Chiusa la tornata elettorale in Sardegna, a qualcuno una considerazione tra il serio e il faceto sarà senz’altro venuta fuori o è in punto di farlo. Essa consiste nel fatto che, tra i tanti paesi conosciuti attraverso la lettura di romanzi adatti a ogni tipo di età- quello dei balocchi, l’altro dei lillipuziani e via elencando -l’ Italia potrebbe essere definita, a ragion veduta, il paese delle marginalità. Se è vero che i vari bollettini che riportano le elaborazioni di grandezze economiche e sociali del Paese evidenziano che le stesse crescono o diminuiscono in ragione di decimali o frazioni di punto che definir li si voglia, anche il risultato delle votazioni nella terra dei Nuraghi ha seguito lo stesso andamento. È probabile che sia lo spirito del tempo che da sempre vuole che chi si contenta gode. Non è prudente però discutere con entusiasmo marcato, perché è altrettanto valida l’altra affermazione, quella che riporta che fu per un punto che Martin perse la cappa. Mentre la politica sta facendo di tutto per esaltare il risultato di quelle votazioni, altri Italiani stanno operando fuori dei confini di stato e altri gioielli di famiglia vengono riconosciuti meritevoli del primato nella qualifica che annualmente li ordina a livello planetario. È quanto accaduto alla Cassa Depositi e Prestiti, che si è qualificata prima per sostenibilità di un gruppo di oltre mille realtà finanziarie nel mondo, l’Esg Risk Rating. Tale risultato è venuto fuori dopo che sono state passate al vaglio da un ente di valutazione dei protagonisti della finanza qualificato, qual è il Morningstar di Chicago. Orgoglio nazionale e ancor più significativo in quanto nei due anni passati dalla compilazione dell’ultima graduatoria, la CDP ha guadagnato dieci punti. Sono questi i risultati (variazioni a doppia cifre di un indice) che, di norma, aprono, per chi dipende in qualche modo dagli stessi, un periodo di serenità o reso triste da cruccio, a seconda della zona del piano cartesiano dove lo stesso si muove. Sono anche altri i comportamenti adottati da italiani che sostengono l’indice di gradimento di oltre confine. Dopo la riunione dell’ Ecofin della scorsa settimana, il consulente per il rilancio della UE e quindi delle sue vicende economiche e finanziarie, l’ Italianissimo, seppure di formazione internazionale, Professor Mario Draghi, ha ritenuto opportuno rincarare la dose di raccomandazioni a chi è stato coinvolto dalla Commissario Von der Leyn nell’opera di restyling della UE. Ancora una volta il Professore di Economia nazionale è stato seguito con grande attenzione quando ha ribadito che la Casa Comune, per rimanere al livello conquistato tra le superpotenze, deve investire una grande quantità di euro. Deve cioè essere sottoposta a un tagliando ben articolato, come se fosse un’ auto d’epoca e, allo stesso tempo, completata di quelle componenti che ancora mancano. Sono quelli indispenabili perché essa diventi a pieno titolo protagonista sul palco internazionale. Sono tutti accessori di grande rilievo, qualcuno ancora di più. Ribadendo quanto appena scritto, il primo remake della commissione dovrebbe essere una revisione profonda dei poteri e delle regole della BCE. Se messa in condizioni di operare se non come la FED, quasi, i problemi finanziari al suo interno saranno risolti molto più in fretta. Oltre la finanza che è l’argomento clou della ricerca, il Professor Draghi ha pungolato gli addetti ai lavori per tutto quanto deve – non dovrà – essere “cantierato” quanto prima: la giustizia, il fisco, la difesa e altre esigenze rilevanti al fine di raggiungere l’ indipendenza necessaria per competere ai massimi livelli. Non sarà stato un caso se il Consulente Italiano ha ricordata più di una volta che il suo incarico lo ha ricevuto a settembre dello scorso anno dalla Commissario Von der Leyen. I risultati di quella ricerca, non lo ha detto, ma certamente l’avrà pensato, a giugno non è certo che li consegnerà alla stessa persona. A quell’ epoca sarà in carica il nuovo parlamento e l’augurio che ognuno deve rivolgere in primis a sé stesso, è che possa continuare a operare sul sentiero tracciato da quello attuale.