Il lungo addio in diretta tv alla Regina, il troppo stroppia

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È andata così. Carlo Bonomi, presidente di Confindustria ha riunito l’assemblea all’interno delle Mura Vaticane, precisamente nella sala Nervi, quella adoperata per le udienze settimanali del papa, proprio lui, Francesco. C’è sempre una prima volta per testare la validità di un comportamento umano e così sia. Decriptare la ragione di quella riunione e partecipare a quella assise in una sala pervasa da odori di parti in lavorazione misti a quelli dei confessionali, non deve essere stato particolarmente gradevole. Risultato finale: discreta rilevanza mediatica, reciproche assicurazioni sulla tenuta nella massima considerazione del lavoro e poc’altro. Sempreché Francesco non abbia assicurato a Bonomi che avrebbe interceduto “la dove si puote ciò che si vuole”, perché si concretasse un altro Miracolo Economico. Questa volta molto più sostanzioso di quello che realizzarono gli artefici della ricostruzione post bellica, quasi tutti di prima generazione, i cosiddetti industrialotti self made man. In realtà l’incontro è andato diversamente e, da quanto si è saputo, non ha aggiunto né tolto alcunché allo stato dei fatti socioeconomici al momento già in essere. Quanto è accaduto in quel contesto era prevedibile e, probabilmente, previsto. Pur essendo il filo conduttore dei due interventi, quello di Francesco e quello di Bonomi, incentrati sulla attuale deriva dell’economia di mercato per cause diverse e slegate dai comportamenti messi in atto dagli imprenditori stessi, probabilmente non era stata tenuta nella dovuta considerazione che la teoria dell’offerta o della produzione che chiamar la si voglia, è per ipotesi laica. Volendo così ribadire che un sistema socio-economico imperniato sulla logica del profitto mal si concilia con la portata di correnti di pensiero, peraltro religioso, che nella creazione di ricchezza non intravedono nessun risultato positivo, piuttosto intoppi, in costanza delle tesi di vario genere sostenute. Ma è andata così e Francesco non ha perso l’occasione per poter esprimere il dissenso della chiesa dagli accadimenti recenti. Quanto ha condannato, purtroppo non facendo la necessaria distinzione, è definita nel linguaggio corrente speculazione e è una forma di trasferimento antitetica alla creazione di ricchezza, che è lo scopo principale del fare impresa. In buona sostanza tale comportamento, talvolta di pura sorte, consente l’arricchimento di un limitato numero di sedicenti finanzieri in danno di una nutrita schiera di persone vittime del loro comportamento senza colpa alcuna. Va sottolineato che le due figure sono diametralmente opposte e Francesco non ha fatto le opportune distinzioni. È stata la sua l’ ennesima presa di posizione politica, quindi non di sua competenza, che avrà così ottenuto anche il risultato di togliere il velo che copriva una forma di gestione finanziaria in chiaroscuro, delle casse del Vaticano. Il riferimento va al famigerato Ior, l’Istituto per le Opere di Religione. Con spirito di carità non necessariamente cristiano è bene aggirare tale realtà paracattolica che ha operato solo poche volte nel suo ambito istituzionale, compiendo non saltuariamente operazioni che il sistema bancario ordinario evita di fare. Alla fine il fatto nuovo si è concretato e si può voltare pagina. Soprattutto perché l’happening campagna elettorale continua a stupire con effetti speciali giorno dopo giorno e non smette di riservare sorprese. L’autodesignatosi premier in pectore Meloni ha fatto esercizio di umiltà, si fa per dire, affrontando con pacatezza Letta, uomo di punta di uno dei due schieramenti avversari. L’ informazione ha riportato che il confronto è avvenuto in un clima disteso, anche se i protagonisti sono rimasti sulle loro posizioni originarie. Quando mancano una ventina di giorni alle votazioni, dalle analisi sul campo viene fuori un quadro singolare di quanto starebbe per verificarsi. Buona parte degli elettori ha dichiarato che non intende recarsi alle urne e un’altra parte votare scheda bianca. Tale situazione deve aver impressionato a tal punto il Viminale che ha disposto la sospensione immediata dei sondaggi sull’argomento, anche se, con buona probabilità i giochi sono ormai fatti. Resta solo rimanere in fiduciosa attesa e prepararsi al peggio. A volte i casi del destino vanno ben oltre quanto l’umanità riesca a predisporre. È il caso della morte della Regina Elisabetta che sta calamitando attraverso i mezzi dell’informazione l’attenzione del mondo. Della serie anche le teste coronate piangono, le esequie on the road stanno occupando una quantità notevole dei palinsesti delle tv di ogni parte del mondo, retaggio di quello che fu un Impero ampio e potente. Sovvengono a dare senso pratico a quanto finora esposto alcune osservazioni radicatesi saldamente nel tempo nel villaggio e nel contado. La prima consiglia: “Bada prima ai fatti tuoi, a quelli degli altri se puoi e quando vuoi”. L’altra,”ogni misura ha il suo colmo”. La prima si commenta da sola e è da mettere in relazione con la funzione dello Ior: attualmente nel Paese occorre tanta di quella finanza da far tremare le vene ai polsi al più scaltro della famiglia di Paperon de Paperoni. Giocare in casa o quasi per quell’istituto potrebbe rivelarsi un buon maquillage. La seconda, equivalente a “il troppo storpia”, è da collegare al funerale non stop di Elisabetta II. La tumulazione avverrá giusto qualche giorno prima della tornata elettorale italiana. Se astensione ci sarà dal recarsi alle urne, si può essere abbastanza certi che in molti diranno che fino all’ultimo sono stati impegnati a seguire lo svolgimento di quell’azione di commiato con chi ha regnato sui resti di un impero. Difficilmente si assisterà ancora a un percorso così completo di una persona a capo di una nazione.