I pericoli di deforestazione che corre il pianeta

(foto da Pixabay)

Le foreste sono una parte importante dell’ecosistema globale. A causa di fattori quali la popolazione e l’espansione agricola, la deforestazione e il commercio illegale di legname, l’attuale protezione delle foreste sta affrontando una grave situazione.
Molti Paesi e organizzazioni internazionali partecipano attivamente a vari progetti, discutono e riassumono esperienze, rafforzano la cooperazione, nonché promuovono congiuntamente la protezione delle foreste.
Il tema della Giornata Internazionale delle Foreste 2021, promossa dall’Onu e tenutasi di recente è stato “Il ripristino forestale: la strada per il recupero e il benessere”. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, il portoghese Antonio Guterres ha affermato che le foreste sono vitali per il benessere umano e la salute del pianeta, ma l’attuale tasso di scomparsa è scioccante, per cui ha invitato governi, organizzazioni e individui a intraprendere azioni urgenti per ripristinarle e conservarle, onde spargere i semi per un futuro sostenibile.
Attualmente, lo statu quo della protezione globale delle foreste non richiama l’ottimismo. La perdita annuale di foreste globali raggiunge i dieci milioni di ettari, la dimensione della superficie terrestre islandese. La Fao ha sottolineato nell’ultima edizione del rapporto Global Forest Resources Assessment che dal 1990 sono stati distrutti complessivamente 420 milioni di ettari di foreste nel mondo.
Le forme di distruzione includono la deforestazione, la distruzione di terreni forestali per l’agricoltura o lo sviluppo di infrastrutture, ecc. I dati mostrano che l’espansione della popolazione e l’espansione agricola sono ancora le ragioni principali che portano alla deforestazione, al degrado forestale e alla perdita di biodiversità forestale. Secondo il rapporto, tra il 2000 e il 2010, il 40% delle foreste tropicali è stato disboscato a causa dello sviluppo agricolo su larga scala e il 33% era dovuto all’agricoltura locale di sussistenza.
Anche il contrabbando di legname è una delle principali cause di degrado forestale: in alcuni Paesi, il 90% delle foreste tropicali distrutte, è legato a tale azioni illegali. Negli ultimi anni, il clima estremamente secco causato dai cambiamenti climatici ha portato a frequenti incendi boschivi in tutto il mondo e ha innescato una serie di gravi disastri indiretti.
Il Centro comune di ricerca dell’UE ha riferito nell’ottobre dello scorso anno che il 2019 è stato l’anno peggiore per gli incendi boschivi nel mondo: nella sola Europa sono stati distrutti oltre 400.000 ettari di foreste e anche l’area delle riserve naturali colpita dagli incendi ha raggiunto un nuovo massimo.
La sopravvivenza delle foreste è strettamente correlata alla sostenibilità dell’ecologia terrestre. Secondo le stime, le emissioni di carbonio causate dalla riduzione delle foreste rappresentano dal 12% al 15% delle emissioni globali. «Il tasso di deforestazione e degrado forestale è ancora allarmante. Questa è una delle principali cause della continua perdita di biodiversità», ha sottolineato il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) e la Fao nel predetto rapporto.
Esso afferma che per invertire la grave situazione di deforestazione e perdita di biodiversità, i Paesi devono apportare modifiche alla produzione e al consumo di cibo e pure proteggere e gestire foreste e alberi nel quadro della costruzione di ecosistemi paesaggistici integrati, per rimediare al danno già fatto.
Alcuni Paesi e regioni, in particolare quelli con abbondanti risorse forestali (quali il Brasile), stanno attivamente adottando misure per rafforzare la protezione delle foreste e lo sviluppo sostenibile e per realizzare una trasformazione economica verde.
L’Amazzonia è uno dei “biglietti da visita” del Brasile. La sua foresta pluviale ha una superficie totale di circa 5,5 milioni di chilometri quadrati, di cui oltre il 60% si trova in Brasile, e il resto in Bolivia, Colombia, Ecuador, Guiana tuttora francese, Guyana (ex britannica), Perù, Suriname (ex Guiana olandese) e Venezuela. La foresta pluviale tropicale amazzonica è la più grande e più ricca di specie del mondo, rappresenta il 20% della superficie forestale mondiale. È chiamata polmone della Terra e cuore verde.
L’ossigeno prodotto dalla fotosintesi rappresenta un terzo di quello globale. L’anidride carbonica assorbita ogni anno rappresenta un quarto dell’assorbimento totale dal suolo. Pertanto, il bacino del Rio delle Amazzoni ha un impatto significativo sul clima globale e sull’ambiente ecologico.
Al fine di proteggere la foresta pluviale, il governo brasiliano ha approvato una solida legislazione sulla protezione ambientale per aumentare le sanzioni per la deforestazione. Il governo implementa la gestione nazionale unificata della gestione della foresta pluviale e dei diritti di disboscamento e sviluppa il disboscamento sostenibile. Tutte le operazioni di disboscamento nelle aree della foresta pluviale devono avere un permesso dal dipartimento per la protezione ambientale.
Le informazioni sull’abbattimento degli alberi, comprese le specie arboree, l’altezza, il luogo di raccolta, ecc., devono essere inserite nel sistema di gestione per la futura tracciabilità. Inoltre, il Brasile ha anche rafforzato il monitoraggio delle attività di disboscamento su piccola scala con l’aiuto di immagini satellitari ad alta definizione, migliorando notevolmente l’efficienza della protezione della foresta pluviale.
