Innovazione tecnologica, gemello digitale, I.A. e cultura: le sfide del nostro presente

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In foto Derrick de Kerckhove

Guru dell’era digitale, Derrick de Kerckhove, giornalista di Media Duemila, ha diretto il McLuan Program in Culture & Tecnology di Toronto ed è stato professore universitario all’Università di Toronto e docente presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II.

In questa intervista abbiamo affrontato con lui alcuni temi di grande attualità ed interesse per la nostra società.

Professore, innovazione, collaborazione e reputazione come possono coniugarsi in una società digitale?

Direi che questo è già in corso nel senso che nel passato l’innovazione si faceva da una parte con la collaborazione di persona o isolata e la reputazione si sviluppava intorno alla distribuzione di questa innovazione. Ormai con la rete è tutto diverso perché questi tre elementi sono sempre simultaneamente presenti. L’innovazione è più o meno sempre il prodotto di una collaborazione realizzata nel mondo intero, le persone possono innovare collaborando tra di loro dalla Francia al Canada all’Italia senza problema. Innovazione e collaborazione sono sempre insieme con l’utilizzo della rete della società digitale, più immediata, veloce e condivisibile. L’accesso alla rete aumenta enormemente l’innovazione, grazie al fatto di avere accesso a tutto ciò che c’è in rete, che io chiamo la nostra memoria comune. La reputazione invece è la novità, nel senso che è molto facile oggi acquisire buona o cattiva reputazione con poco, è un’arma a doppio taglio. Oggi è molto più pericoloso perché le notizie sulla rete sono più veloci e meno verificate, allora si può essere vittime anche di fake news. La reputazione è la grande la problematica, io parlo sempre del capitale più importante di tutti, è più importante del cosiddetto capitale sociale, lo possiamo considerare come un’estensione del capitale sociale.

Quali impatti tecnologia e digitalizzazione possono avere sul piano umano e su quello sociale?

La trasformazione digitale è applicata generalmente a questioni gestionali, anche un cambiamento del modo di fare comunicazione aziendale. Si tratta di una trasformazione profonda come quella che abbiamo avuto con l’arrivo dell’alfabeto 2500 anni fa. La prima grande rivoluzione dei media è stata quella della scrittura, che tutti danno per scontata come se fosse un’estensione naturale della mente umana, invece no, la scrittura ha cambiato la mente umana e di nuovo la trasformazione digitale sta cambiando, ma in un modo molto più radicale e più esteso, la trasformazione alfabetica. Si comprende solo quando avviene. Quando una persona impara a leggere e a scrivere, impara a costruire un capitale intellettuale, prende possesso e potere sul linguaggio, diventa maestro della propria parola, impara a fare  composizione scritta, romanzi, lettere, ecc. Il linguaggio, che è una grandissima tecnologia umana, è sotto controllo, è al proprio “servizio”. Invece una volta che si inizia a scrivere di sé, del proprio pensiero, e viene visualizzato attraverso uno schermo, è quello schermo ad avere potere sulla persona perché al di là ci sono più persone che hanno interesse a capitalizzare le conoscenze che vengono presentate. E’ un rovesciamento totale.

L’innovazione tecnologica ha generato il nostro “gemello digitale”. Quanto questo “gemello” influenzerà la nostra vita e il nostro lavoro?

Oggi abbiamo Siri per coloro che usano Apple, Alexa per chi usa Amazon, ecc. L’assistente digitale sembra che assista le persone ma in effetti assiste Apple, Amazon, Google, ecc. Tutti questi assistenti sono le tappe intermedie tra l’assenza pubblica di assistenza e la presenza eventuale del tuo gemello digitale. Immaginare di prendere possesso del gemello digitale, ad esempio di Alexa, che invece di servire Amazon serva noi non è reale, tutte le informazioni su di noi vengono usate, anche quelle che non conosciamo, il nostro “inconscio digitale”. Tutti questi dati diventano il nostro gemello digitale che avrà indirettamente importanza sulla nostra vita.

