I familiari di Giancarlo Siani, il giornalista ucciso 35 anni fa dalla camorra, hanno ricevuto oggi il suo tesserino di giornalista professionista alla memoria. L’Ordine dei giornalisti nazionale e quello regionale della Campania hanno voluto premiare con questo riconoscimento simbolico il giornalista celebrato nel film ‘Fortapasc’ di Marco Risi, il suo lavoro e la sua passione. Ne dà notizia ‘Ossigeno per l’informazione’, osservatorio sui cronisti minacciati e le notizie oscurate in Italia con la violenza. In occasione del trentacinquesimo anniversario della morte di Siani, la Fondazione Giancarlo Siani – Onlus (creata nel 2019 dal fratello Paolo e dai suoi figli) ha promosso una serie di iniziative: la deposizione di fiori presso le Rampe Siani, la XVII edizione del Premio Giancarlo Siani e il convegno ‘Dalla carta stampata al web giornalisti sotto tiro – in Campania nasce l’Osservatorio’, a cura dell’Ordine dei giornalisti della Campania. Anche il quotidiano ‘il Mattino’ ha omaggiato il cronista con la presentazione del volume ‘Giornalista-giornalista’, presentato all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Uscirà anche una nuova edizione della raccolta ‘Le parole di una vita’, che contiene tutti gli scritti giornalistici di Giancarlo Siani.
La storia di Siani, le indagini che hanno portato ad accertare i responsabili della sua morte, la sua eredità giornalistica e civile sono ricostruite nel sito Cercavano la verità – www.giornalistiuccisi.it – il portale creato da ‘Ossigeno per l’informazione’ che racconta le storie dei trenta giornalisti italiani uccisi a causa del loro lavoro. Cronista precario al quotidiano ‘Il Mattino’, Siani – come ha ricostruito ‘la Repubblica’ nei giorni scorsi – aveva condotto inchieste scomode sui boss locali e sui patti e le lotte che caratterizzavano i rapporti fra i vari clan per contendersi la grande torta dei finanziamenti pubblici che si dovevano spendere per la ricostruzione dei centri abitati distrutti dal terremoto del 1980. “Giancarlo aveva buone fonti e molto coraggio. Aveva raccontato che una ‘soffiata’ del clan Nuvoletta ai carabinieri aveva favorito l’arresto del boss rivale Valentino Gionta. Quell’articolo, pubblicato il 10 giugno del 1985, segnò la sua condanna a morte. Il 23 settembre successivo, Giancarlo fu ucciso sotto casa sua. Ci sono voluti 12 anni – sottolinea ‘Ossigeno per l’informazione’ – per venire a capo delle cause che avevano spinto le mani della criminalità organizzata a togliere la vita a Siani. Alla verità si è giunti grazie alle indagini condotte dal giovane procuratore della Repubblica, Armando D’Alterio, insieme con la squadra mobile di Napoli”.