Il governo peruviano, a sua volta, sta cooperando con il Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite (Undp), con il settore privato e con le comunità di agricoltori per adottare misure per ridurre la deforestazione, sostenere lo sviluppo sostenibile delle foreste pluviali e migliorare l’ecologia e le condizioni di vita dei residenti nelle aree della foresta pluviale.
Attualmente, sono state istituite più di cento aree private protette in tutto il Perù per promuovere lo sviluppo dell’agricoltura sostenibile sostenendo al contempo la biodiversità della foresta pluviale.
Di recente, il governo del Benin ha aggiornato le sue politiche e normative forestali, e sta migliorando il sistema fiscale forestale e sviluppando vigorosamente le relative risorse. Il Benin ha investito per un aumento annuo di 15.000 ettari di foreste piantate e ha aumentato la sua produzione di legname a 250.000 metri cubi all’anno, fornendo opportunità di lavoro e aumentando il suo reddito pubblico.
In Tanzania, il governo ha collaborato con le organizzazioni internazionali competenti non solo per formulare piani per la protezione delle foreste del Paese ed espandere la portata delle riserve forestali, ma anche per sviluppare progetti di ecoturismo onde fornire opportunità di lavoro alle comunità intorno alle riserve.
L’Unione Europea ha emesso una serie di documenti politici negli ultimi anni, integrando strettamente la protezione delle foreste con le politiche relative al cambiamento climatico e alla protezione della biodiversità. Nel 2003, l’UE ha formulato un piano d’azione speciale per combattere il disboscamento e il commercio illegali.
Nel dicembre 2019 ha annunciato un piano d’azione per promuovere la protezione e il ripristino globale delle foreste e ha proposto orientamenti prioritari per la loro protezione, comprese nuove misure normative, il rafforzamento della cooperazione internazionale e il sostegno all’innovazione e alla ricerca.
All’inizio del 2020, l’UE ha istituito un sistema di informazione forestale unificato e prevede di realizzare in futuro progetti di monitoraggio su natura e biodiversità, foreste e cambiamenti climatici, salute delle foreste ed economia ecologica.
Grazie alla sostanziale riduzione della deforestazione, dell’imboschimento su larga scala e della crescita naturale dei terreni forestali in alcuni Paesi, il tasso di perdita di foreste è rallentato in modo significativo. Rispetto ai sedici milioni di ettari di foreste dal 1990 al 2000, la foresta globale e il restringimento dell’area dal 2015 al 2020 è stato ridotto, ma c’è ancora molto margine di miglioramento.
Al fine di rafforzare la protezione ecologica, la Fao e l’Unep hanno lanciato quest’anno il piano United Nations Ecosystem Restoration Decade. Il rafforzamento della cooperazione globale e il ripristino delle foreste degradate e danneggiate e di altre risorse ecologiche sono diventate un contenuto di primaria importanza nel campo delle relazioni internazionali.
La Fao ha affermato che l’obiettivo del trattato multilaterale Aichi Biodiversity Targets (Convenzione sulla diversità biologica, divenuto effettivo il 29 dicembre 1993) era di proteggere almeno il 17% della superficie mondiale attraverso il sistema di riserve forestali, ed entro il 2020 è stato raggiunto: però tutte le parti devono compiere ulteriori sforzi per garantire tale protezione.
La comunità internazionale sta anche esplorando attivamente progetti di cooperazione per promuovere la gestione globale delle risorse forestali tra i Paesi. La Fao, l’International Union for Conservation of Nature, l’Unep e altre agenzie internazionali hanno collaborato allo sviluppo del progetto dell’Area di protezione integrata dell’Amazzonia, che coinvolge nove Paesi e regioni.
Il progetto promuove una supervisione efficace e coordinata della riserva amazzonica, e aiuta a ridurre l’impatto del cambiamento climatico su quella zona ecologica e migliora la resistenza dei residenti ai cambiamenti ambientali.
L’Agenzia per lo sviluppo dell’Unione africana (Auda-Nepad), il World Resources Institute, la Banca mondiale e altre istituzioni hanno lanciato congiuntamente il Piano di ripristino del paesaggio forestale africano, che è inteso a restituire 100 milioni di ettari di foreste in Africa entro il 2030, al fine di migliorare la sicurezza alimentare, migliorare l’adattabilità dei Paesi ai cambiamenti climatici e Per sradicare la povertà rurale: a tal piano stanno partecipando più di venti governi africani e partner tecnici e finanziari.
La morale è che dobbiamo smettere di comportarci come i governi brasiliani di anni fa. A causa della mancanza di loro consapevolezza ambientale, sin dagli anni Settanta, quegli esecutivi brasiliani hanno distrutto foreste e bonificato terre desolate nella regione amazzonica, costruendo reti stradali e sviluppando vigorosamente l’agricoltura e l’allevamento.
Dalla deforestazione illegale agli incendi boschivi, dall’edificazione di dighe alla costruzione di miniere, dalla deforestazione all’invasione diretta dei territori indigeni: tutto ciò ha causato danni senza precedenti alle foreste e alle aree protette amazzoniche.
Negli ultimi anni, l’area delle foreste pluviali tropicali è diminuita a un ritmo allarmante. In media, una foresta delle dimensioni di un campo da calcio scompare lì ogni 8 secondi.
C’è ancora molta strada da fare perché le foreste e gli esseri umani possano coesistere in modo più armonioso.