Guerra in Ucraina, la destabilizzazione avanza. E non si salvano neanche le Chiese

in foto Joe Biden e Papa Francesco

È iniziato il terzo mese di destabilizzazione mondiale causata dall’invasione russa dell’Ucraina e dei suoi dintorni. La terminologia usata ha la pretesa di chiamare con nome e cognome quanto sta accadendo, che è cosa ben diversa dalla esercitazione militare speciale, espressione usata da Putin e quanti gli stanno tenendo il sacco in quest’azione di barbarie inqualificabile. Il termine destabilizzazione vuole significare che in due mesi si sono alternati comportamenti provenienti da anni di relazioni bilaterali e anche con coinvolgimenti più ampi. È come se ogni relazione o altro tipo paragonabile di comportamento fosse stato messo in un frullatore che sta riducendo il tutto in poltiglia. Non si salvano da tale sorte neanche i rapporti tra i massimi esponenti di due tra le più osservate religioni monoteiste, la cattolica e la ortodossa. Francesco e Keryll si stanno comportando più o meno come due preti di campagna, pavidi e non sinceri, che non arrivano alle mani solo per rispetto dell’abito che indossano. Sono sì capi spirituali ma Francesco è anche un capo di stato e Keryll è palesemente e influentemente schierato con Putin. Possibile che, al di là di scambi di battute via etere e di generiche missive i due non abbiano trovato il tempo e il modo per incontrarsi e guardarsi negli occhi? Don Abbondio non sarebbe arrivato a tanto. A meno che entrambi non abbiano chiesto l’intervento dello spirito santo. Esso probabilmente starà tardando a intervenire per il suo impegno annuale con i riti della resurrezione che lo vedono coinvolto direttamente. Passando dal sacro al profano, è di facile riscontro che si sta intensificando un sistema singolare di relazioni tra chi tiene in mano le redini del mondo e tanto lascia perplessi: ognuno di loro sceglie di parlare con un interlocutore che ritiene importante per lo spegnimento del fuoco. Si sta così verificando che tutti parlino con tutti, con il risultato che a oggi la parola fine delle ostilità suoni sempre più come proveniente da lontano. Non per sminuire l’importanza di tale fattaccio, ma solo perchè la vita deve continuare, è necessario tenere nel dovuto conto la circostanza che il mondo è alle prese anche con un’ emergenza sanitaria creduta a torto esaurita, quale è la pandemia. A essa si è aggiunto un degrado socioeconomico che, voglia quanto appresso rivelarsi infondato, sta portando con sé, tra le varie conseguenze, la crescita della dimensioni di alcuni comportamenti che si riteneva fossero rimasti sostanzialmente appannaggio del secolo scorso. Quando il governo raccomanda di agire con parsimonia nell’ uso delle varie energie, altro non fa che mostrare l’altra faccia di un fenomeno sgradevole: l’avvio di interventi finalizzati al razionamento, pur senza arrivare all’ autarchia. Tale correttore artificioso dell’andamento libero di un mercato concorrenziale è tipico di una economia di guerra e, in quanto tale, non è certo un indicatore positivo. Soprattutto per un sistema economico impegnato a risalire la china, come è attualmente quello italiano. Può giovare comunque, sia al corpo che allo spirito, intendendo per loro la situazione economica e il morale degli italiani, constatare che qualcosa sta cominciando a girare per il verso giusto. Dopo quello del periodo pasquale, anche il ponte appena trascorso ha dato indicazioni positive per come potrà articolarsi, salvo inconvenienti imponderabili dell’ ultima ora, la stagione turistica prossima ventura. Con tutte le limitazioni presenti, oltre che di ordine preventivo e salutistico, anche di tipo economico, nel lungo week end appena trascorso si è assistito a un ritorno massiccio dei turisti nelle località vocate. Particolare molto importante è che il 90% circa degli italiani che si sono messi in viaggio ha preferito rimanere nei confini del Bel Paese. I vantaggi economici prodotti sono evidenti: quella parte del reddito che i turisti italiani hanno deciso di consumare in attività ludiche è rimasta nel Paese. L’ effetto moltiplicatorio, non fosse altro che per la leva finanziaria immediatamente prodotta, ha fatto ritornare più distesi i lineamenti degli operatori del settore. Ancora, l’ associazione Coltivatori Diretti ha fatto sapere, salvo a determinare le cifre con precisione, che sia a Pasqua che nell’ ultimo fine settimana, c’è stata una forte presenza, sia di italiani che di stranieri, negli agriturismi sparsi un pò ovunque nel Paese. Particolare importante è che parte di quei turisti erano già stati in strutture del genere, segno quindi che erano rimasti soddisfatti dell’esperienza precedente. Oltre che un importante indicatore sociale, quello di un ritorno dell’ interesse degli italiani e non solo nei confronti del mondo rurale, risulta confermata la tendenza all’ acquisto ragionato di quanto occorre all’ alimentazione giornaliera. Esso è sostanzialmente diverso da ciò che è usato al solo fine di placare fame e sete. Cibi che non appartenevano, fino a mezzo secolo fa, alla cultura nazionale. Inoltre le future generazioni in quelle strutture possono toccare con mano, è il caso di dirlo, che gli animali da cortile che vedono sui giornali o in TV esistono veramente. Ne desumono di conseguenza che il latte, le uova e il resto sono prodotti naturali e non creazioni artificiali. Un altro aspetto positivo di questo trend è la possibilità per gli agrituristi sempre più diffusa di poter comprare sul posto, quindi in linea con la tendenza attuale dell’acquisto di prodotti a Km 0, oltre che tradizionali del posto visitato. Spesso in quelle strutture è possibile apprendere le pratiche di preparazioni alimentari che il ricorso frequente al fastfood aveva contribuito a far rimanere nel dimenticatoio. Concludendo, non è credibile che questo ritorno di fiamma bucolico possa da solo rimettete in piedi l’economia del Paese. Certo è che può dare un contributo rilevante alla causa, coniugando due attività congeniali agli italiani, l’agricoltura e il turismo. Con qualcosa in più: la redditività di questa attività e ben superiore alla somma di quelle prodotte dalle singole da cui ha origine, una volta sommate. Si aggiunga che gli investimenti necessari per dar vita a tali realtà sono mediamente inferiori a quelli necessari per altri tipi di imprenditoria. Nè mancano nei suoi confronti agevolazioni e incentivi, soprattutto comunitari. Ciliegina sulla torta: l’espandersi di tali attività permetterà il ritorno alle origini di tante BRA, braccia rubate all’ agricoltura, attualmente perfino troppe.Con un tasso di disoccupazione elevato, quale è quello del Paese, il tutto avrebbe anche un buon risvolto sociale.