Green Blue Days, Uricchio (Cnr): Acqua tema trasversale, da ricerca soluzioni concrete

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in foto Vito Felice Uricchio, dirigente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr)

“La ricerca continua a offrire soluzioni in ogni ambito ed esprime un importante contributo nell’intera filiera della conoscenza sull’acqua, sino alla definizione di metodologie gestionali e tecnologie innovative, divenendo supporto scientifico indispensabile per la pianificazione e la programmazione”. Vito Felice Uricchio, dirigente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, non ha dubbi: ” La letteratura scientifica internazionale ci dice che l’implementazione di Smart Water System – da sola – consente un risparmio medio di circa 30% sull’uso di energia, una riduzione del 20% delle perdite idriche e un calo del 20% delle interruzioni del servizio: una strategia vincente che la transizione digitale può sostenere”. Il dirigente del Cnr sarà alla terza edizione dei Green Blue Days il prossimo 27 settembre per rispondere alle domande di Giulia Sironi di Aurora Fellows nell’ambito del talk dal titolo “La via sostenibile per la gestione della risorsa idrica”.

Professor Uricchio, ai talk dei Green Blue Days 2023 parlerà diffusamente del suo approccio scientifico nell’affrontare in maniera integrata le convergenze che le due transizioni gemelle (digitale e green) offrono… Di che si tratta?
L’ecologia ci insegna a ragionare sulle connessioni e le relazioni ed i dati da analizzare per una corretta analisi ecologica sono estremamente numerosi, in tale direzione le due transizioni ecologiche e digitali, operando sinergicamente, possono offrire importantissimi riscontri. La transizione ecologica e lo sviluppo sostenibile assumono caratteristiche profondamente trasversali, che si riferiscono ad un cambiamento fondamentale nella visione della crescita economica e dello sviluppo. Anche la transizione verso una migliore efficienza di spesa, aspetto che particolarmente rilevante nell’era del PNRR, può beneficiare dell’apporto digitale. Infatti, in alcuni contesti, il divario digitale vulnera gli stessi principi di efficienza della spesa, di rapidità nelle decisioni e di accesso democratico all’informazione per una cittadinanza attiva: aspetti particolarmente rilevanti nei percorsi dell’Agenda 21.
Le tecnologie come i Digital Twin, i sistemi IoT, l’edge computing, l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico possono offrire enormi vantaggi in termini di sostenibilità. Ad esempio, molte industrie utilizzano i gemelli digitali per ispezionare le infrastrutture idriche, per ridurre le perdite o per ottimizzare la gestione delle risorse idriche. L’intelligenza artificiale può aiutare a comprendere in modo preciso come indirizzare le manutenzioni delle reti o degli impianti per ridurre gli sprechi. 

