Funamboli senza rete nel circo elettorale ma scarsa partecipazione di pubblico

In questi ultimi giorni la campagna elettorale ha confermato i suoi punti caratterizzanti: arraffazzonata per il tempo breve in cui dovrà svolgersi – quando mancano pochi giorni all’apertura dei seggi – piena di contraddizioni profonde all’interno di ciascuna coalizione, promesse di realizzazioni di “riforme” ai limiti del dettato costituzionale. Definita con un solo termine, essa ha assunto il carattere di un vero e proprio happening, se si vuole sempre più simile a uno spettacolo circense di funamboli senza rete. Ancora una volta gli italiani devono assistere a spettacoli, nel senso più autentico del termine, penosi e indecorosi, che sembrano indulgere più al pettegolezzo che non all’essenza delle grandi diatribe in corso. Alla fine di quegli scarsamente utili e in più patetici show, una considerazione fuoriesce senza particolari difficoltà da chi ha seguito quelle trasmissioni: in buona o in cattiva fede, ognuno degli intervenuti si alza dal tavolo convinto di aver proferito il verbo. Ciascuno ritiene di aver ragione senza necessità di contraddittorio e intanto i problemi continuano a incancrenirsi sempre più pericolosamente. Lunedì l’azienda Italia per buona parte ha riaperto i cancelli e meno male. Tante altre volte in passato, in circostanze analoghe, i dipendenti che andando in ferie avevano letto il cartello chiuso per ferie, al ritorno hanno trovato un’altra indicazione, chiuso, senza il perché e il per quando. Evitando di apparire Cassandre, solo usando la prudenza e il realismo che la situazione richiede, è bene porsi con lo spirito in uno stato di vigile attesa. Sembra ormai certo che la situazione economica generale, in particolare quella del vecchio continente, stia andando verso un ulteriore peggioramento. Se è vero, come è vero, che ciò è determinato in buona parte dalla questione energetica, è innegabile che il complemento a cento della deriva del Paese è costituito dall’essere arrivati al pettine nodi preesistenti sia la pandemia che la guerra, che, amplificatisj si stanno sommando al resto. Più precisamente si tratta dei tanti tavoli di crisi di aziende pubbliche e private che stanno ricevendo dallo stato aiuti paragonabili a quanto, in medicina, è definito accanimento terapeutico. L’approccio alla risoluzione di tale problematica da parte di quanti aspirano a occupare una poltrona a Montecitorio è nella maggior parte dei casi guasconesco quando non pieno fino all’orlo di una faciloneria che definire incosciente è poco. In ogni caso nessuna delle soluzioni abbozzate dagli stessi lascia intravedere la comparsa della parola fine sul colossal realizzato con argomento lo spreco di denaro pubblico in programmazione ormai da decenni. Il Professor Draghi, nel congedarsi ufficialmente dal parlamento, ha pensato di lasciare un promemoria per chi gli succederà. Ha detto cioè che è fuor di dubbio che perché l’Italia si riavvii su un sentiero di crescita e di sviluppo, è necessario che vengano rimodulate anche alcune impostazioni comportamentali. Ciò in quanto saranno operative in una realtà socio-economica ben diversa da quella antecovid. Oltre all’ impostazione di un rinnovato stile di vita più sobrio, improntato a una consistente limitazione del superfluo, sarà indispensabile una cura da cavallo volta a ridurre la spesa pubblica e un’attenta attività di individuazione alla fonte dei tanti rivoli che disperdono il denaro degli italiani e quindi intervenire sugli stessi. Al momento, per quel poco che si è potuto sapere, dietro le dichiarazioni omnibus dei vari schieramenti politici non sì è visto altro che un comportamento diffuso che richiama l’aneddoto della scopa nuova: tutto ciò che è stato fatto dall’esecutivo dimissionario dovrà essere sottoposto a revisione profonda per principio: iattura più grande non potrebbe verificarsi, stante il fatto che Annibale è davanti alle porte e non é assolutamente possibile che si sciupi altro tempo e si dilapidi ancora altro denaro pubblico. È quella attuale una situazione tragica e fin troppo seria. La seconda affermazione è particolarmente importante se si prova a pensare quanta probabilità di farcela ha il materiale umano che si propone all’elettorato per risolverla. Il prossimo appuntamento con le urne è fin d’ora condizionato da una probabile forte astensione dei votanti. Ciò amplificherebbe ancor più le difficoltà del dopo e sarebbe l’ennesima conferma che il distacco tra elettorato e eletti continua a aumentare. E non è certo lo stesso un segnale di buon funzionamento del sistema Paese.