similitudini afferenti ai soggetti (legali, parti, periti, officine) ovvero alla dinamica ed alla ubicazione dei danni, anche al fine di cogliere l’opportunità di ritrovare intrecci e nominativi già noti, ma impegnati ora in queste nuove fattispecie.
In ogni caso, la gestione di tali sinistri non dovrebbe prescindere dai punti fermi adottati già in altri protocolli e segnatamente consistenti:
-nel controllo incrociato e nella identificazione specifica dei soggetti coinvolti nelle vicende dannose, rintracciando soprattutto gli avvocati specializzati in sinistri multipli e che concentrano il proprio contenzioso in un foro giuridico specifico;
nell’attenta e rigorosa valutazione tecnica della compatibilità dei danni con la dinamica dedotta dagli avversari;
Assunzione della iniziativa processuale
Benvero, soprattutto nelle ipotesi innanzi illustrate, potrebbe essere quanto mai decisivo per la Compagnia assicurativa assumere l’iniziativa processuale in via preventiva, come già ipotizzato nell’ambito di altri protocolli critici, facendo ricorso, in particolare, a due tipologie di azioni contemplate nel codice di rito e cioè: all’accertamento negativo del credito ed all’accertamento tecnico preventivo.
L’azione di accertamento negativo del credito – con ogni sua implicazione in materia di inversione dell’onere della prova ex art. 2967 Cod. Civ. (cfr. Cass. sez. III^ Civ. sent. n. 12963 del 16.06.2005; Cass. ord. n. 16917 del 4.10.2012) – verrebbe esperita al fine di ottenere una pronuncia di accertamento dell’inesistenza, in capo al presunto danneggiato, del diritto di chiedere il risarcimento del danno conseguente a fatto illecito di dubbia veridicità, ovvero in tutte quelle ipotesi in cui si ritenga che il sinistro non si sia mai verificato, non si sia verificato tra le parti intervenute nel processo, o comunque nella ipotesi in cui la responsabilità dell’incidente non sia ascrivibile all’assicurato, ovvero siano intervenute circostanze estintive/modificative del diritto, quali, a titolo esemplificativo, la prescrizione, la transazione, la rinuncia all’azione, oppure quando il danno lamentato non sia compatibile con la dedotta dinamica di incidente.
La ratio sottesa all’actio in parola è da rinvenirsi nell’ottenimento, in via preventiva, ovvero prima che il presunto danneggiato assuma le vesti di attore promuovendo un giudizio dinanzi all’Autorità giudiziaria, di una pronuncia del Giudice che accerti l’infondatezza delle pretese creditorie e la conseguente assenza – in capo al richiedente – del diritto a promuovere il giudizio per ottenere il risarcimento dei presunti danni.
In tutte queste ipotesi, dunque, le imprese assicurative avrebbero, da un lato, la possibilità di produrre in giudizio una più completa documentazione, avendo già effettuato nella fase stragiudiziale ogni debita attività attraverso i propri accertatori fiduciari tecnici, mentre, dall’altro, potrebbero contrastare in misura decisamente più efficace l’avversa attività probatoria, inducendo il presunto danneggiato a dimostrare in maniera puntuale la fondatezza della propria pretesa.
L’accertamento tecnico preventivo (ATP), invece, rappresenterebbe uno strumento idoneo ad evitare azioni fraudolente nelle ipotesi in cui le perplessità maggiori riguardino l’ammontare dei danni lamentati e la sussistenza del nesso di causalità tra gli stessi e l’evento descritto dalla parte istante. La ratio dell’istituto, difatti, consiste nel consentire gli accertamenti necessari a ‘fotografare’ un determinato stato dei fatti laddove, attesa la possibilità di un imminente mutamento od alterazione, sussista sia la necessità che l’urgenza in tal segno. L’accertamento tecnico preventivo rappresenta, perciò, un provvedimento di urgenza a cui poter ricorrere prima dell’instaurazione del giudizio di merito, ovvero in costanza dello stesso, purché prima che sia possibile disporre i mezzi istruttori in base alle cadenze procedimentali del giudizio di merito. A riguardo, inoltre, giova precisare che – a differenza di quanto accadeva in passato – lo strumento dell’ ATP, oggi, può includere anche valutazioni relative ai danni ed alle cause di quanto occorre verificare, in tal modo consolidando, in capo allo stesso Consulente, la facoltà di dare indicazioni
anche in merito alle cause di determinati eventi; fattispecie, questa, determinante in caso da danni (a cose e/o a persone) per i quali si assume come evento causativo il sinistro da circolazione stradale.
A ragion di tanto, dunque, può sostenersi che l’istituto dell’Accertamento Tecnico Preventivo e/ Cautelare, così come conosciuto e disciplinato dall’Ordinamento giuridico vigente, assolverebbe alla duplice funzione di: tutelare in via preventiva le esigenze istruttorie e deflazionare il più possibile il contenzioso, scoraggiando altresì le liti infondate e temerarie e favorendo contestualmente la composizione stragiudiziale della controversia.