La maggior frequenza dei periodi siccitosi da un lato e le alluvioni che hanno devastato l’Italia negli ultimi mesi dall’altro, pongono interrogativi molto seri su come contenere gli effetti del cambiamento climatico anche nel nostro Paese. Un tema che sembra essere uscito dalle discussioni teoriche per atterrare prepotentemente nella vita di tutti i giorni. La ricerca quali soluzioni suggerisce per la gestione delle acque?
Nel quadro dei cambiamenti climatici in atto, la siccità è sicuramente uno dei disastri naturali più distruttivi, poiché causa impatti severi quali perdite di raccolti su vasta scala (in molti casi abbiamo riduzioni delle produzioni agroalimentari attorno al 50% sino alla perdita totale dei raccolti), provoca incendi dovuti al disseccamento, stress idrico e può determinare una importante perdita di biodiversità anche nei corpi idrici, che rimanendo a secco, non possono ospitare la vita dei pesci e di molte altre specie. Gli impatti sulla vegetazione provocano perdita di qualità degli habitat, maggiore erosione del suolo, la frammentazione del territorio, la riduzione della densità delle coperture vegetali ed anche una riduzione della produzione di energia idroelettrica (magari proprio nei periodi estivi quando ne consumiamo di più per la climatizzazione). In aggiunta anche la fusione anticipata delle nevi crea difficoltà ecologiche e nella gestione delle risorse idroelettriche.
L’aumento termico, conseguente ai cambiamenti climatici in atto, ha accresciuto la persistenza dell’acqua sotto forma di nuvole (cioè di vapore acqueo), determinando un complessivo aumento dell’energia del sistema con l’incremento dei disastri naturali, tra cui le alluvioni.
La ricerca continua a offrire soluzioni in ogni ambito ed esprime un importante contributo nell’intera filiera della conoscenza sull’acqua, sino alla definizione di metodologie gestionali e tecnologie innovative, divenendo supporto scientifico indispensabile per la pianificazione e la programmazione. La ricerca offre soluzioni in ogni ambito, incidendo positivamente sia sul piano qualitativo che quantitativo che delle acque: sviluppa tecnologie di trattamento in grado di rimuovere efficacemente gli inquinanti, favorendo il riutilizzo in ogni ambito (anche industriale, oltre che agricolo), genera ammendanti a lento rilascio che trattengono l’acqua nel suolo ed evitano il rilascio di nutrienti e fitofarmaci, sviluppa sistemi per ricercare e riparare rapidamente le perdite nelle condotte (es. no dig) ed in ogni ambito di utilizzo, sviluppa approcci per utilizzare invasi sotterranei meno vulnerabili all’inquinamento ed all’evaporazione, sviluppa tecnologie per estrarre dalle acque reflue importanti materie prime utilizzabili in ambito energetico ed industriale e tanto, tanto altro.

Il problema delle acque è anche e soprattutto un problema economico per l’Italia. Si può puntare su un’agricoltura sostenibile e meno idroesigente?
Le acque sono centrali in qualsiasi aspetto dell’economia ed in numerose parti del mondo è particolarmente evidente un legame tra disponibilità delle risorse idriche e PIL. Tale relazione assume sempre maggiore rilevanza anche a seguito dell’importante incremento demografico su scala mondiale che ci ha portato a superare, poco meno di un anno fa, gli 8 miliardi di abitanti. Si pensi che per le molteplici esigenze ed utilizzazioni di natura domestica, agricola ed industriale, il fabbisogno idrico si è incrementato di circa 600 volte negli ultimi 100 anni. In aggiunta anche i cambiamenti climatici fanno la loro parte con il costante incremento delle temperature che determina un importante aumento dell’evaporazione con maggiore necessità di irrigazione. A causa dell’aumento delle temperature, si pensi che dalle superfici dei nostri invasi, laghi e fiumi in Italia perdiamo non meno di 10.000 mc/anno per ogni ettaro di superficie dello specchio d’acqua.
L’agricoltura è particolarmente esposta a queste criticità sia per la riduzione delle disponibilità idriche ma anche per eventi estremi che rischiano di distruggere interi raccolti. In aggiunta l’agricoltura utilizza, sui nostri territori, circa il 70% delle nostre disponibilità idriche. Occorre anche in agricoltura un deciso cambiamento, coltivando in pieno campo solo colture meno idroesigenti e più resistenti ed in serre, possibilmente in idroponica, il resto delle coltivazioni. Si immagini che con l’idroponica possiamo risparmiare fino al 90% di acqua, riducendo anche i nutrienti ed evitando completamente i fitofarmaci.
Le componenti centrali di questa rivoluzione agricola a risparmio idrico sono costituite, in primo luogo, dal miglioramento dei sistemi irrigui, mediante un ampio utilizzo delle tecnologie di irrigazione a goccia che consentono un uso dell’acqua più efficiente, equo e rispettoso dell’ambiente. In tale direzione è possibile ricorrere a sensori low cost distribuiti sul suolo, integrati da sistemi di rilevazione con droni e satelliti. Un valido esempio, in tal senso, è rappresentato dalla piattaforma DSS AGROSAT che sfrutta anche osservazioni satellitari del programma Copernicus, sviluppata dal CNR. Anche l’impiego di veicoli agricoli robotizzati riveste un ruolo chiave per l’acquisizione di dati di prossimità direttamente in campo e l’attuazione di metodi di farming più efficienti. Anche il recupero e la valorizzazione di genotipi/ecotipi “resilienti al clima” costituisce una valida strategia per aumentarne la resistenza alla siccità e l’efficienza dell’uso dell’acqua.
In tale direzione il miglioramento genetico basato sulle moderne biotecnologie, le tecniche di evoluzione assistita (TEA) o New Breeding Techniques (NBT), come per esempio la cisgenesi, il gene editing e la mutagenesi rappresentano oggi una strategia particolarmente promettente. In aggiunta lo sviluppo delle piattaforme di fenotipizzazione con l’impiego di sensoristica innovativa multiscala, come quella iperspettrale da proximal sensing, interazioni di network di sensori e database con le scienze omiche ed agronomiche potranno comportare un’importante accelerazione della selezione genetica che consentirà di raggiungere incrementi di produttività da parte delle piante di circa il 20% e risparmi nell’uso delle risorse, acqua in particolare, superiori al 40%. In ultimo le serre verticali, ad esempio con la trasformazione di capannoni abbandonati in siti produttivi e l’incremento della sostanza organica nei suoli possono apportare importanti vantaggi. Si pensi che un incremento dell’1% nel contenuto di sostanza organica può garantire fino a 300 mc/ha di accumulo idrico nel suolo, disponibile per la vegetazione.

