Il Paese dei Balocchi esiste e può essere messo a reddito

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Esiste il Paese dei Balocchi? La risposta negativa che ogni adultoconsapevole potrebbe dare, si rivela profondamente errata e profondamente sottostimata non appena la mente si riesce a liberare dall’iconografia classica del “luogo di perdizione” in cui Collodi precipitò Pinocchio e Lucignolo nel corso della sua narrazione. Il Paese dei Balocchi era il luogo dove i giocattoli non solo si animavano, ma diventavano forti protagonisti della vita dei bambini al punto da asservirla e modificarla secondo le proprie leggi. Fortunatamente i Paesi dei Balocchi che esistono nella realtà sono meno perniciosi e assorbono emozioni e attenzioni dei bambini solo per il periodo di una sporadica quanto breve frequentazione. I Musei del Giocattolo sono infatti moltissimi: musei di giocattoli misti o specializzati in singole tipologie di giocattolo. In Europa, in Italia. Rientrano per lo più in pacchetti di visite e sono trattati alla stregua degli altri, così detti, più seri musei. In Francia, Inghilterra e Austria i musei del giocattolo non solo sono moltissimi ma permettono una riflessione sul metodo della gestione che può essere di estrema utilità nell’ipotesi di riorganizzazione della gestione dei piccoli musei in Italia. La riapertura del Museo Del Giocattolo A Moirans- En-Montagne ha regalato al pubblico adulto, e a quello dei bambini, abbondanti motivazioni per visitare insieme la struttura trovando ognuno motivi d’interesse e divertimento: gli adulti possono ritrovare i giocattoli della propria infanzia, e anche quelli dei propri nonni, mentre i bambini possono scoprirne di nuovi, e tutti possono partecipare alle attività ludiche e pedagogiche. La visita diventa così articolata, il tempo di permanenza supera la temuta soglia del crollo d’attenzione, e i visitatori avendo vissuto in maniera memorabile la propria esperienza sono lieti di acquistare gadget che possano ricordarla nel tempo. A Parigi, a poca distanza dal Centro Pompidou, c’è il Musee de la Poupee, delle Bambole (ecco da dove deriva l’espressione dialettale “pupatella” per indicare una bimba graziosa, una bambolina). Le 500 bambole, realizzate in biscuit, cartapesta, tessuto, e altri materiali sono esposte con allestimenti che riproducono scene di vita d’un tempo, e sono arricchite da mobili giocattolo e altri oggetti dell’epoca realizzati in scala. Si rappresenta l’evoluzione del giocattolo nel tempo: la morfologia dei volti, i materiali, la loro funzione e il loro ruolo. Anche al Toy Museum di Sonneberg, -Thuringia si è dato molto rilievo al metodo espositivo che riflette l’interpretazione delle emozioni dei bambini, del loro modo di giocare che permetterà agli adulti di ritrovare la parte infantile di se che, come dicono gli esperti di psicologia, non muore mai. Musei del giocattolo in Italia? Moltissimi. Numero di visitatori? Come sempre un problema. Resa economica? Livelli da tragedia. I piccoli musei, di artigianato, oggetti, usi e costumi sono purtroppo sempre poco visitati. Si imputano numeri e cifre quasi imbarazzanti alla mancanza di fondi, di attenzione all’argomento, all’eclissi solare e a qualsivoglia calamità naturale. I direttori si rassegnano a fronte del disinteresse per l’argomento dell’esposizione, e una marea di piccole strutture naviga in un mare calmo al punto di essere oleoso, lasciandosi sfuggire una possibilità culturale, turistica ed economica che all’estero è ritenuta tutt’altro che insignificante. “Siamo alle solite Calimero” diceva un antica pubblicità, così il pulcino sporco, lavato con apposito prodotto, diventava di un candore abbagliante. E’ possibile lavare nel giusto prodotto anche la nostra speciale materia prima. I giocattoli che erano esposti al Museo di Suor Orsola, sono temporaneamente depositati, nel complesso monumentale del convento di San Domenico Maggiore per una mostra del giocattolo a indirizzo storico-culturale. Accidenti. Non c’è interpretazione, non c’è tecnica espositiva. Il materiale più o meno composto in gruppi con motivazioni di difficile percezione, non emoziona. E’ stata realizzata in occasione del Natale, con motivazioni di altissimo valore civico e morale. Intellettuali dalla conoscenza strutturata sono il pubblico perfetto per un esposizione di questo genere. Le famiglie, mamma, papà e bambini, non sono emotivamente coinvolti, e poco importa se Barbie ha alle sue spalle la sua antesignana Lilly. Non emerge il gioco, si tratta, in fondo, di statuette che per i bimbi hanno una faccia nota. Non c’è il litigio per il vestito più bello, non ci sono gli scherzi non c’è il contesto socioculturale. Non si legge neanche la rivoluzione della super minigonna di Barbie che sarà imitata da quelle coeve preadolescenti che con Barbie giocavano. Eppure il materiale c’è. E l’espressione del povero Calimero, calza sempre meglio. Tra poco il museo del giocattolo tornerà negli splendidi locali dell’Istituto Suor Orsola. Non è troppo augurarsi un esposizione adeguata che, per successo di pubblico, richieda maggior tempo d’apertura e possa portare anche un beneficio alle casse dell’istituzione. I beni culturali sono anche economici, e se non producono dov’è l’economia?

                                                                    bamboladiCroce