Il Centro studi di Piccola Industria: Campania verso la recessione. Il Sud arretra, Nord sempre più lontano

159
in foto Pasquale Lampugnale

Il 2022 è stato un anno difficile per l’Italia, ma per il Mezzogiorno e per la Campania è stato un mezzo disastro. A certificarlo, numeri alla mano, è il Rapporto Pmi Campania 2022, realizzato dal Centro studi Piccola Industria di Confindustria Campania con il contributo dell’Abi, e illustrato all’Unione industriali di Napoli da Pasquale Lampugnale, presidente regionale e vicepresidente nazionale di Piccola Industria Confindustria (presenti Giovanni Sabatini, direttore generale Abi, Emanuele Orsini, vicepresidente Confindustria per il Credito, la Finanza e il Fisco), Francesco Izzo, Ordinario di Strategie e management dell’Innovazione del Dipartimento di Economia dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, Costanzo Jannotti Pecci, presidente Unione industriali Napoli, e Luigi Traettino, presidente di Confindustria Campania.
Il 2022 si è chiuso per la Campania con un Pil in calo rispetto al 2021, quando si era registrato un incoraggiante +6,4% (appena al di sotto della media italiana del +6,6% e mezzo punto sopra al dato del Mezzogiorno). La crescita del Pil regionale nel 2022 è stimata infatti a poco del più 3% contro un’attesa a inizio anno del +4,4%. A preoccupare sono soprattutto le stime per il 2023, con il rischio di dover registrare ancora una volta un segno negativo. Per il Mezzogiorno si attende purtroppo l’ingresso in una fase di recessione (-0,4%), con un andamento ancor più aspro proprio in Campania (-0,5%) con il resto d’Italia che proverà a galleggiare intorno allo zero”.
“Si arresta dunque per la Campania – si legge ancora nel Rapporto – la fase di ripartenza segnata dal ritorno alla crescita dopo il crollo drammatico del 2020 e torna così ad allargarsi la forbice dalle regioni centro-settentrionali”.

Il ruolo decisivo del Pnrr
Ancor di più dunque, mentre prosegue in Parlamento il dibattito sull’autonomia differenziata, diventa decisiva – avverte il Rapporto del Centro studi di Piccola industria – la capacità del governo nazionale e regionale di impegnare le risorse disponibili, a cominciare da quelle del Pnrr – e per le quali sono già evidenti i ritardi di spesa – per rafforzare il quadro macro-economico, sostenere investimenti e consumi, contrastare il calo demografico e l’impoverimento diffuso, intervenendo con decisione sulle tante questioni strutturali che ostacolano da tempo i processi di sviluppo delle imprese e appesantiscono di oneri impropri il contesto territoriale.
Il buon recupero del Pil nel 2021 e l’andamento positivo nel 2022, benché con una forte decelerazione, favorito dall’espansione dei flussi di esportazione e dalla crescita dell’industria manifatturiera e dei servizi, non ha tuttavia consentito di recuperare sul Pil pro capite, che vede la regione ferma a quota 66 (Italia = 100).

Il reddito delle famiglie torna ai valori del 2019
Il reddito disponibile delle famiglie campane è tornato sui valori del 2019, segnando un aumento del dato pro capite che consente di recuperare leggermente sulla media italiana, senza tuttavia risollevarsi dal penultimo posto nella classifica delle regioni, davanti alla sola Calabria. Nell’economia regionale conserva una posizione dominante l’area dei servizi, con un valore in termini di valore aggiunto che ormai sfiora l’80%, mentre l’incidenza dell’industria manifatturiera è pari al 13,3% a fronte di una media italiana del 20,2%. Sul fronte degli occupati, la Campania ha ampiamente recuperato i livelli di occupazione del 2019, con un’accelerazione mostrata soprattutto nei primi mesi del 2022. La spinta si è inevitabilmente affievolita nel corso dell’anno per il peggioramento dello scenario macro-economico. Il miglioramento del tasso di occupazione in realtà è anche effetto di un calo demografico ormai diventato strutturale, dove alla minore propensione ad avere figli e allo spostamento in avanti nel concepimento del primo figlio, si aggiunge in misura significativa la migrazione soprattutto di giovani verso le regioni centro-settentrionali e l’estero. Dopo il 2019, quando si erano cancellati dall’anagrafe quasi 40 mila campani, pur se frenato dal Covid, l’esodo è stato comunque consistente, con un calo ulteriore di 31,5 mila unità, il più alto del Mezzogiorno in valore assoluto. In soli dieci anni dal 2010 al 2020 la quota di laureati sul totale che si è cancellata dall’anagrafe regionale per trasferirsi al Centro Nord passa dal 22,6% al 34,5%, con un balzo di quasi dodici punti.

Rapporto Pmi Campania 2022 – Il documento integrale

Rapporto Pmi Campania 2022 – Le slides