Ghost tourism

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Ghost tourism non è il titolo di un film, non si tratta di un servizio particolare di guide turistiche, e certo è che non si tratta di una truffaldina vendita di pacchetti viaggio che si riveleranno inconsistenti, proprio come un fantasma. Il Ghost tourism, in qualche lontano modo, si avvicina di più all’idea degli acchiappa fantasmi. Gruppi di visitatori in giro per città fantasma a caccia di storie ed emozioni che appartengono a epoche lontane. Metti un paese, un borgo o perché no, anche un singolo edificio, i cui eventi storici ne abbiano determinato lo spopolamento, metti una politica turistica che non solo riesca a valorizzare questi siti come attrattori turistici, ma addirittura riesca a metterli in rete in un pacchetto dedicato interamente alla loro principale caratteristica: l’essere luoghi ormai abitati da un popolo ormai fantasma…et voile! ecco aperta una nuova nicchia turistico culturale in grado di offrire turismo storia, arte ed emozioni. Il termine ghost town è stato coniato dal giornalista svedese JanOloBengtsson durante una visita alla città di Varosha a Cipro e voleva indicare una città completamente abbandonata. La città abbandonata è un documento culturale perfetto, è la foto a più dimensioni di un epoca che si ripropone integralmente al turista, nel suo momento più drammatico: quello in cui i suoi abitanti l’hanno abbandonata. Oatman in Arizona, e molti siti in Egitto vivono nuovamente grazie all’interesse che si è saputo suscitare per questa particolare forma di turismo. In Italia i paesi fantasma sono circa un migliaio. In Spagna ne sono stati censiti circa 4.500. Negli Stati Uniti invece se ne contano fino a 15mila, ma in America, come da consolidato luogo comune, è tutto più grande. La Campania ospita molte città fantasma: Roscigno Vecchia, San Severino di Centola, Romagnano al Monte, Tocco Caudio, San Pietro Infine. Il Rione Terra a Pozzuoli è l’esempio più eclatante di come un restauro può restituire una compagine urbana alla città, ma per ridarle la vita ci vogliono politiche turistiche molto precise da attuare con grande rigore. Abbiamo materiale di prima qualità che, se offerto al pubblico in un pacchetto ben studiato, potrebbe generare un indotto molto redditizio. La ghost visita si sviluppa sempre all’imbrunire o a notte avanzata. Immaginate la luce della luna che illumina una stradina sconnessa che serpeggia tra i ruderi di quelle che furono case bombardate durante la guerra o abbandonate in fretta e furia mentre il bradisismo alzava e abbassava il terreno sul quale esse si poggiavano. C’è forse bisogno di costumi e rappresentazioni? L’essenza del posto è tangibile tra quelle pietre. L’imbrunire, quando le ansie si fanno più acute è il momento più adatto per identificarsi con quei luoghi. Le città fantasma sono propri degli open museum. Il contributo economico per la risistemazione e il recupero è da considerarsi soltanto un punto di partenza per un attività che sarà perfettamente in grado di auto mantenersi generando lavoro e indotto. Fondamentale l’accurata professionalizzazione dei dipendenti, la dinamicità delle esposizioni e la promozione degli eventi, che possono davvero contribuire al lancio di questa nicchia di turismo culturale. E’ quasi inevitabile quando si parla di ghost tourism che il riferimento sia quello della visita con personaggi in costume. Non è così: una visita turistica in un luogo abbandonato è un viaggio notturno e parallelo in una città sconosciuta, storica e leggendaria. E’ l’occasione per muoversi come investigatori alla scoperta delle tracce di un passato buio, fatto di sangue e di antiche paure. Il materiale è tra le rovine, nelle case abbandonate che nascondono le storie delle persone che hanno vissuto in quei luoghi. E se tra le rovine di San Pietro Infine all’improvviso il silenzio sarà rotto dallo scoppio di una bomba, il rifugio indicato dalla guida, opportunamente illuminato, potrà anche offrire il conforto di una degustazione di prodotti locali. Ben organizzate queste visite possono garantire il tutto esaurito di visitatori. L’ importante è lasciare che i luoghi raccontino la propria storia, il proprio mistero e tradurre i segnali che i luoghi inviano in storie che incidano la memoria emotiva dei turisti.