I Tre moschettieri, musical pop grande inno all’amicizia. A Napoli il 20 dicembre

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da sinistra Vittorio Matteucci, Giò Di Tonno e Graziano Galatone

Una storia di amicizia raccontata da amici veri anche nella vita, l’intreccio di prosa, canto e danza che porta in scena il capolavoro di Alexandre Dumas, una vicenda di passioni, onore, vendetta che vuole appassionare il pubblico e rappresentare il trampolino di lancio per i nuovi talenti dello spettacolo. E’ in arrivo nei teatri italiani ”I tre moschettieri”, il musical pop composto da Giò Di Tonno con la direzione artistica e la regia di Giuliano Peparini. Prodotta con un budget che sfiora il milione di euro da Stefano Lancioni e dal Teatro Stabile d’Abruzzo diretto da Giorgio Pasotti, la versione musicale del classico della letteratura debutterà il 2 novembre a Isernia per un tour che toccherà anche Napoli(Palapartenope, il 20 dicembre), Palermo (Teatro Golden il 30 e 31 gennaio), Milano (Teatro Nazionale 15-23 febbraio), Roma (Teatro Brancaccio, 5-16 marzo) per concludersi 4 e 5 aprile all’Europaditorium di Bologna . Sul palco accanto a Di Tonno nel ruolo di Athos, i protagonisti del ”tutti per uno, uno per tutti” saranno Vittorio Matteucci nei panni di Porthos e Graziano Galatone in quelli di Aramis. I cattivi Richelieu e il suo braccio destro Rochefort saranno impersonati da Christian Mini e Leonardo Di Minno, accanto a Roberto Rossetti (Dumas, il narratore), alle giovani promesse Sea John, nome d’arte di Giovanni Maresca (D’Artagnan), Camilla Rinaldi (Milady) e Beatrice Blaskovic (Costanza), e ai ballerini della Peparini Academy Special Class. Le coreografie sono di Veronica Peparini e Andreas Muller, i testi di Alessandro Di Zio. Nei momenti corali in scena si muoveranno trenta persone sulla colonna sonora di 40 brani – che nei prossimi mesi uscirà in doppio album – scritta da Giò di Tonno con Giancarlo de Maria per gli arrangiamenti e le orchestrazioni. Per il cantante e attore, che proprio alla messa in scena italiana nel 2002 di Notre Dame de Paris di Victor Hugo con la musica di Riccardo Cocciante deve la svolta della sua carriera, I Tre Moschettieri ”segnano l’inizio di una nuova vita artistica che mi vedrà sempre più impegnato come compositore. Ho messo tutto me stesso in questo progetto e sono felice di portare in scena la storia di amicizia più celebre della letteratura con alcuni amici veri, a cominciare da Vittorio Matteucci e Graziano Galatone con cui ho già condiviso tante avventure”. Un ruolo particolare ha occupato Renzo Musumeci Greco, storico maestro d’armi, che ha lavorato a lungo per preparare e rendere credibili gli artisti nei duelli e gli incroci di spade. Proprio a lui si deve l’input per l musical. ”Nel 2010 eravamo impegnati nei Promessi Sposi – ha raccontato il compositore -. Con Vittorio e Graziano giocavamo dietro le quinte e Renzo ci ha detto: ‘Siete tre moschettieri, non sarebbe una idea? mettendomi la pulce nell’orecchio. Ci siamo dedicati i primi due anni a scrivere lo spettacolo che per motivi vari è stato accantonato. Lo abbiamo ripreso l’anno scorso. Ho puntato su una scrittura pop, diretta e con melodie orecchiabili che fanno subito presa. Sono convinto che stupiremo il pubblico”. Per Giuliano Peparini, che ha aperto l’Accademia delle arti e dello spettacolo nel quartiere romano dove è nata la sua passione per la danza, accettare questa sfida è ”il modo migliore per dare la possibilità ai giovani di crescere. Concentrarmi su di loro è il mio focus. Ciò che mi colpisce dei personaggi di Dumas è il loro modo di crescere. Un giovane come D’Artagnan che cerca di trovare la sua identità e un posto nel mondo, è di grande attualità per i nostri giovani, una generazione che mette fortemente in discussione i suoi riferimenti e modelli”. Lo spettacolo ha un prologo in una fabbrica di scatoloni dove si intravede un libro dimenticato o forse lasciato lì da qualcuno intenzionalmente. Un lavoratore lo prende, lo apre e comincia ad appassionarsi leggere ad alta voce e attirando gli altri lavoratori che, via via, diventano i personaggi della storia portando lo spettatore nella Parigi dell’800. Il finale riporterà l’equilibrio ma lo spettatore – osservano gli autori – andrà via con l’amaro in bocca ”forse perché i ‘buoni’ sono a un tratto diventato ‘cattivi’, o perché è proprio la morte l’unico mistero che neanche l’uomo contemporaneo è riuscito a svelare”.