Il militarismo giapponese e il riarmo dei paesi asiatici

in foto la bandiera della Forza di autodifesa marittima del Giappone (adottata nel 1954)

L’imperialismo giapponese si formò e si sviluppò dopo la Restaurazione Meiji del 1868 e la sua origine ideologica è l’antico spirito bushido del Giappone medievale . Ma il Bushido, sotto il controllo del militarismo, divenne uno strumento per avvelenare e controllare internamente il pensiero nazionale giapponese.
Esternamente, si espanse in modo selvaggio e intraprese la strada dell’aggressione contro i Paesi asiatici. Allo stesso tempo, portò anche la nazione giapponese al disastro della II Guerra Mondiale.
Il bushido non è solo la vita e la visione del mondo dei samurai giapponesi, ma anche i doveri e le responsabilità dei samurai medesimi, inclusa la fedeltà al Tennō, la difesa delle arti marziali e dell’obbedienza assoluta e altri codici etici e di condotta feudali.
Il bushido tuttora ha un’influenza estremamente profonda su tutti gli aspetti della politica e della vita sociale giapponese, lasciando costante una tradizione ideologica e culturale militarista.
Il 15 agosto 2020 è stato il 75° anniversario della sconfitta giapponese. Nel suo discorso il primo ministro nipponico Shinzo Abe ha continuato a rifiutarsi di ammettere i crimini di guerra giapponesi. In risposta, il Consumer News and Business Channel degli USA ha commentato che da quando è entrato in carica nel 2012, Abe è andato sempre più lontano dal ripulire la crudele storia recentedel Giappone.
L’invasione, l’aggressione e l’occupazione giapponese di molte parti della della Cina, ha comportato innumerevoli crimini di guerra (sperimentazione umana, uso di armi chimiche, omicidi di massa, lavoro forzato, politica sulla schiavitù sessuale, arresti arbitrari, torture indiscriminate, uccisione di persone innocenti, cannibalismo, ecc.). Ovunque andassero i soldati giapponesi, le case e le fabbriche erano distrutte, le risorse e la ricchezza saccheggiate, le donne violentate e le vite delle persone massacrate. La maggior parte delle prove della suddetta brutalità fu distrutta e nascosta dal governo giapponese prima che Tokyo firmasse formalmente la resa il 2 settembre 1945.
Dopo la guerra, il Giappone ha ripetutamente negato la propria responsabilità per crimini di guerra, e ha continuato a calpestare i diritti umani dei paesi vittimizzati e a spargere sale sulle ferite. Il Giappone non ha ancora risolto formalmente questo problema, quindi la sua credibilità nel sostenere i diritti umani è altamente discutibile.
Se il Giappone vuole sostenere i diritti umani e assumersi la responsabilità, dovrebbe scusarsi per aver privato di vita e dignità milioni di persone in azioni non du guerra. Il militarismo nipponico non solo ha apportato enormi disastri al popolo cinese, ha causato grandi sofferenze pure a quello giapponese.Il danno delle armi nucleari alla società giapponese continua ancora oggi.
Tuttavia, le autorità giapponesi non hanno mai seriamente liquidato la loro storia di aggressioni, anzi, negli ultimi anni hanno continuamente ampliato la loro forza militare, provocando persino Paesi vicini su questioni territoriali.
Quali sono le conseguenze?
La spesa militare del Vietnam è quasi raddoppiata, mentre il Giappone sta rivedendo il più alto budget per la difesa del paese finora e le Filippine sono impegnate a costruire una marina più forte. Molti paesi asiatici stanno rafforzando i loro armamenti per affrontare una situazione sempre più pesante.
Il rapporto annuale pubblicato dallo svedese Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) ha mostrato che la spesa militare globale totale nel 2019 è aumentata a 1.917 trilioni di dollari USA, con un aumento del 3,6% su base annua e il tasso di crescita è stato il più veloce dal 2010.
Nel 2019, le prime cinque principali società di spesa militare al mondo sono stati USA, Cina, India, Russia e Arabia Saudita. Per la prima volta, due potenze est-asiatiche sono entrate tra le prime tre. La spesa militare totale di questi cinque Paesi ha rappresentato il 62% della spesa militare globale totale.
