Gilead investe sulla ricerca: 66 premi per 1,7 mln

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Milano, 9 ott. (AdnKronos Salute) – Progetti pensati dalla scienza o dai pazienti. Con la speranza di essere utili al medico, per diagnosi più precise e terapie più mirate e su misura; al malato, per conoscere prima il suo nemico e per combatterlo meglio; alla gente, per informarsi su patologie che fanno ancora paura aiutando a sconfiggere stigma e pregiudizi. Sono in tutto 66 e si dividono oltre 1,7 milioni di euro, messi in campo da Gilead Sciences a favore della ricerca indipendente fatta al bancone, in una corsia di ospedale o nel grande laboratorio della vita. Il braccio tricolore del gruppo biofarmaceutico Usa li ha presentati oggi all’UniCredit Pavillon di Milano, durante l’ottava cerimonia di premiazione dei vincitori dei 3 bandi di concorso Fellowship Program, Community Award Program e Digital Health Program.

Il primo, giunto all’ottavo anno di vita, sostiene quest’anno 48 progetti di ricerca che contribuiscono a produrre nuove conoscenze in campo medico. Il secondo, nato nel 2012 e assegnato a 14 vincitori, dà alle associazioni di pazienti linfa vitale per realizzare iniziative a beneficio dei malati. Il terzo, alla sua terza edizione con 4 premiati, consente a scienziati e associazioni di creare strumenti e servizi digitali alleati della ricerca, della pratica clinica e dell’assistenza. Tre iniziative, un unico obiettivo: “Selezionare e premiare le progettualità più meritevoli e più innovative”, spiegano i promotori. Idee che dimostrino “ricadute positive a breve-medio termine sulla qualità della vita e sulla cura delle persone colpite da Hiv, malattie del fegato e patologie oncoematologiche”.

Dal 2011 sono stati quasi 400 i progetti finanziati, selezionati da giurie indipendenti fra gli oltre mille presentati; più di 9 milioni di euro le risorse complessivamente erogate. Ai 3 bandi si affianca nel 2018 un premio speciale all’etica intitolato alla memoria dell’infettivologo Mauro Moroni, indimenticato paladino della lotta all’Aids in Italia: 5 riconoscimenti aggiuntivi da 5 mila euro, conferiti ai progetti che, fra quelli già ‘incoronati’, sono apparsi più validi nella gestione di eventuali criticità etiche correlate alla concretizzazione dell’iniziativa.

“Siamo orgogliosi di confermare per l’ottavo anno consecutivo il nostro sostegno alla ricerca e all’associazionismo italiano, promuovendo la realizzazione di progetti a forte contenuto di innovatività”, dichiara Valentino Confalone, General Manager di Gilead Italia. “Gilead ha una profonda vocazione all’innovazione”, sottolinea, ricordando che “la nostra ricerca ha reso disponibili terapie all’avanguardia che hanno cambiato il corso di patologie come l’infezione da Hiv o da virus dell’epatite C. Con questi bandi vogliamo portare l’innovazione oltre il farmaco, in ambito medico-scientifico, sociale-assistenziale e tecnologico”.

“Otto anni di finanziamento alla ricerca libera e alle associazioni pazienti costituiscono una realtà davvero significativa nel nostro Paese – commenta Cinzia Caporale, esperta di bioetica e presidente della commissione dei premi Fellowship e Community – Ricercatori e associazioni fanno affidamento su questi fondi anche in considerazione della cronica scarsità dei bandi di ricerca in Italia, tanto più dal settore privato. Ogni anno – evidenzia – per ogni grant vinto al Fellowship Program c’è una persona che può fare ricerca o un team che ha i fondi per sviluppare un’ipotesi scientifica: una grande ricchezza per chi vive le ristrettezze della ricerca pubblica”.

“Iniziative come il Digital Health Program rappresentano un sostegno importante e di qualità per lo sviluppo della digitalizzazione in ambito medico – osserva Eugenio Santoro, ricercatore del Laboratorio di informatica dell’Irccs Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano e coordinatore della commissione giudicatrice del bando – sia per le risorse messe a disposizione sia per l’attenzione nella selezione dei progetti, basata su criteri ben precisi tra i quali l’innovatività e la solidità scientifica”.

E mentre l’Aids torna a preoccupare i camici bianchi per l”effetto collaterale’ dei traguardi raggiunti nella guerra alla malattia, che hanno abbassato i livelli di guardia specie fra le giovani generazioni, punta proprio sull’Hiv il mirino dei 3 premiati che raccontano all’AdnKronos Salute il loro programma.

Giulia Carla Marchetti, specialista in malattie infettive e professore associato all’università degli Studi di Milano, ha vinto un Fellowship Award da 25 mila euro per un progetto che “vuole confermare nella ‘real life’, la vita vera, l’efficacia delle terapie che combinano in un unico farmaco più principi attivi. All’interno della coorte Icona, la più grande a livello nazionale, che raccoglie pazienti Hiv-positivi di tutti i centri italiani – riferisce la scienziata – andremo a verificare se chi passa a questi ‘mix’ riesce effettivamente a mantenere nel tempo la stessa competenza immunologica raggiunta con i regimi che prevedono la somministrazione di più medicinali”. Un’informazione preziosa per i clinici che potranno effettuare lo switch con maggiore tranquillità, e per le persone in cura che potranno semplificare il loro schema terapeutico.

Si è aggiudicato sia un Community Award da circa 25 mila euro sia un premio etico da 5 mila Carlo Oneto, del Comitato provinciale Argigay ‘Antinoo’ di Napoli. Il suo progetto si chiama ‘Street Art’ e utilizza uno dei linguaggi urbani più eloquenti per ribadire il valore della prevenzione e per misurare e contrastare lo stigma che ancora resiste sull’Hiv. (segue)

“Con un bando – annuncia l’ideatore – selezioneremo a nostra volta 15 artisti di strada fra persone ‘sierocoinvolte'”: non necessariamente sieropositive al virus, ma anche solo vicine a una persona cara che lo è, o comunque familiari al tema. Parleranno attraverso “muri, tele e opere visuali, provando a riallineare la vecchia percezione dello stigma a una percezione aggiornata, più accessibile e fruibile da tutti. Qualcuno potrebbe chiedersi: e se fosse un fallimento? Sarebbe comunque un grande successo”, assicura Oneto, perché durante la realizzazione del progetto verranno registrate le reazioni prodotte, i sentimenti suscitati, compresi gli eventuali rifiuti. “Alla fine leggeremo quanto raccolto e documenteremo lo stigma”.

C’è infine Carmine Falanga, della sezione lombarda di Anlaids, al quale è stato assegnato un Digital Health Award da 40 mila euro per il progetto ‘Ulisse’. L’intenzione è quella di trasformare in uno strumento utile alla ricerca, oltre che alla popolazione, l’esame capillare dell’Hiv. “Da 2 anni questo autotest è disponibile in farmacia, come pure su alcuni siti online. E’ un modo nuovo e utile per avvicinare le persone a un’analisi che ancora spaventa, però il rischio – puntualizza – è quello di disperdere una grande mole di dati preziosi”.

“Stiamo quindi studiando forme di comunicazione ad hoc, dai depliant a supporti digitali, per invitare chi acquisterà il test a registrarne l’esito su una piattaforma web. Il rispetto della privacy è totale e garantito – tiene a puntualizzare Falanga – Sarà sufficiente fornire pochissime informazioni come il genere, l’età e il luogo di residenza, se una città o altro. Questo ci permetterà di capire chi si sottopone al test e soprattutto perché: un’informazione per noi fondamentale”.