Si deve imboccare una strada di questo tipo anche per le produzioni zootecniche?
Attualmente, la produzione zootecnica globale necessita del 30% circa del fabbisogno complessivo di acqua del settore agricolo. La possibilità di raccogliere le acque piovane, disponendo di serbatoi di adeguate dimensioni, può fornire risposte significative. Nel settore zootecnico intensivo un’attenzione particolare richiede il recente tema dell’antibiotico resistenza, indotto da un impiego smodato di antibiotici, con significativi impatti sulla qualità delle acque, dovuti alla diffusione di plasmidi (piccoli frammenti di DNA, capaci di trasferirsi tra cellule differenti che influiscono sulla variabilità genetica) oltre che a meccanismi di inibizione della denitrificazione delle acque (con conseguenti effetti sull’eutrofizzazione) o della crescita delle piante (effetti agro-ambientali). L’antibiotico resistenza è una forma di inquinamento ed è una delle principali emergenze sanitarie mondiali che, come evidenziato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità può impattare sulla salute dell’uomo oltre che degli animali e dell’ambiente.

C’è poi il grande tema dell’erosione del suolo. Anche qui la gestione delle acque c’entra molto, vero?
L’erosione spesso comporta l’asportazione meccanica della parte più superficiale del suolo, particolarmente preziosa, perché spesso contenente più sostanza organica. Si immagini che per formare un solo centimetro di suolo dalla roccia madre, possono essere necessari sino a 1.000 anni: suolo che può essere asportato con un solo evento erosivo intenso.
A causa dell’erosione nel Pianeta ogni anno perdiamo 24 miliardi di tonnellate di terra fertile: impatto pesantissimo se consideriamo che 1,5 miliardi di persone traggono il loro sostentamento da terreni che sono a rischio desertificazione.
La parte più superficiale del suolo e più esposta all’erosione è particolarmente importante perché contiene comunità microbiche che svolgono fondamentali servizi ecosistemici.

