J.W. Goethe, gigante della letteratura tedesca, meglio di tanti altri altri seppe descrivere le tappe della vita. Nel suo capolavoro, Faust, parte dall’età giovanile, definendola come la fucina dell’intera vita, destinata a concludersi con l’età olimpica, la vecchiaia. Quanto corrisponda al vero tale osservazione – Goethe dedicò una sessantina di anni della propria esistenza all’affinamento di tali osservazioni – è sotto gli occhi di tutti. Il professor Mario Draghi, liceo dai Gesuiti a Roma, studi di economia alla Statale della stessa città, dove fu allievo anche del Professor Federico Caffè, in questa brutta fase per l’umanità sta dimostrando quanto valga ciò che un tempo, in maniera aulica, veniva definita la “severità” di un percorso di studi, nell’accezione più ampia di tale definizione. Non si spiegherebbe diversamente quanto è accaduto giovedì, prosieguo solo in parte immaginabile di una strategia che il Premier italiano ha adottato nei confronti di quanto sta accadendo a est ormai da oltre tre mesi. Draghi ieri ha chiamato Putin e è stato circa un’ora al telefono con lui. Ancora una volta non è riuscito a cavarne un ragno dal buco, segno inequivocabile del divario che ha in sé il personaggio, cioè tra quanto dice e quanto pensa. Pur avendo ricevuto più di una risposta negativa dall’oligarca da romanzo di fantapolitica, il Premier italiano non si è arreso. Nè è credibile che lo farà, non fosse altro che per un particolare tutt’altro che di poco conto. Quando la caldaia della guerra era sul punto di esplodere, fu l’inquilino del Cremlino a invitare di sua iniziativa il Capo del Governo del Bel Paese a Mosca; segnale quello di indiscutibile riconoscenza della sua valentia e del suo carisma.
Lo Zar di terracotta è però contornato da cortigiani (“vil razza dannata”) della portata di Lavlov, ministro degli esteri di quel paese, solo per citare uno tra quelli che compare di più nelle riprese di ogni genere. Nell’immaginario collettivo il consigliere fraudolento per antonomasia del sovrano, ha le sembianze di Sir Biss, l’infido serpente che è accanto a Giovanni, re fasullo di Inghilterra, nel cartoon di Disney tratto dalla storia romanzata di Robin Hood. Talvolta il destino è beffardo e, nel caso di specie, l’animale umanizzato della favola e l’umano animalizzato della realtà attuale, si somigliano anche fisicamente. In tal modo il mondo assiste al delirio lucido di quella che può essere paragonata a una equipe di medici al capezzale di un moribondo, il sistema economico russo, che si affannano a ripetere che lo stesso è prossimo alla guarigione. Bene ha fatto il Premier Draghi, nel corso della telefonata di cui sopra, a cercare di portare a casa il più possibile, cioè la riconferma che le forniture di gas dalle steppe al Paese non subiranno ridimensionamenti. Tutto ciò dopo l’ennesimo riscontro che non c’è persona meno ragionevole di chi è innamorato delle proprie idee, quindi in una situazione di conclamata irrazionalità. Se Putin manterrà la parola data, comportamento tutt’altro che certo, probabilmente il Primo Ministro riuscirà a mettere in sicurezza il sistema produttivo italiano in un’area di riserva energetica ben protetta, giusto in tempo per traghettarla verso soluzioni diverse di più ampio respiro. È credibile e auspicabile che l’esecutivo italiano continui a operare come sta facendo, dicendo a chiare lettere la verità sulla gravità delle condizioni del Paese. Del resto è chiaro che l’Italia non ha da rimproverarsi niente per la situazione in cui si trova attualmente se non la politica poco accorta dei governi che si sono alternati in precedenza per l’approvvigionamento di idrocarburi. La questione trae origine da fatti datati e, alla soglia del passaggio armi e bagagli all’utilizzo delle energie rinnovabili, si sta dando foma a un correttivo. Vale a dire a un corridoio temporale, il più breve possibile, di transizione che preveda l’utilizzo della meno inquinante della fonti attualmente utilizzate, quella del gas. Allo stato, soprattutto per l’Italia, ma poco meno assillante anche per il resto della EU, compresa l’Inghilterra, ciò che turba maggiormente il sonno è l’interrogativo quanto costerà e chi pagherà il conto di una trasformazione che può essere definita sin d’ora epocale. Intanto le informazioni economiche che arrivano dai punti nevralgici dell’ Italia, degli altri paesi europei e dalla stessa EU ,sono in netto peggioramento rispetto ai dati considerati alla fine del primo trimestre. Tutto ciò quando manca ancora più di un mese alla fine del secondo. Gli indicatori normalmente adoperati in questo tipo di analisi sono indiscutibilmente poco rassicuranti: a volerlo credere, ma occorre una dose di ottimismo king size, il sistema Italia è prossimo a entrare in recessione. Semprechè non sia già successo e chi di competenza, distratto dai rumori sgradevoli provenienti da dentro e da fuori la maggioranza, non se ne sia accorto. Alla recente festa del Santo Patrono nel villaggio, a conclusione dei fuochi che hanno chiuso la tre giorni annuale di alternarsi di sacro e profano, alcuni villici si sono soffermati a commentare l’evento. Hanno preso spunto dalla quantità di fuochi d’artificio esplosa e si sono trovati d’accordo nel sostenere che, da un anno all’ altro, la loro potenza era calata di molto. Del resto, anche gli altri connotati della festa erano risultati fortemente ridimensionati. Al che uno di loro ha ritenuto doveroso declamare una frase appresa dal suo bisnonno. Quest’ultimo l’avrebbe tirata fuori in tempo di guerra per affermare che, nella fattispecie, bisognava adottare cristiana rassegnazione. “L’ acqua è poca, ossia scarseggia, perciò la papera non galleggia”, avrebbe detto l’avo, mentre un suo compagno d’armi napoletano, con il quale aveva combattuto in Africa, sentenziava con fare solenne: “non si può friggere con l’acqua”. Rigoletto dice: “questa o quella per me pari sono”. Ciò non toglie che l’ umanità non sta andando incontro a un’età dell’oro. Nè, tantomeno, a quella della’ argento. È meglio fermarsi e non scendere nei particolari.