I germi della felicità

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All’avvio del Settecento si accende la luce dell’Illuminismo che abbraccia il progresso umano. Tra il 1705 e il 1723, in diverse edizioni, ne La favola delle api il medico e filosofo olandese Bernard de Mandeville (1670-1733) scrive: “La grande arte di rendere una nazione felice, o come dicesi fiorente, sta nel dare a ciascuno la possibilità d’essere occupato; per raggiungere il qual fine, sia prima cura del governo il promuovere una varietà di manifatture, d’arti e di mestieri quanta lo spirito umano può inventare” (citato da John Maynard Keynes).
Qualche decennio dopo, all’alba della rivoluzione industriale, Adam Smith lumeggiava sulla prosperità per tutti. Riferendosi agli Stoici, nella Parte VII (“Dei sistemi di filosofia morale”) della sua Teoria dei sentimenti morali (2001; 1759), Smith così scrisse:
“Tra gli oggetti morali che la natura ci ha raccomandato di scegliere, c’è la prosperità della nostra famiglia, dei nostri parenti, dei nostri amici, del nostro paese, dell’umanità e dell’universo in generale. La natura, inoltre, ci ha insegnato che se la prosperità di due esseri è da preferire a quella di uno solo, la prosperità di molti, o di tutti, deve esserle infinitamente preferibile. Ci ha insegnato che noi non siamo altro che uno solo, e che, di conseguenza, se la nostra prosperità è in contrasto con quella del tutto, o di una parte considerevole del tutto, deve cedere di fronte a ciò che è maggiormente preferibile”.
Al termine della prima guerra mondiale, quando l’economia cominciava a declinare per poi cadere molto bruscamente, nel 1919 John Maynard Keynes (1883-1946) portò la felicità all’attenzione del mondo degli affari, denunciando come “ripugnante e detestabile la politica di degradare la vita di milioni di esseri umani e di privare di felicità un’intera nazione”, come ricorda il suo biografo Robert Skidelsky (2019).
Negli anni Cinquanta del Novecento, la società opulenta si stagliava all’orizzonte. Il pensiero dominante era produrre torte sempre più grandi di cui tutti avrebbero beneficiato.
Ai giorni nostri, con pochi che al party dell’economia si appropriano di guadagni spropositati, l’attenzione, l’accettazione e il riconoscimento degli altri sono investimenti resi possibili dal capitale sociale che nasce dalla fiducia nel prossimo nutrita dalla socialità spontanea. È questo il terreno favorevole alla semina dei germi della felicità.

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