Il ritorno del messaggio evangelico

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Ovunque l’editoria è in flessione. In Germania (che è il paese dove si legge di più) la flessione nel 2014 è stata del 2,2%, in altri paesi e negli stessi Stati Uniti intorno al 10 %. In Italia particolarmente colpita è l’editoria cattolica la quale, anche per la progressiva riduzione dei contributi governativi, in breve tempo ha registrato la scomparsa di note testate, mentre altre sono state costrette alla riduzione del personale, della tiratura, della periodicità, della foliazione se non a passare addirittura al regime internettiano. Un grido d’allarme per questa editoria è stato lanciato da Giulio Albanese e Michele Zanzucchi con una “lettera al direttore” pubblicata su “Avvenire” dell’8 novembre 2015. Dopo aver sintetizzato la situazione esistente, essi hanno proposto la convocazione degli Stati Generali dell’editoria cattolica. In attesa che ciò possa essere, esprimo qui qualche breve riflessione. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale l’editoria cattolica sostenne adeguatamente l’educazione e la formazione cattolicamente ispirate di coloro che si erano ritrovati nella guerra e dei ragazzi e dei giovani che sopravvenivano. Poi, a mano a mano, la cultura cattolica, della quale l’editoria cattolica è espressione, non rafforzando adeguatamente se stessa, si ritrovò con un complesso di inferiorità verso ambienti culturali che avevano più tracotanza ed abilità che forza di poesia e di verità. Le stesse opere che aveva pubblicato, per lo più, furono trascurate o abbandonate. Così si svilupparono una letteratura prevalentemente devozionistica che magari soddisfaceva adulti ma non le nuove generazioni, ed una letteratura specialistica destinata a studenti e studiosi. Non ci si fu responsabili del mondo, ma del mondo si finirono con l’accettare balbuzie, sbalestramenti, futilità, con il pretesto di doverli evangelizzare. Sfruttando il benessere economico, che si riteneva dovesse durare all’infinito, anche nel campo cattolico, aumentarono case editrici e testate, originando un diluviare di articoli e di libri che poco o nulla contribuivano ad una retta educazione e ad una retta formazione cattolicamente ispirate. In essi, anche se ben documentati, mancava spesso quel vivente che ritroviamo in tante opere della letteratura cristiana. E quando c’erano nuove opere di tal genere venivano nascoste dalle tante senza gran vita. Talvolta venivano rifiutate dalle stesse case editrici cattoliche, giacché si sosteneva che non avrebbero trovato mercato. Siamo in un tempo in cui molti segretamente desiderano risentire il messaggio evangelico. Ma risentirlo da uomini che in esso credono veramente, che lo vivono e lo testimoniano, che vivono per esso e non vivono di esso, isolando coloro che vivono per esso. E risentirlo, come nuovo, sia a voce, sia in articoli, in saggi, in opere di pensiero, di poesia, di narrativa, di teatro. E con parole non primordiali, non balbettanti, ma chiare, armoniose, profonde come quelle del Vangelo, piene di quello spirito e di quella grazia che quotidianamente si invocano nelle messe che si celebrano in chiese di tutto il mondo. Coloro che scrivono debbono essere capaci di esprimere quello che in altri resta vago e inespresso, debbono essere capaci di dare nuove forme a quelle verità che Gesù rivelò e nella quale tanti, talvolta fino a martirio, hanno creduto. E con questa luce debbono saper osservare il mondo, che esternamente muta continuamente, senza che cambi il sentire degli uomini che si succedono.