L’auspicio è che le azioni ed iniziative proposte possano contribuire a contrastare anche il fenomeno di queste nuove modalità con le quali si stanno attuando truffe assicurative.
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Ulteriori evidenze oggetto di approfondimento.
Vi sono, infine, altre ipotesi molto significative e sulle quali sarebbe opportuno provocare un confronto.
Giudizi patrocinati da difensori privi di ius postulandi
Nei procedimenti riconducibili al dilagante e critico fenomeno delle truffe assicurative, ove sovente la regia è appannaggio di noti periti, non è infrequente imbattersi in difensori privi di abilitazione al patrocinio. Sembra che proprio alcuni periti, ai fini della rappresentanza processuale e per “riciclarsi”, reclutino giovani con scarsa esperienza e competenza professionale, ma attratti dalle promesse di celeri e facili guadagni. Tali nuove reclute, che agiscono con insana incoscienza e senza alcun rispetto della professionale forense, rappresentano oggi una piaga che deve essere sconfitta a tutela del decoro della nobile professione di avvocato, a tutela del diritto di difesa del cittadino, a tutela della giustizia e del corretto svolgimento dei processi.
I giudizi in particolare sono affetti da nullità in quanto patrocinati da legali privi di ius postulandi e di valida procura alle liti, che agiscono
– nonostante il patrocinio sia venuto a scadenza ai sensi del 2° comma dell’art. 8 del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578, convertito in legge 22 gennaio 1934, n° 36 e successive modificazioni,
– – facendo uso improprio/abusivo del titolo di avvocato, senza aver mai superato l’esame abilitante all’esercizio della professione forense;
– senza la dichiarazione di intesa, nella ipotesi in cui il titolo sia stato conseguito in un paese straniero (estremamente diffuso è il patrocinio del cosiddetto “abogado”);
– in violazione della riforma forense inerente alla disciplina sull’abilitazione al patrocinio del praticante avvocato
L’evidenza di tali gravi violazioni sotto il profilo deontologico/civile/, penale e processuale (vertendosi in ipotesi di inesistenza insanabile della procura e di invalidità dell’attività stragiudiziale e giudiziale svolta) rende opportuno adottare strategie che, durante il processo, possano paralizzare l’iniziativa del falsus procurator con sanzioni anche di tipo pecuniario a suo carico; al termine del processo possano, invece, consentire alla compagnia assicurativa, nei limiti di quanto normativamente previsto, di recuperare gli importi corrisposti per le spese legali che non sarebbero dovute.
Crescita esponenziale dei procedimenti risarcitori per malpractice medica. Incidenza sulle polizze sanitarie.
Molti studi professionali, già noti alle compagnie assicurative, da qualche tempo hanno iniziato a concentrare la loro attenzione su vertenze aventi ad oggetto casi di malpractice medica. Il trend è in aumento: la divulgazione mediatica ha indotto nell’opinione pubblica la percezione che l’errore medico sia frequente e non giustificabile in un’epoca in cui si può curare tutto e si deve guarire sempre. Le organizzazioni che promettono risarcimenti a costi zero impazzano sulla rete e sui canali televisivi, sovente facendo palese anche in violazioni del codice deontologico.
Ciò rappresenta una chiara minaccia per il sistema sanitario ed il sereno operare del personale, ma soprattutto, per quel che qui maggiormente interesse, impone alle impresa assicurative riorganizzazione e revisione delle polizze sanitarie. Si deve considerare a tale uopo che la legge 24 del 08 marzo 2017 (c.d. legge Gelli-Bianco) ha introdotto l’azione diretta del paziente-danneggiato contro la compagnia assicurativa della struttura ospedaliera e/o del medico.
L’art. 12, comma 1, della suddetta legge, infatti, prevede che “…. Il soggetto danneggiato ha diritto di agire direttamente entro i limiti delle somme per le quali è stato stipulato il contratto di assicurazione, nei confronti dell’impresa di assicurazione che presta la copertura assicurativa alle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private … e all’esercente la professione sanitaria. …”
Si tratta però di una disposizione che ad oggi non potrebbe trovare ancora concreta applicazione; infatti, la legge Gelli-Bianco ha differito tale possibilità di azione diretta solo a seguito dell’emanazione dell’apposito decreto del Ministero per lo sviluppo economico con il quale verranno determinati i requisiti minimi dei contratti assicurativi che le strutture ospedaliere ed i medici avranno l’obbligo di stipulare.
Tale mancata emanazione del decreto, però, non si limita solamente a paralizzare la possibilità di svolgere azione diretta nei confronti delle compagnie all’interno del giudizio di merito, ma crea numerosi dubbi interpretativi anche in relazioni alle fasi precedenti.
