Il teatrino dei pupi della politica italiana

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I più giovani tra gli italiani difficilmente riusciranno a afferrare correttamente dalla narrazione quale fosse lo spirito di un particolare tipo di teatro di marionette, quello dei pupi, molto diffuso nel Meridione fino a qualche anno fa. Manovrati da un marionettista che fungeva anche da doppiatore, lui solo per tutti i personaggi, i pupi vestivano i panni di vari personaggi, tirati fuori e ancor più sintetizzati, protagonisti della Chanson de Roland o dell’ Orlando furioso. La caratteristica che distingueva quel genere di spettacolo era che il pubblico, composto non solo da bambini, aveva l’impressione che i protagonisti di legno e stoffa lottassero tutti contro tutti. In parte era proprio così e lo spettacolo, dall’ inizio alla fine, era ottenuto dalla somma delle singolari tenzone dei pupi. Lo stesso si distingueva per essere particolarmente chiassoso e confusionaro, tant’ è che ancora oggi in campagna, quando gli agricoltori sono coinvolti in qualche vicenda caratterizzata da alterchi e gesti eclatanti, la sera al pub, soprattutto dopo aver bevuto qualche birra in più, raccontano agli altri avventori di essere stati protagonisti appunto di un’opera di pupi. È Ferragosto e se ne può approfittare per riprendere fiato in mezzo alle tante opere di quel genere in scena un pò dovunque lungo lo Stivale, rivolgendo particolare attenzione a quelle in programmazione a Roma. Il buon Silvio nazionale è scivolato pericolosamente su una buccia di banana, discettando, peraltro non rogatus ex sentenzia, sulla questione degli effetti immediati di un eventuale svolta presidenzialista dell’ Italia. Quel che è peggio è che, cercando di rimediare, ha amplificato ancor più la portata dell’ affaire. “Cui bono ?”, avrebbe esclamato Cicerone e tale suo interrogativo oggi varrebbe “chi glielo ha fatto fare”, essendo in atto già tante di quelle schermarglie che la meta sarebbe già troppa. Il clamore della vicenda ha ravvivato il fuoco dello scontro, definibile per sola brevità politico, che prosegue in crescendo ormai da qualche mese nella Penisola, isole comprese. Si sa che i bollettini simili a quelli medici emessi periodicamente da enti terzi preposti al monitoraggio delle economie e dell’ andamento sociale dei vari paesi, sono particolarmente sensibili al verificarsi di situazioni come quella appena sopra accennata. La ricaduta negativa della vicenda sull’andamento delle borse, soprattutto quella di Milano, non tarderà a farsi sentire fin dai prossimi giorno. Con l’ augurio, purtroppo azzardato, che la palla di neve scappata di mano al bambino, rotolando verso valle, non si trasformi in valanga. A questo punto, non solo per par condicio, ma sopratutto per cercare di dare conforto morale alla casalinga di Voghera, frastornata a più non posso da quanto sta accadendo a Roma, è doveroso riportare quanto è accaduto nelle ultime ore. Un altro episodio di dubbia linearità si è parato di fronte all’ opinione pubblica e fa riflettere molto sullo scollamento di chi rappresenta il popolo dal normale agire democratico. Uno dei principi fondamentali cui esso deve rigorosamente attenersi è il rispetto della libertà altrui seguendo il dettato costituzionale. É accaduto che la senatrice a vita, la precisazione del tipo è d’obbligo, Liliana Segre, tanto nomine e altrettanto dovuto rispetto, abbia voluta aggiungere le sue personali idee sulla questione se sia regolare o meno che un partito aggiunga una fiamma tricolore al suo simbolo. Ciò in quanto, a suo dire, il fatto costituirebbe un chiaro riferimento al fascismo. Proseguendo, ha invitato i responsabili dei partiti che lo hanno adottato a rimuoverlo. Con tutto la reverenza che quella senatrice merita e mantenendo ferma la volontà di approfondire l’argomento, allo stato bisogna prendere atto che chi si trova in contrasto con uno dei fondamenti della Costituzione è proprio lei. Quel documento solenne è pervaso anche dallo spirito di un principio mutuato dal Diritto Romano, il neminem laedere. Trasposto nel gergo dei componenti della locale bocciofila, esso vale qualcosa come l’ invito a interessarsi degli affari propri, non ficcando il naso in quelli degli altri. É quanto invece ha fatto, di sua iniziativa, quella reduce di Auschwitz, nell’invitare la sua collega Giorgia Meloni a rimuovere il simbolo della fiamma dal campo più ampio del simbolo elettorale del suo partito. È strano che finora qualche irriducibile tra i simpatizzanti della Giovanna d’ Arco de noantri non abbia manifestato ancora la volontà di chiedere la rimozione della falce e del martello rossi che compaiano nella grafica di quasi tutte le insegne delle formazioni operanti nell’area comunista.
Ragionando gli stessi per analogia, sostengono che quei segni richiamerebbero molto da vicino lo stalinismo e le sue nefandezze. Continuando così, probabilmente una nota marca di pomodori in scatola, che contiene nella sua etichetta una fiamma tricolore, per giunta in campo nero, potrebbe indurre chi è deputato ai controlli a diffidare l’azienda produttrice a ritirare quelle confezioni dal mercato perché chiare testimonianze di apologia del fascismo. È un reato punito da subito dopo l’andata in vigore della Costituzione che sancì anche lo scioglimento del partito fascista e ne proibi ogni forma di ricostituzione. Leggerezza ferragostana a parte, quanto appena scritto si presta a essere un buon argomento di conversazione sotto gli ombrelloni, nelle baite e, perché no, nei dopolavoro aperti per turno.Buona festa dell’Assunta, come è ricordato il 15 prossimo venturo nel contado e dal 16, un altro giorno, si vedrà. Per ora è più gradevole pensare a Rossella O’Hara e a Ornella Vanoni, entrambe certezze a prova di bomba. Con l’augurio che, almeno le stesse, restino tali ancora per un bel pò di tempo. Certe cose fanno un gran bene alla salute, soprattutto a quella mentale.