I giudici e quell’eterna, irresistibile (e riprovevole) voglia di mettersi in politica

Definire contraddittori i comportamenti di una ben determinata categoria di servitori dello stato o ex tali sarebbe un eufemismo.
Poco al di sopra si andrebbe sostenendo che gli stessi personaggi predicano bene e razzolano male. La corretta definizione di tale modo di fare è irriferibile, pena come minimo una incriminazione per comportamento irriverente, mai comunque per oltraggio o diffamazione. Circa 40 anni orsono, nel Paese alcune componenti del potere giudiziario, per motivazioni ancora oggi non del tutto chiare, equivocarono su quale fosse il loro specifico compito all’interno del potere giudiziario. Che ciò sia avvenuto in buona o cattiva fede, probabilmente con precisione non si saprà mai, certo è che la giustizia da allora cominciò sempre più a porsi a un passo dall’inquisizione e, ancora oggi, tant’è. Una firma del giornalismo di qualità dell’epoca con un passato di partigiano di prima linea, al secolo Giorgio Bocca, ebbe a commentare lapidariamente quanto era accaduto al Pio Albergo Trivulzio, dando origine al caso giudiziario show Mani Pulite. Quello stesso che sarebbe stato considerato negli anni il padre di tutti i casi di giustizia spettacolo che non poche volte sono arrivati a essere definiti casi di mala giustizia. Quel giornalista partigiano o viceversa arrivò alla pronuncia di un anatema che ancora oggi non lascia tranquilli. Affermò che di lì a poco l’Italia sarebbe stata teatro di uno dei più pericolosi attentati alla Costituzione che si potessero immaginare, cioè il tentativo del potere giudiziario volto a sostituirsi a quello legislativo. In quaranta anni circa, su quel tema gli italiani e non solo loro hanno avuto modo di assistere ai comportamenti più rocamboleschi di alcuni dei facenti parte della Casta. Vale la pena aggiungere che alcune larvate rampogne del potere politico nei confronti delle toghe, più precisamente un fermo invito a rimanere nei ranghi a svolgere i ruoli di loro competenza, fu interpretato da questi ultimi come un episodio di lesa maestà.
Per tutta risposta lor signori decisero di incrociare le braccia, detto con altro termine di scioperare. Tanto non è avvenuto molto anzitempo all’ orco, ma appena qualche mese fa è quella dimostrazione, se non è stata un flop, è andata molto vicina a esserlo. Nel contesto non si intende riflettere sul numero degli aderenti alla protesta, piuttosto alla simbolicità del gesto. Non è fuori luogo credere che quanti seguono questo genere di diatribe siano andati con la mente a Giovenale che, rivolto col pensiero ai predecessori di quella genia, scrisse:in una delle sue satire: “Quis custodiet ipsos custodes?”. Tornando all’ attualità, si sta assistendo a una disponibilità non comune a essere candidati in determinate liste da parte di alti magistrati collocati da poco in quiescenza. Essendo gli stessi fuori del proprio campo di azione, in teoria non farebbero niente di sconveniente accettando la candidatura. Se ci si spinge appena poco più in là con l’indagine, non è difficile ipotizzare qualcosa che sconta un vizio antico. La toga a riposo che si adopererà per conquistare uno scranno in Parlamento, non sarà stato certamente folgorato dal sacro fuoco della politica subito dopo l’andata in pensione… Come si possa credere che una siffatta forma mentis possa aver consentito a un magistrato di giudicare con serenità deve essere cercato nel Libro dei Misteri. A questo punto correttezza vorrebbe che, prima ancora di sottostare a un obbligo di legge, dovrebbe essere la propria sensibilità a far mettere da parte certe idee a chi venisse a trovarsi di fronte alle proposte appena accennate. Difficilmente i protagonisti di questa tornata elettorale sapranno resistere al canto delle sirene di Montecitorio. Secondo le previsioni di chi si occupa professionalmente di questi argomenti, ci sarà scarsa affluenza alle urne. Certo le considerazioni innanzi espresse che faranno in molti non saranno per gli italiani uno sprone a recarsi ai seggi elettorali. E la menata continua.