Spesso lei ha parlato di acqua “a metro zero”. A che punto siamo? Le statistiche ci dicono che il nostro Paese trattiene soltanto l’11 per cento delle piogge a fronte di una media, ad esempio, spagnola che è di tre volte superiore. Manca la mentalità giusta? Le infrastrutture? O mancano risorse dedicate?
Purtroppo, si. Tratteniamo solo l’11% dell’acqua piovana: una percentuale straordinariamente bassa e di gran lunga inferiore alla media europea. Lo stoccaggio dell’acqua, nel luogo in cui si raccoglie l’acqua piovana è a bassa intensità energetica poiché il “metro zero” non comporta costi significativi di trasporto e sottrae acque al deflusso che può determinare allagamenti e/o erosione del suolo. Una strategia assolutamente vincente se consideriamo che l’acqua stoccata in serbatoi o nel sottosuolo di fatto non evapora.  Periodi siccitosi si sono spesso verificati nel passato, per cui dovremmo recuperare approcci che utilizzati dai nostri antenati per conservare questo bene particolarmente prezioso come l’acqua. I serbatoi non costano molto ed apportano importanti vantaggi, occorre agire sull’informazione e magari sostenere anche tali buone pratiche con interventi di fiscalità ambientale.

Perché gli italiani non si fidano dell’acqua del rubinetto di casa?
Nonostante l’eccellente qualità delle acque potabili italiane, attualmente il 29,4% delle famiglie italiane non si fidano a bere acqua di rubinetto. Le motivazioni possono ricercarsi in una questione di gusto o anche in una scarsa fiducia nella qualità dell’acqua che può essere compromessa anche da tubazioni vetuste nei condomini o da una modesta manutenzione delle autoclavi. Anche su questi temi una sana informazione e sensibilizzazione potrebbe essere importante.

La rete idrica italiana spesso viene definita un “colabrodo”, a causa soprattutto di una scarsa percentuale del tasso di rinnovo. Da dove ripartire per migliorare questa situazione e cosa chiedere a chi ci governa in termini di spesa pro capite per cittadino?
Il tema delle perdite delle acque dalle reti di distribuzione è di grande interesse. Sebbene la situazione italiana stia lentamente migliorando, perdiamo ancora il 36,2% dell’acqua immessa in rete e con essa dissipiamo anche tanta energia che ci serve per estrarla, a volte trattarla e trasportarla anche per centinaia di chilometri. Abbiamo città che perdono molto più della metà di acqua immessa in rete, quali a Siracusa (67,6%), Belluno (68,1%), Latina (70,1%) e Chieti (71,7%), etc. Tali perdite non sono giustificabili, specie ora che l’energia costa tanto e la siccità genera problemi di disponibilità. Il problema è che l’attuale tasso di rinnovo delle reti di distribuzione dell’acqua è di 3,8 metri per chilometro, per cui per rinnovare tutta la rete occorrono circa 263 anni: con questi numeri ci si rende conto che è necessario un deciso cambiamento di passo.
Occorre sicuramente investire di più in manutenzione ed anche a costo di qualche piccolo sacrificio, occorre attestarsi sulle medie europee di spesa per ridurre considerevolmente le perdite.
In aggiunta, la letteratura scientifica internazionale ci dice che l’implementazione di Smart Water System- da sola – consente un risparmio medio di circa 30% sull’uso di energia, una riduzione del 20% delle perdite idriche e un calo del 20% delle interruzioni del servizio: una strategia vincente che la transizione digitale può sostenere.

Tema acque reflue. Se opportunamente depurate, possono incidere sulla domanda irrigua italiana e in che misura?
Direi che è un’opzione indispensabile quella del riuso irriguo delle acque reflue depurate. Si pensi che in Israele si ricicla l’85% delle acque depurate e che le angurie che producono ed esportano nel mondo sono prodotte con il 93% in media di acque reflue depurate. In Italia le percentuali di riutilizzo non superano l’8%, ma anche noi dovremmo porci l’obiettivo di raggiungere quasi il 100% di riutilizzo. Un più ampio ricorso alle acque reflue trattate potrebbe soddisfare le esigenze in agricoltura e per usi industriali e urbani.