G20 Cultura e stati generali, tanta mobilitazione, poca novità

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in foto il G20 della cultura a Palazzo Barberini

G20 Cultura. Tadan. 20 grandi del mondo: i 20 ministri dei Paesi membri (Arabia Saudita, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, India, Indonesia, Italia, Messico, Regno Unito, Russia, Stati Uniti, Sud Africa, Turchia e Unione Europea; più la Spagna come invitato permanente), i vertici delle principali organizzazioni internazionali ( L’Unesco, l’Ocse, il Consiglio d’Europa, l’Unione per il Mediterraneo), le organizzazioni internazionali del settore culturale (lccrom, lcon, lcomos), i protagonisti del contrasto agli illeciti contro il patrimonio culturale (l’agenzia delle Nazioni Unite per il contrasto al crimine Unodc, Interpol e I ‘organizzazione doganale Wco). E ancora i Carabinieri della Tutela del patrimonio culturale, l’Istituto Centrale per il Restauro e la Scuola dei Beni e delle attività culturali. Che folla ragazzi. Manifesto interesse ed eclatanti dichiarazioni dei nostri rappresentanti confermano ciò che alla gente comune, che vive la cultura anche come lavoro e quindi come fonte di economia, era chiaro da un bel po’: con la cultura non solo si mangia ma si beve e si mantengono le famiglie.
Dal G 20 la rivelazione: “La Cultura ha una funzione economica perché crea crescita, ricchezza e posti di lavoro”. Coniglio dal cilindro.
Il campanello dell’attenzione suona incessante. In dieci giorni dieci, G20 cultura a Roma e Stati Generali della Cultura a Napoli. Più di così. Napoli presente anche alG20 come parte di un territorio, la Campania, in cui ogni
100 000 abitanti ci sono 3,2 siti archeologici o d’interesse culturale. C’è chi può. Il dipinto di Tiziano: “Ritratto di Pier Luigi Farnese in armatura”, da Capodimonte a Roma per ragioni di restauro, esposto quale simbolo di quanto l’art bonus possa intervenire sulla vita dei beni culturali connettendoli all’imprenditoria privata. L’art bonus, il coup de théâtre col quale dal 2014 si consente un credito di imposta, pari al 65% dell’importo donato, a chi effettua erogazioni a sostegno del patrimonio culturale pubblico. Una rielaborazione all’italiana di ciò che in tanti paesi avviene già da tempo sebbene con modalità un po’ diverse. L’Inghilterra, quella della rivoluzione industriale, di Enrico VIII, di Mary Quant e dei Beatles, già nel 1877 creò un organismo di diritto privato – la Society for the Protection of Ancient Building.s Nel 1895 fu istituito il National Trust for Places of Historical Interest or Natural Beauty. Ad essi si devono le prime catalogazioni degli edifici di interesse antico di proprietà privata (ancient buildings) finalizzate alla individuazione di misure conservative e di restauro. Anni ’80: non solo disco e spalline imbottite. Il governo Thatcher riconobbe la rilevanza economica dei beni culturali e la crescita di una coscienza sociale dell’importanza del patrimonio culturale e istituì il ricorso ai privati in qualità di finanziatori delle attività culturali. Nel 1984 il Governo inglese emanò infatti il Business Sponsorship Incentive Scheme, la cui attuazione venne affidata alla Association for Business Sponsorship of the Arts. Si voleva incoraggiare l’intervento di soggetti privati nel finanziamento delle attività culturali, con disposizioni normative dirette a introdurre una serie di agevolazioni di natura fiscale per le imprese. 30 anni dopo, che sarà mai, un battito di ciglia, la versione Italian boys. Wow. W l’Inghilterra, strimpellava il cantautore romano. il BSIS, original english version, garantiva al privato, non solo la realizzazione di finalità di valorizzazione, ma attenzione attenzione, di gestione. Nella città di Oxford una nota catena di fast-food e una celebre compagnia assicurativa esercitano la propria attività nel centro cittadino all’interno di uno degli edifici più antichi, un tempo una locanda, dove anche William Shakespeare ebbe a soggiornare durante un viaggio di ritorno da Londra alla sua città natale. Solo gli avventori dell’esercizio commerciale o gli impiegati della agenzia possono godere degli affreschi e dei pavimenti originali dell’edificio, risalenti al 1182, e situati proprio nelle stanze che ospitarono l’insigne drammaturgo. La piacevolezza e la curiosità suscitata nel pubblico dalla storia, dai luoghi e dalle atmosfere (interpretazione, oh cara), hanno provocato un incremento degli affari ai due gestori privati, e hanno individuato una cospicua fetta di visitatori, che hanno trovato così altri motivi per trattenersi nell’edificio, assorbire le informazioni culturali che una visita superficiale non avrebbe potuto dare loro, e cercare altri posti simili.
Lavoisier quando diede inizio alla chimica moderna sentenziò: “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Come dargli torto.
In tutta brutalità di linguaggio in Italia si dice al privato: scegli un bene, dai i tuoi soldi a noi per ripristinarlo, ti faremo avere un bello sconto sulle tasse, tutti contenti e graze. Un asettico scambio commerciale. Lo stato tiene a. mani ferme la gestione e al privato a questo punto resta la riduzione delle tasse e qualche gentile citazione nei convegni per addetti. Un uso migliore di questi fondi privati dovrebbe fare in modo che il privato finanziatore trovasse non solo lo sconto erariale ma anche una precisa visibilità ed una possibilità gestionale del bene propriamente detto come anche della dislocazione dei fondi erogati. Una specie di banca. Un organismo di gestione e distribuzione delle somme erogate dai privati che, in quanto erogatori, per tutto il tempo del recupero erariale farebbero parte di un cda che potrebbe distribuire i fondi privati anche a beni poco noti. Tutto il settore se ne avvantaggerebbe. Un adeguata pubblicità darebbe inoltre lustro a tutti questi finanziatori. Basta poco, che ce vo’?