I giapponesi, la cultura del lavoro e quell’incomprensibile (per noi occidentali) “ansia” da ferie

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Per un Giapponese non è facile smettere di lavorare per andare in ferie. Anni fa ero in metropolitana e fui colpito da uno slogan apparso sul muro e nei vagoni che recitava: “Prenditi una settimana di vacanze”. Vi era ritratta l’immagine di un papà intento alla pesca in compagnia di suo figlio bambino tra una natura verde e rilassante. Ma questo era solo un poster: mai e poi mai un giapponese sarebbe stato convinto a prendersi uno svago simile per cosi tanto tempo. Non è facile e non è uso e costume in Giappone smettere di lavorare per tanto tempo come pure convincere un amico a fare settimane di ferie come in occidente. L’abitudine al lavoro e sacra, come pure rimanere in ufficio fino a tarda sera. La fedeltà aziendale è una dote che il Giappone apprezza all’infinito: infatti la mobilità del lavoro è inesistente.

Un giovane neolaureato viene assunto cresciuto e seguito fino alla pensione. Ricordo con stupore, nel mio primo viaggio di affari in Giappone, quando in uno scambio di biglietti da visita un giovane amico manager esclamò: “Alfonso san questo è il mio biglietto da visita e da questo momento in poi questo è il mio posto di lavoro e il mio numero di telefono. Da ora in poi e per sempre sarò qui“. Un segno preciso di dedizione al lavoro proiettato nel futuro che mi colpi profondamente. La carriera di un impiegato nipponico viene stabilita dall’inizio del rapporto lavorativo fino ad arrivare ad una età pensionistica a 55 anni. A nessuno conviene cambiare lavoro per non ripartire da zero.

L’azienda usa l’amalgama per stabilire un duraturo rapporto con i sui dipendenti. Gli stipendi, pur non essendo alti, vengono compensati da una serie di benefici aggiuntivi come colonie per i bambini, scuole, palestre, spacci dove poter comprare a buon mercato beni di prima necessità e per finire corsi di lingua e scuole da ballo: un perfetto mix per annodare un rapporto duraturo nel tempo. Per una azienda nipponica l’importante è seguire il personale anche nel tempo libero mettendolo a suo agio e incoraggiare l’amicizia e il lavoro di team tra i colleghi. Questa viene definita la politica “ Heimat” che tradotta vuol significare l’amore per la patria. In Giappone non esistono molti sindacati. In verità esiste una serie di unioni dei lavoratori con qualche rappresentante di categoria, come pure lo sciopero non rientra nella comprensione del lavoratore. A volte si sfocia in qualche dimostrazione in strada molto variopinta ma che finisce subito, senza far rumore ne danni. Lo sciopero viene definito “Suturaiku”, che vale a dire: un uso curioso di dimostrare. Nel rapporto dipendente ed azienda regna la fedeltà come etica tipica della forma mentis dei Samurai. Meditate prima di andare in vacanza.