Il mondo come rappresentazione, al Madre la poetica di Fabio Mauri

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Il museo Madre ricorda Fabio Mauri, uno dei maggiori esponenti delle neo-avanguardie della seconda metà del XX secolo, e lo fa con una grande mostra dal titolo “Retrospettiva a luce solida”. La mostra, visitabile dal 26 novembre al 6 marzo, racchiude più di cento opere dell’artista romano, dalla pittura al disegno, dalla scultura all’istallazione fino alla performance. Non si tratta di una retrospettiva tradizionale come ha sottolineato Andrea Viliani, direttore del museo: “abbiamo cercato di realizzare una mostra incentrata sul metodo di lavoro dell’artista e che comprendesse tutto, non in quanto totalità della sua produzione, ma tutto inteso in quanto essenza, spirito”.

Il percorso, strutturato come una pièce teatrale in tre atti, si sviluppa in tre aree del museo: inizia dal piano terra, Sala Re_Pubblica, dove lo spettatore è accolto da quattro azioni performative (Ideologia e Natura, 1973; Europa Bombardata, 1978L’Espressionista, 1982; Senza titolo, 1992) e da una serie di fotografie con le quali l’artista ha scandagliato la storia del ‘secolo breve’ studiando i linguaggi dell’ideologia,della propaganda fascista e i meccanismi di formazione della memoria e della sua possibile manipolazione.

Si prosegue, poi, al terzo piano, con gruppi di opere dedicata alle narrazione mediatiche, incominciando da quella cinematografia. Se agli esordi della sua produzione lo schermo passa da essere monocromo a riempirsi man mano di immagini iconiche e di massa (The End, 1957-1958; Braccio di Ferro, 1960; Marylin, 1964), dopo il 1964 l’artista svilupperà una nuova concezione di ‘schermo e di ‘proiezione’. È il rapporto con la proiezione ad essere al centro della sua ricerca, come sottolineato da Laura Cherubini, curatrice della mostra, che ricorda una frase che l’artista romano amava ripetere spesso e che racchiude tutta la sua poetica: “fin dal principio il mondo mi è sembrato una grande rappresentazione”. Mauri conferendo al flebile raggio di luce, che unisce proiettore e superficie di proiezione, una consistenza fisica, finiva per ritenere che tutte le componenti dell’esistenza avessero appunto una consistenza, che ogni cosa avesse una sua conseguenza reale e dunque conseguenze reali, fatti, scaturissero inevitabilmente dal pensiero, dall’immaginario, dall’ideologia (Ricostruzionedella memoria a percezione spenta, 1988). Lo schermo diviene estroflessione del pensiero, luogo di proiezione mentale di ciò che vorremmo vedere, di ciò che vorremmo essere.

Anche il rapporto con l’osservatore cambia: lo spettatore da passivo diviene parte attiva della narrazione, sembra introdotto letteralmente sullo schermo (Luna, 1968; L’ospite armeno, 2001), poi al di là di esso (Il televisore che piange,1972), infine, lo schermo diviene un’estensione dell’architettura, incorporando lo spazio della proiezione ( Warum ein Gedanke einen Raum verpestet?, 1972). Procedendo lungo lo spazio espositivo, il punto di vista si ribalta ancora una volta, non è più lo schermo, come superficie di proiezione ad interessare, ma, la sua fonte, il proiettore: ecco allora le proiezioni su corpi ed oggetti (Senza e Senza IdeologiaIntellettuale, Fabio Mauri e Pier Paolo Pasolini alle prove di Che cos’è il fascismo).

La mostra si conclude nella Sala delle Colonne, al primo piano, dedicata alle maquette architettoniche di Mauri che ne ricostruiscono le principali mostre. All’esterno del museo, sul tetto, sventola un’enorme bandiera bianca, l’opera dal titolo La resa” può assumere un duplice significato: se da un lato sancisce la resa della mente davanti alla complessità del mondo; dall’altra rappresenta un estremo tentativo di voler comunicare ancora una volta. Per la serata inaugurale il film ‘Uccellacci e Uccellini’ di Pier Paolo Paolini sarà proiettato sulle mura del museo.