Gemito dalla scultura al disegno: online la mostra allestita al Museo Capodimonte

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di Maria Carla Tartarone Realfonzo

Al Museo di Capodimonte, i 19 marzo avrebbe dovuto inaugurarsi la mostra “Gemito dalla scultura al disegno” una mostra che, considerate le circostanze, può godersi ugualmente in modo virtuale (https://www.gallerieditalia.com/it/napoli/sculture-disegni-vincenzo-gemito/) che per la straordinaria quantità di immagini e la documentazione fornita dai curatori Jean Loup Champion (già curatore della recente esposizione a Parigi), Maria Tamajo Contarini e Carmine Romano. Presenta la mostra in video il Direttore Silvain Bellenger che accenna alle 150 opere esposte, tra disegni e sculture, in gesso, bronzo e terracotta, di cui alcune abbiamo potuto vedere anche in mostre precedenti, a San Domenico Maggiore nel 2014 e nel Palazzo Zevallos di Stigliano nel dicembre-gennaio 2017-18. Vincenzo Gemito ebbe una vita difficile fin da bambino, se consideriamo che appena nacque fu abbandonato sulla ruota dell’Annunziata dove si lasciavano i neonati indesiderati affidandoli alla generosità altrui. Nacque nel 1852 e morì nel 1929 al Vomero, dove gli è stata dedicata una strada, che egli amava per il suo abitato e per la campagna che copriva i luoghi che sono oggi via Cilea e dintorni. Abbandonato e solo pure trovò in sé la passione per l’arte e il desiderio di creare, ispirato alle meraviglie di Napoli. Giovanissimo, guardandosi attorno, anche nei vicoli del centro, dove a San Gregorio Armeno conobbe la tecnica dei numerosi artigiani che realizzano pastori per il Presepe, prese a manipolare la creta. Viveva tra gli aiuti dei vicini ma, a soli diciassette anni, nel 1869, fu premiato per il suo “Giocatore di carte” che fu ammirato e acquistato dal Re Vittorio Emanuele II per la Collezione Reale. Presto andò a Parigi dove frequentò il pittore Giuseppe De Nittis , che nato a Barletta, aveva vissuto alcuni anni a Napoli e poi si era trasferito a Parigi, che introdusse Gemito tra gli artisti del tempo, spesso ospiti nel suo studio, tra cui Degas, de Goncourt, Daubigny. Anche De Nittis preferiva rappresentare l’ambiente popolare e quindi accolse volentieri i meravigliosi scugnizzi di Gemito e la sua napoletanità. Il suo famoso “Pescatorello” , un gesso, che fu anche portato al Salon di Parigi per l’esposizione del 1877 in cui ottenne il primo premio, venne acquistato nel 1889 dal Museo del Real Bosco di Capodimonte, dove lo si potrà vedere terminato il periodo di chiusura. A Parigi conobbe una donna che amò e che condusse a Napoli, che troviamo rappresentata in meravigliose pitture e sculture, Mathilde che giovane morì a Parigi e fu causa di una profonda crisi psicologica per l’Artista. A Napoli amò poi Anna che pure troviamo raffigurata in immagini pittoriche e sculture affascinanti. Sempre a Napoli il re Umberto I gli affidò l’incarico di realizzare la Statua di Carlo V da collocare tra gli altri re di Napoli sul porticato del Palazzo Reale, ma già allora la sua ragione cominciava a vacillare e peggiorò, pur amato da Domenico Morelli che lo stimolava a continuare nel suo lavoro di scultore e dalla popolazione del Vomero che lo rispettava e comprendeva la sua triste vecchiaia. Le immagini visibili nell’invito alla mostra, ricco di notizie, illustrano le opere di questo artista capace di interpretare la vita di un mondo povero ma insieme straordinario.