Impact proactive sfida il dolore: più terapie

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Dodici milioni di italiani affrontano ogni giorno un inferno chiamato dolore tra sintomi invalidanti e sofferenze insanabili. E di terapie e cure palliative si parla ancora male e poco, secondo gli esiti del convegno “La gestione del dolore: un problema di civiltà e non di normative”, organizzato da Impact proactive la scorsa settimana a Palazzo Corsini a Firenze. Durante l’incontro sono stati presentati i risultati di uno speciale “Vademecum del dolore”, capillare campagna nazionale di sensibilizzazione, e gli obiettivi del “Questionario sul dolore”, una indagine approfondita per conoscere le necessità dei cittadini con dolore, che in soli tre mesi ha già raccolto quasi cinquemila risposte.Gianfranco GensiniOggi – commenta Gianfranco Gensini, presidente del Comitato Scientifico di Impact proactive – la gestione appropriata del dolore non può più essere legata solo all’applicazione della Legge 38/2010, che comunque è stata fondamentale e determinante, ma deve diventare un impegno deontologico professionale e personale: serve una reale presa in carico di responsabilità da parte di tutti gli operatori sanitari”. Occuparsi della questione senza allarmismi eccessivi, in particolare in riferimento alle conseguenze di supposti abusi di medicinali. Un “side effect” che riguarda più le popolazioni d’oltreoceano che l’Europa e l’Italia.Guido FanelliBisogna – spiega Guido Fanelli, direttore della Scuola di Specializzazione di Anestesia, Rianimazione e Medicina del dolore dell’Università di Parma e membro del comitato scientifico di Impact proactive – saper leggere attraverso i numeri per interpretare i dati statistici: particolarmente in campo medico, altrimenti si fanno paragoni azzardati e potenzialmente fuorvianti. Recentemente, sono stati commentati con allarme i dati sulla crescita del consumo di farmaci oppiacei in Italia, cresciuti tra il 9 e il 13 per cento , e qualcuno ha fatto subito un paragone con gli Stati Uniti, dove la Food and Drug Administration (Fda), ha calcolato che oggi questa è una delle cause principali di morte accidentale, con più di 16 mila decessi causati da overdose, superando persino gli incidenti automobilistici. Sembrano dati allarmanti: ma se li leggiamo bene, vediamo che Il 17 per cento della popolazione mondiale risiede negli Usa e in Canada, dove avviene il 92 per cento del consumo globale di oppioidi e derivati della morfina; il consumo medio pro-capite di questi farmaci è pari a 800 mg di equivalenti in morfina nella popolazione statunitense, contro gli 0,64 mg nei paesi dell’Africa sub-sahariana, e i soli 2 mg in Italia. Ecco perché in Italia non corriamo assolutamente questo rischio: anzitutto per via di una legislazione diversa che permette di acquistare certi medicinali solo in farmacia, e poi anche per una diversa formazione della classe medica”.