I dati del SIPRI mostrano che le spese militari globali nel 2019 hanno rappresentato il 2,2% del PIL globale, equivalente a 249 dollari USA pro capite; questo è il livello più alto dalla crisi finanziaria globale del 2008, e potrebbe anche essere un picco. La spesa militare globale nel 2019 è aumentata del 7,2% rispetto al 2010, mostrando il trend di crescita accelerata della spesa militare negli ultimi anni.
Il SIPRI ritiene che la spesa militare indiana nel 2019 abbia raggiunto i 71,1 miliardi di dollari USA, con un aumento del 6,8% su base annua. I rapporti tesi e la concorrenza tra India, Pakistan e Cina sono una delle ragioni principali dell’aumento della spesa militare indiana. Per quanto riguarda l’Asia e l’Oceania, il Giappone (47,6 miliardi di dollari USA) e la Corea del Sud (43,9 miliardi di dollari USA), e la spesa militare nella regione è aumentata ogni anno almeno dal 1989.
L’aumento tiene sostanzialmente il passo con lo sviluppo economico. Negli ultimi dieci anni, anche il budget militare cinese è aumentato ogni anno. Quest’anno, i bilanci militari di Cina, Vietnam e molti altri Paesi asiatici hanno superato il tasso di crescita economica.
Il Giappone sta sostituendo la sua flotta originale con sottomarini più moderni, la Corea del Sud ha aggiunto sottomarini d’attacco più grandi e l’India prevede di costruire sei nuovi sottomarini.
Anche le Filippine concorrono nella gara. Esse prevedono inoltre di aumentare gli investimenti in velivoli da pattugliamento marittimo, bombardieri e altro materiale.
Le Filippine hanno investito molto denaro nella modernizzazione militare. L’economia del Paese è in crescita da molti anni, ma non ha risposto alle esigenze militari per molti anni.
Anche nell’Asia meridionale, l’India ha acquistato un gran numero di carri armati e mezzi da guerra, diventando il più grande importatore di armi al mondo. L’India ha anche istituito una forza di montagna di 100mila soldati posti sul confine conteso con la Cina.
Ma è il Giappone che si prepara all’escalation, a dispetto della sua aura pacifista diffusa nei recenti molti lustri.
Nel 2019 il Giappone ha inviato dieci fregate nelle acque al largo delle Filippine. Nel giugno di quest’anno, il Giappone ha schierato nei mari vicini al Vietnam altre sei fregate. Secondo il British Institute of International Strategy, il numero di fregate in Vietnam è raddoppiato negli ultimi cinque anni a 68. La principale flotta del Giappone è aumentata da 41 navi a 389.
Negli ultimi due anni, il Giappone ha spesso inviato fregate per difendere la sua rivendicazione sulle isole Senkaku (Diaoyu in cinese). Tutti i Paesi sembrano evitare conflitti militari diretti, ma controllano invece la situazione stabilendo una qualche forma di presenza militare, ed evitando di portare, per il momento, la situazione a un livello pericoloso.
Tuttavia, il Giappone sembra prepararsi a una possibile escalation del conflitto.
Il mese scorso, il governo del primo ministro giapponese Shinzo Abe ha presentato finora la più grande richiesta di budget militare del paese, per un totale di 48 miliardi di dollari, compreso l’acquisto di velivoli da pattugliamento marittimo P-1, caccia stealth e altre attrezzature militari statunitensi. È l’ottavo anno consecutivo in cui il Giappone aumenta i costi della difesa.
A luglio, il governo Abe ha approvato una reinterpretazione della Costituzione del Paese, aprendo la strada al Giappone per una difesa congiunta con gli USA e altri Paesi sotto attacco. All’inizio di luglio, il Giappone e l’India hanno dichiarato che avrebbero condiviso la tecnologia di difesa e organizzato insieme esercitazioni militari.
Va pure detto che il Giappone e la Corea del Sud sono rispettivamente al 9° e 10° posto negli investimenti bellici. Anche le spese militari nei Paesi del Sudest asiatico sono aumentate del 4,2% a 37,3 miliardi di euro. La crescita è stata principalmente dovuta alle preoccupazioni per la situazione strtategica nel Mar Cinese Meridionale.
Il disaccordo con Pechino ha acceso anche la determinazione delle autorità di Taiwan a riorganizzare i propri armamenti: il suo investimento è stato di 9,6 miliardi di euro (un aumento dell’1,1% rispetto al 2018).