“Il tempo ritrovato di Pompei”, la recherche del direttore Massimo Osanna

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di Fiorella Franchini

Ha un sapore proustiano, l’ultimo volume del direttore del Parco Archeologico di Pompei, Massimo Osanna, pubblicato da Rizzoli, e non solo nel titolo “Il tempo ritrovato- Le nuove scoperte”.  Un ampio racconto dedicato alla città vesuviana, alla sua esplorazione,  ai suoi tesori, che ha il senso profondo della vittoria sul tempo, compiuto dalla memoria e dalla scienza.  Tutte le descrizioni hanno il rigore scientifico e un momento evocativo fatto di sensazioni cariche di storia. “Il mantello del passato – scrive  Gregory David Roberts – è fatto con il tessuto delle emozioni della nostra vita e cucito con i fili enigmatici del tempo.”  L’emergere dalle rovine del presente di una vita che è stata, è, di fatto, conquista dello spirito sulla provvisorietà della materia.   Un libro razionale, costruito con le riflessioni dell’archeologo sui nuovi ritrovamenti. Attraverso l’attività scritturale Osanna racconta la propria esperienza, e fissa in eterno quel risveglio di connessioni che permette di viaggiare tra passato e presente. Dalla Pompei più antica, fondata intorno alla fine del VII secolo a.C., si arriva agli ultimi giorni, quando la fiorente città venne consegnata all’eternità dalla cenere del Vesuvio. Da ogni pagina emergono rumori, odori, già uditi o respirati un tempo, e lo sono di nuovo, nel passato e insieme nel presente, “reali senza essere attuali, ideali senza essere astratti, perché subito l’essenza permanente, e solitamente nascosta, delle cose sia liberata.” Li ritroviamo nelle vie sgombrate dai detriti, tra i muri ripuliti dai rovi, quando ammiriamo i misteriosi mosaici della Casa di Orione che tanto rivelano del raffinato dominus che li commissionò, facendoli giungere, forse, da Alessandria d’Egitto; nella Casa del Giardino dove si fa riferimento a un prelievo d’olio che potrebbe confermare un’altra datazione dell’eruzione, tra le incisioni del mausoleo di Gnaeus Alleius Nigidius Maius, dove si apprendono dettagli sconosciuti sulla rissa che scoppiò nell’anfiteatro tra pompeiani e nocerini nel 59 d.C., di fronte all’erotica poesia dell’affresco di Leda e il cigno. L’archeologia si carica d’impressioni e diviene linguaggio universale. Fin dal Settecento l’antica colonia romana è divenuta elemento dell’immaginario popolare e Massimo Osanna non si lascia sfuggire l’occasione di ripercorrere la grande influenza esercitata dalle sue pietre millenarie sull’arte, la letteratura, la musica, il design, la moda, senza tralasciare l’importanza che ebbe durante la sua stessa esistenza e confermata dai ritrovamenti e dalle fonti letterarie. Testimonianze che ci parlano di una città feconda abitata da Osci, greci, etruschi, romani, cui si aggiunsero, con ogni probabilità, comunità di ebrei e di alessandrini, centro di traffici commerciali e intensi scambi culturali. Pompei fa ormai parte del mito, appartiene all’umanità, patrimonio Unesco e destinataria di grandi progetti europei che hanno messo a disposizione fondi, tecnologie, saperi per recuperarla, metterla in sicurezza, studiarla. I risultati degli ultimi anni sono sotto gli occhi tutti e le riaperture di vie, insule e domus, le ricche mostre di reperti in loco e in tutto il mondo confermano un’attenzione e un interesse che cresce in maniera esponenziale. Il direttore Osanna fa il punto della situazione, di ciò che è stato fatto e di ciò che si dovrà fare e la sua analisi è sempre una narrazione minuziosa e avvincente fatta di parole e d’immagini.  Il linguaggio utilizzato è semplice, sfrondato di tecnicismi e arricchito di emozioni. E’ il nuovo approccio della divulgazione scientifica, uscire dall’autoreferenzialità accademica e costruire narrazioni storiche che sfruttino le connessioni emotive.  Le neuro-scienze hanno ormai dimostrato che un concetto, un’argomentazione razionale, si ricordano meglio ed entrano con più facilità a far parte delle mappe cognitive individuali, se sono associate e trasmesse attraverso le emozioni.  “Abbiamo due menti, una che pensa, l’altra che sente. – afferma lo psicologo Daniel Goleman – Queste due modalità della conoscenza, così fondamentalmente diverse, interagiscono per costruire la nostra vita mentale.” Una strategia comunicativa imprenditoriale ma con un intenso senso etico attraverso il quale si persegue l’idea che l’elaborazione delle ricerche sul passato debba essere un processo democratico che coinvolga il pubblico, perché la Storia e l’Archeologia non appartengono agli studiosi, ma alla società umana e devono essere utili alla comunità e allo sviluppo della memoria collettiva. Un approccio che intercetta un bisogno diffuso di conoscenza più che un’inutile retrotopia. In fondo, da sempre l’uomo è stato alla ricerca di un’età dell’oro, perduta o ancora da raggiungere, un anelito spirituale insopprimibile. Nel libro di Massimo Osanna  Pompei ritrova il tempo perduto, il lettore recupera il proprio tempo interiore fatto d’immaginazione, intelligenza emotiva, consapevolezza, e la recherche continua.