I salvataggi delle banche ricadono sempre sul settore pubblico

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(fonte foto Imagoeconomica)

di Achille Flora

La risoluzione delle due crisi bancarie, con i crolli, negli USA, della Silicon Valley Bank (SVB) e in Europa del Credit Suisse, riaprono una stagione di salvataggi bancari, indipendentemente dalla natura dei sistemi finanziari, di mercato o banco-centrici.
Se gli USA rappresentano il campione dei sistemi di mercato, la Svizzera ha un sistema misto tra mercato e sistema bancario che ha progressivamente assunto un rilievo nel sistema finanziario internazionale, inizialmente grazie al rigido rispetto del segreto bancario e ad una spregiudicata politica di rapporti con fondi di dubbia provenienza, poi grazie alla sua dimensione internazionale. Al di là delle differenze, le crisi in un mercato globalizzato colpiscono tutte le tipologie di sistemi. Certo, i sistemi banco-centrici, come quello vigente nella UE, soggetti a maggiori controlli (rigida applicazione dei requisiti di Basilea 3 e continui stress test sulle banche), offrono maggiore sicurezza, ma in un’economia globalizzata gli effetti delle perturbazioni e crisi bancarie tendono a riverberarsi, per contagio, su tutti i sistemi.
La crisi ultima è stata prodotta da effetti dell’inversione delle politiche monetarie negli USA e nella UE, da espansive a restrittive per combattere l’inflazione, aggravati da errori di gestione delle singole banche.
A fronte delle crisi di liquidità che hanno investito le due banche, al di là di ogni approccio di tipo liberista, le rispettive banche centrali sono intervenute con politiche di salvataggio, attivandosi per trovare banche disposte all’acquisto attraverso notevoli incentivi. Negli USA la Silicon Valley Bridge Bank, trasformazione della SVB dopo la sua chiusura, è prima passata sotto il controllo Fdic (autorità federale di controllo dei depositi) per poi essere ceduta alla First Citizen Bank. In realtà, un fallimento controllato, dopo aver eliminato i due maggiori effetti che giustificano un intervento pubblico di salvataggio: il panico con la corsa a ritirare i depositi- particolarmente di quelle piccole e medie – e la potenziale estensione del contagio ad altre banche correlate a SVB, anche se giudicato non significativo.
In Inghilterra, la filiale di SVB viene rilevata da Hsbcy, colosso mondiale del credito, attraverso un accordo “favorito” da Bank of England. Analogamente, in Svizzera, Credit Suisse viene salvato dall’acquisto di UBS (Unione di Banche Svizzere) pagandola poco più di 3 miliardi, un valore sottostimato rispetto a quello reale. In tal modo, creando una banca troppo grande per una Paese troppo piccolo.
Certo, non sono salvataggi diretti, ma le cifre dei “favori” e agevolazioni offerti alle banche acquirenti con notevoli sconti sull’acquisto, le garanzie offerte ai depositi, valutate negli USA per SVB in 342 miliardi di dollari estesi a tutte le banche in condizioni simili a SVB; il costo in Svizzera, della probabile perdita occupazionale dall’incorporazione di Credit Suisse, non potendo assorbire tutti i suoi addetti, peserà sui lavoratori e sul welfare elvetico, mentre i danni sulle start-up tecnologiche negli USA ne freneranno la crescita; anche il crollo di Deutsche Bank in Germania e gli effetti negativi sulle Borse, assommano a cifre notevoli di freno all’economia reale.
L’innovazione finanziaria, associata a finalità speculative, produce continua instabilità nei mercati, con la sua tendenza a sfuggire a controlli rigidi, mettendo capo a crisi che danneggiano l’economia reale. Certo, il disastro prodotto nella crisi del 2008, lasciando fallire Lehman Brothers, è un monito a non ripetere un tale errore, ma salvataggi di tali dimensioni alimentano sfiducia nei regolatori e sollevano ondate populistiche.
Il fine speculativo oramai è dominante nella logica finanziaria, ponendo in secondo piano quello del finanziamento dell’economia reale, tanto poi, di fronte alle crisi che ne scaturiscono, sarà il settore pubblico ad intervenire, direttamente, come prestatore di ultima istanza – o – indirettamente assumendosi il peso degli effetti negativi sull’economia. L’innovazione finanziaria, da fattore di creazione di nuovi strumenti per la crescita, è divenuta una mina vagante che, come Medea, ammazza i suoi figli, facendo tornare puntualmente indietro l’economia reale.