Sei grandi tele per un’arte democratica

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di Azzurra Immediato

“Questo avrei potuto farlo anche io!”. Tutti noi, almeno una volta, dinanzi ad un’opera d’arte contemporanea scevra da accademismi tradizionali, abbiamo sentito pronunciare questa frase dagli astanti, se non quando, invece, ad affermarlo siamo stati noi stessi. Ammettiamolo.

In tale solco si potrebbero intersecare sia il significato medesimo di arte, sia la valenza del concetto di ruolo sociale di artista; persino in modo provocatorio. Ed è secondo questa dimensione ontologica e concettuale che nasce il progetto Tutto astratto, Astratto di Tutti, ideato dall’artista Giuseppe Leone, in collaborazione con Buonalbergo città d’Arte, la Pro Loco della cittadina sannita, il Palazzetto delle Arti, l’evento Slow isGood ed il Comune di Buonalbergo (Bn) che ha dato il via al programma artistico del 2018.

Ecco, dunque che, quel “avrei potuto farlo anche io!” si è tradotto in realtà, secondo le regole del “gioco serio dell’arte” di cui il maestro Leone ha offerto le redini alla comunità nelle giornate del 3, 4 e 5 gennaio 2018.

 

Cos’è l’Astrazione? E cosa è il Tutto? Termini e concetti opposti eppure complementari che, fondendosi, hanno trovato nell’arte il modo di far dialogare le proprie identità. Ed è nella dimensione della ricerca identitaria, del recupero di quel profondo rapporto con le proprie radici – interiori e culturali – che nasce il progetto di Giuseppe Leone per la sua città natia. L’idea di un’arte democratica entra, in tal modo, in un dibattito di ampiezza sociale, assumendo valore di radicalità atavica, originando una performance, atto artistico capace di ri/creare un legame viscerale tra i luoghi di Leone e la sua gente, senza, tuttavia, protagonismi di sorta. Il filo conduttore di questa esperienza si è dipanato nello spazio pubblico per eccellenza, laddove su sei grandi telari, i cittadini sono stati chiamati ad intervenire pittoricamente in maniera completamente libera; alcun limite, infatti,è stato posto al modo di interagire con il colore, con la materia, con lo spazio. Dal magma vitale del Tutto ognuno ha potuto Astrarre qualcosa che sentiva, immaginava, percepiva. La commistione tra i punti cardine della creativitàè divenuta il nodo centrale di una operazione che ha svelato qualcosa di primigenio, di antropologico ed etnico, ma non – solo – alla maniera filosofica o psicologica, bensì attraverso la provocazione pop, la sfera della commistione di tutto e tutti, nell’idea di comunità unita e coesa in un atto performativo in grado di abbattere qualsivoglia dissidio tipico di una umana società.

 

 

Grandi tele che funzionano in maniera teatrale per farsi oggetto di catarsi, svelamento di passioni sommerse, dialoghi mai messi in atto. I primi a cogliere il fil rouge di tale performance sono stati, naturalmente, i bimbi, anime nobili che, tra tele e colori hanno sprigionato la propria forza, la propria energia, generatrici di verità; a seguire, l’entusiasmo ha contagiato tutti, in maniera sorprendente. Nelle giornate di Tutto astratto, Astratto di Tutti, lo stesso Giuseppe Leone si è chiesto, ed ha chiesto, se anche questa è arte, ovvero quella volontà di tutti ad intervenire sulle tele, con il proprio gesto, la propria firma interiore lasciando una traccia. La provocazione di Leone è parallela alla fondamentale semantica del segno, alla simbologia del gesto – libero ed epifanico – registrato, non solo e non già quale atto artistico, ma anche quale tratto storico, puntualmente annotato secondo una sorta di archiviazione in grado di generare un arco temporale di vita; ciò che resterà sulle sei tele mostrerà, infatti, uno spaccato della vita di Buonalbergo, quasi un secolo della comunità unita in maniera ‘astratta’ e fusa in modo da originare un limbo, utopico eppur possibile, tangibile da un punto di vista storico e sociale, oltre che artistico.

Il segno, dunque, quale soggetto ed oggetto di una sorta d’impronta che resta oltre il tempo, rendendo eterno il proprio passaggio in questa vita, ha assunto, qui, una valenza semiotica caratterizzante e complessa. La dimensione di circolarità è rin-traccia-bile nel gesto che si è dipanato, come un filo unico, sulle tele dipinte, divenute, pertanto, segno materico del popolo di Buonalbergo. Non una sola voce, bensì una moltitudine di tracce, di simboli, di espressioni, per dar vita ad una nuova lingua collettiva che è memoria e, al tempo stesso, sguardo al futuro.