Gli esperti, dopo farmaco impegno per screening neonatale sulla Sma

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Milano, 11 ott. (AdnKronos Salute) – I risultati osservati con nusinersen, primo trattamento per l’atrofia muscolare spinale approvato in Italia, “non lasciano ombra di dubbio: prima si interviene e meglio è”. A spiegarlo oggi durante un incontro a Milano è Eugenio Mercuri, dell’Unità operativa complessa di neuropsichiatria infantile del Policlinico universitario Gemelli di Roma. “Cominciare la terapia quando i motoneuroni” colpiti dalla Sma “sono ancora conservati, prima della progressione della malattia, si ottengono dei risultati migliori. Per questo”, soprattutto in vista di un futuro che sta cambiando, “fondamentale è la diagnosi precoce – sottolinea lo specialista – Si sta lavorando per implementarla. E idealmente uno screening neonatale ci consentirebbe di identificare i bambini con la malattia ancora prima della comparsa dei segni. Per ottenerlo abbiamo già avviato contatti”.

Il traguardo potrebbe essere ora più a portata di mano “in presenza di un farmaco – spiega Mercuri – perché prima la discussione si era fermata proprio sul nodo di non poter offrire una terapia una volta appresa la presenza di una Sma. Abbiamo una legislazione che consente di fare lo screening neonatale metabolico. Quello per la Sma sarebbe un test genetico. Vedremo se si otterrà di avviarlo. Noi specialisti spingiamo tantissimo”, con argomentazioni anche di carattere economico, “perché intervenendo prima che la malattia si manifesti i soldi investiti nello screening sarebbero guadagnati dopo, con i risparmi che si otterrebbero sull’assistenza”.

A evidenziare l’importanza della diagnosi precoce, continua Mercuri, “sono anche i risultati di un terzo studio condotto su una popolazione piccola di bambini pre-sintomatici, identificati prima della comparsa dei segni”. Fra i centri coinvolti nello studio ‘Nurture’ anche l’ospedale Bambino Gesù di Roma. “Abbiamo trattato bambini dopo la nascita – spiega Enrico Bertini, Unità di malattie neuromuscolari e neurodegenerative dell’Irccs pediatrico romano – Lo studio sta continuando. In una buona percentuale di pazienti non abbiamo riscontrato la comparsa dei sintomi, mentre in una piccola percentuale abbiamo avuto qualche sintomo residuo ma con condizioni molto migliori rispetto a quello che si poteva attendere in relazione alla storia naturale di malattia”.

L’impegno adesso, spiega Mercuri, è per “coinvolgere soprattutto i pediatri che sono il primo referente dei bambini. Alcune volte, trattandosi di una malattia rara, passa tanto tempo dalla prima osservazione del medico. Riuscendo a ridurre i tempi che vanno dalla prima preoccupazione del genitore al momento della diagnosi, anticipiamo anche il tempo della terapia”. Se i risultati nel tempo si confermeranno consistenti, “la malattia non dovrebbe avere lo stesso volto nei prossimi anni, sia perché nei bambini piccoli la storia naturale è già modificata in modo evidente e sia perché nei ragazzi più grandi vediamo dei primi segnali – continua lo specialista – Vedremo dei fenotipi nuovi, dovremo rivisitare le conoscenze acquisite finora, e adattare gli standard di cura a nuovi bisogni dei pazienti, prima inimmaginabili. Ma soprattutto, laddove prima potevamo dare solo comunicazioni di tipo consolatorio, ora abbiamo una speranza da offrire”.

C’è poi il nodo dei centri per garantire un accesso ampio e in tempi congrui al farmaco, dopo l’autorizzazione all’immissione in commercio concessa dall’Aifa. “Adesso si apre una nuova pagina – sottolinea Daniela Lauro, presidente nazionale di Famiglie Sma – Fino a oggi abbiamo avuto pochi centri specializzati nella gestione della nostra malattia. Adesso, poiché i pazienti che ci aspettiamo sono almeno 850, abbiamo bisogno di un centro in ogni regione, preparato sulla patologia” e in grado di gestire la somministrazione intratecale del farmaco in questi pazienti. Le 5 strutture coinvolte finora nelle terapie faranno scuola. “La nuova sfida per l’associazione è aiutare i centri a crescere nel più breve tempo possibile per poter dare ai nostri ragazzi la possibilità di accedere alla cura, che rappresenta una speranza per i nostri bimbi e soprattutto per quelli che verranno”.

Ed era proprio mirata all’obiettivo di potenziare i centri la campagna di raccolta fondi lanciata con un nuovo spot, che vede protagonista l’attore comico Checco Zalone, “La campagna si è chiusa nei giorni scorsi – conferma Lauro – e come gli altri anni gli italiani hanno risposto all’appello. Ci possiamo considerare soddisfatti del risultato raggiunto, su cui avremo un dato definitivo a breve”.