I nostri oceani ed il loro inquinamento per colpa dei rifiuti umani

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di Franco Fronzoni

La UE si preoccupa molto dell’inquinamento atmosferico, anche forzando la mano e le opinioni di tanti, industriali, venditori, privati, etc; giusto comunque l’obbiettivo; un po’ meno, però, la forzatura e la sua cronologia, come pure la mal digeribile tassatività.
Poca, invece, appare l’attenzione che addirittura in campo mondiale si dovrebbe all’inquinamento dei terreni agricoli, come e maggiormente, per le acque sorgive e per quelle dei fiumi che appaiono degne di priorità, specie in questo momento di cambiamenti climatici, nel rischio che i momenti diventino Ere, con gravi pericoli per l’intera Umanità.
Meno ancora si parla dell’inquinamento degli Oceani e, bene ha fatto il Professore Fanni Canelles a ricordarlo in un suo ottimo articolo tecnico su “La Ragione” di Davide Giacalone.
I nostri Oceani sono invasi dalle immondizie che tutti noi vi sversiamo – quasi naturalmente, ma certamente molto incoscientemente – nella folle idea che la loro grandezza possa accogliere tutti i nostri rifiuti e, nell’illusione che le acque marine, con la loro intrinseca composizione – presunta infinita saggezza –possano digerirli tutti e trasformarli senza loro danno, a nostro esclusivo vantaggio.
Non è così e lo vediamo, a mari calmi con certe non più trasparenze cristalline di bella memoria e con tutto quanto ci rigettano, giustamente incavolati, sulle spiagge, allorquando sono in tempesta.
Noi guardiamo la superficie dei mari, ignorando quanto macroscopicamente non si vede, ma esiste e per quanto si deposita sui loro fondali limitandone persino, in taluni casi, la funzione di produzione di vegetali marini.
Ci sfugge, poi, la visione degli Oceani troppo grandi per la nostra vista, tuttavia anch’essi violati dai nostri rifiuti, fino alla formazione di vere isole di rifiuti per il gioco delle correnti che negli anni li addensano.
I maggiori danni provengono da quelle benedette materie, plastiche e materie chimiche, materiali inventati dagli uomini che tanto ci giovano sulla terra per i nostri commerci e le nostre comodità; nei mari quelli plastici non si distruggono, perché non biodegradabili e, seppure trasformati in piccole particelle diventano maledetti per i pesci che le ingeriscono e le metabolizzano, purtroppo, fino al punto di farcele ritrovare nelle loro carni, trasformandone la natura. Quei pesci che noi – ignoranti ed impotenti – mangiamo ancora, magari con voluttà.
Non per allarmarvi, ma per far comprendere la necessità di occuparcene, posso ricordarvi che anche in Italia, sono state ritrovate micro particelle di plastica, perfino, in una placenta umana! Così come sono state rilevate, ormai, anche in talune feci e di taluni tessuti di organismi umani, come nei prodotti della terra e nelle acque potabili.
Tornando agli Oceani, l’80 % del loro inquinamento viene prodotto a terra; concimi, pesticidi e sostanze chimiche (sembra ne esistano 70.000) creano gravi problemi specie nelle zone costiere, ivi immesse tramite i fiumi, a loro volta inquinati da residui delle lavorazioni umane.

Attese le grandi quantità di materie plastiche immesse nei mari in quantità numericamente inimmaginabili, persino certi fondali arrivano a modificarsi, poiché i frammenti si uniscono ai materiali sedimentari e a quelli vulcanici, dando origine a nuovi diversi minerali. Nuovi, o, contaminati?

Pertanto, il male peggiore viene dalla plastica ed il fatto è evidenziato – come dicevamo – dalla formazione di ben sette grandissime isole di plastica galleggianti che si trovano, perfettamente mappate e denominate, nel Mar dei Sargassi, nel Mar Artico, nell’Oceano Indiano, nel Nord e nel Sud dell’Atlantico e nel Nord e nel Sud del Pacifico, una delle quali estesa quasi quanto il Canada. Le chiamano “plastisfere” e, talune ospitano, anche, specie viventi; riusciamo ad immaginare quali?

Certamente Organismi internazionali come l’ONU particolarmente, l’OMS, la FAO, il WWF ed alcune Organizzazioni private si occupano del problema; in effetti, esistono già alcune leggi in materia e da più tempo e sono in corso allarmi e programmate scadenze di incontri almeno per l’esame della materia, ma certamente non con la grinta e la tassatività delle quali si è dimostrata capace la UE su di un argomento (quello dell’inquinamento atmosferico), forse, più facile, ma certamente meno importante, sia in sé, sia per gli effetti migliorativi che si propone. Anche la UE sta studiando come limitare l’uso della Plastica, ma ciò non basta, né in riguardo alle sue limitazioni e composizione, né con accorgimenti soltanto suggeriti.

Concludo, mettendo in evidenza la necessità impellente di por fine alla usualità che la plastica arrivi nei corsi d’acqua e fino al mare per evitare questo scempio negli Oceani, ma anche per invitare a considerare come fare per …rimangiarci a terra queste isole di rifiuti, oppure, recuperare quei rifiuti per il loro riuso, oppure, oppure ….. altro, affidandone la soluzione alla fertilità senza fine della intelligenza umana, a fin di bene nel suo proprio interesse, perché se la situazione è questa come descritta dopo soltanto un trentennio di uso smodato della plastica, cosa sarà fra 50 anni? Avremmo coperto tutti i mari?