Non deve, infatti, dimenticarsi che l’art. 8 della legge 24/2018 subordina l’esercizio dell’azione dinnanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria alla previa proposizione di ricorso ex art. 696 bis c.p.c. o, in alternativa, all’espletamento del procedimento di mediazione ex art. 5, comma 1 bis, del D.lgs, 28/2010 (configurate come “condizioni di procedibilità della domanda”.
Con particolare riferimento alla proposizione del ricorso ex art. 696 bis c.p.c., il legislatore all’art. 8, comma IV, della legge Gelli-Bianco ha previsto che la partecipazione alla consulenza tecnica preventiva è obbligatoria per tutte le parti “ivi comprese le compagnie assicurative”.
Tuttavia se allo stato non è stato emanato il decreto del Ministero dello sviluppo economico con il quale dovranno essere previsti i requisiti minimi delle polizze assicurative, non appare chiaro se il paziente sia legittimato a convenire l’impresa assicurative all’interno del procedimento ex art. 696 bis.
A fronte di tale incertezza si sono già creati due differenti orientamenti giurisprudenziali.
Il primo esclude che, allo stato, il paziente danneggiato sia legittimato attivo nei confronti delle compagnie assicurative anche nella fase dell’accertamento tecnico preventivo (cfr Tribunale di Venezia, sez. II, del 11.09.2017; Tribunale di Padova, sez. ricorsi, del 27.11.2017). Secondo le corti aderenti a tale orientamento occorre partire da presupposto secondo cui i soggetti che debbono partecipare al procedimento di accertamento tecnico preventivo devono essere gli stessi nei cui confronti il danneggiato potrà poi esperire l’azione di merito volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti. Pertanto, poiché ai sensi della legge Gelli-Bianco la domanda risarcitoria di merito, in mancanza del decreto ministeriale, non può ancora proposta direttamente nei confronti delle compagnie assicurative delle strutture ospedaliere e/o del medico, sarebbe esclusa una loro partecipazione anche alla fase precedente dell’accertamento tecnico preventivo.
Un secondo diverso orientamento (si veda tra gli altri: Tribunale di Venezia, sez. II, del 18.01.2018; Tribunale di Verona, sez. III, del 31.01.2018; Tribunale di Verona, sez. II, del 10.05.2018), invece, ritiene sussistere azione diretta in capo al paziente-danneggiato nei confronti delle compagnie assicurative delle strutture ospedaliere e/o del medico nel procedimento introdotto ex art. 696 bis c.p.c., ritenendo, da un lato, che solo così facendo si possa concretamente raggiungere lo scopo conciliativo, e, dall’altro, che tale necessaria partecipazione risulta espressamente contenuta nella legge Gelli-Bianco, secondo cui le assicurazioni sono parti obbligate del suddetto procedimento di accertamento tecnico preventivo con anche l’obbligo di formulare una proposta conciliativa. Tra le altre ragioni a supporto di tale orientamento viene altresì menzionato il fatto che la legge 24/2018 ha previsto nel successivo procedimento di merito l’obbligo a carico del giudice di condannare, indipendentemente dall’esito del giudizio, al pagamento delle spese legali e ad una pena pecuniaria (a favore di coloro i quali hanno partecipato al procedimento per ATP) il soggetto che invece non vi abbia partecipato.
Tra i due diversi orientamenti giurisprudenziali contrastanti, le più recenti sentenze sembrano prediligere il secondo.
Da ultimo, con ordinanza del 18.01.2021 il Tribunale di Busto Arsizio si è pronunciato, in tema di responsabilità medica, ammettendo la consulenza tecnica preventiva ai fini della conciliazione della lite ex art. 696 bis c.p.c., non solo nei confronti della struttura sanitaria, ma anche della compagnia assicuratrice della stessa

In conclusione, quindi, si deve affermare che, allo stato attuale, in attesa del decreto del Ministro dello sviluppo economico, risulta pacifica l’impossibilità di esperire azione diretta nei confronti delle compagnie assicurative delle strutture ospedaliere e dei medici nel giudizio di merito, mentre è dibattuto se sussista tale possibilità nel previo procedimento di accertamento tecnico preventivo, benché le Corti di merito sembrino aderire all’orientamento che ritiene plausibile la diretta chiamata in causa dell’impresa assicurativa.
Lo schema di decreto regolamento, richiamato dalla legge Gelli (24/2017) sulla determinazione dei requisiti delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie e per gli esercenti la professione sanitaria, fermo da oltre un anno al Mise, a gennaio 2021 è stato posto al vaglio dalla Conferenza Stato Regioni. Le relative disposizioni, come previsto dall’articolo 16, si applicheranno ai fatti generativi di responsabilità che si sono realizzati a decorrere dal 31 dicembre 2022.

*responsabile nazionale truffe assicurative di Civicrazia