I social media, come canale di comunicazione, hanno sostituito quelli tradizionali, offrendo informazione spesso non qualificata, generando fake news e campagne realizzate da hater. Ritiene necessario un “codice etico” per questi mezzi di comunicazione?

Un codice etico è essenziale, però il problema è l’etica, perché non sappiamo come farlo. Non abbiamo più le condizioni di un’etica dell’uomo privato, dell’uomo democratico, non abbiamo neanche l’etica del mondo cristiano, abbiamo perso le base etiche che possono dare, diciamo, un aiuto per decidere cosa è bene e cosa è male nel mondo moderno. Il vero problema è questo. Gli odiatori sono personaggi assolutamente improponibili, l’accelerazione dei cambiamenti che la rete, che la cultura digitale, ha portato nella vita di ognuno ha fatto in modo che la gente perdesse il tempo della propria identità ed ecco allora fake news, news di gruppi di odio. Il codice etico, possiamo dire, è necessario, ma è un work in progress. La vera problematica etica non è solo quella delle fake news, è che l’intelligenza artificiale sta prendendo potere, anche nel modo di fare diverso e di organizzare la società, è l’etica dell’intelligenza artificiale che non è ancora conosciuta.

Quali sono i rischi che possiamo correre in un mondo prevalentemente digitale?

Il rischio principale, già in atto, è la spaventosa decoesione sociale. Il problema è che non c’è più unità, che non è stata mai completa ma almeno era funzionale, mentalità di spirito, attitudine di conoscenza, di attesa, di immaginario. Nixon parlava della silent majproty, una maggioranza silenziosa che oggi è sparita, adesso sono migliaia di gruppini vociferanti, per niente silenziosi e per niente coesivi. E lo abbiamo visto con la risposta al Covid nei primi mesi. Oggi anche l’Europa prova a fare un po’ meglio.

Quali quelli legati all’Intelligenza Artificiale?

L’Intelligenza Artificiale è il nucleo, l’anima e la mente della trasformazione digitale, è la forma centrale. L’Intelligenza Artificiale è solo una tecnologia come tante altre, fino a 5/6 anni fa aveva bisogno di una potenza enorme di calcolo e di dati. L’avvio dei big data, congiunto con l’aumento di potenzialità di calcolo delle unità centrali dei computer, ha creato la possibilità nuova degli algoritmi. La cosa interessante è quella di arrivare a capire bene che vuol dire Intelligenza Artificiale perché in effetti non è molto intelligente, è capace di riconoscere modelli e statistiche e combinare diversi parametri per arrivare a una conclusione ma difatti non capisce niente e questo è uno dei pericoli. Basta pensare a Google che traduce una lingua abbastanza bene senza conoscere niente di quella lingua, di nessuna lingua. La possibilità di tradurre senza conoscere nessuna lingua è una cosa nuova. Uno dei pericoli per me dell’Intelligenza Artificiale è lo sparire dell’uomo dentro un sistema di decisione, la decisione per la medicina, la finanza, il militare, la giustizia. Queste decisioni sono prese senza che le persone intervengano neanche per sapere come ha funzionato il sistema.

Cultura, arte, scienza, ambiente e turismo come possono beneficiare in positivo dell’era digitale e dell’I.A.?

Arte, scienza, ambiente hanno trovato vantaggio ad esempio da Google e ancor più durante il confinamento. La scienza si è spostata 20 anni avanti nella rete e beneficia molto della condivisione istantanea, rispetto al passato quando doveva essere accettata e  si doveva aspettare tre anni dopo la pubblicazione in un sistema di verificazione condiviso. Oggi la verificazione e anche la condivisione avviene in maniera più rapida e più vasta rispetto al passato. Siamo in un’epoca di produzione scientifica fenomenale, l’arte lo stesso. Gli artisti sono capaci di avere accesso ad un sistema di distribuzione che non dipende unicamente da qualche impresario. Anche per il turismo, si può visitare l’albergo da casa prima di andarci o il paese, anche se il turismo in questo periodo soffre a causa del Covid, ma ci sono anche cose che si possono fare a distanza. L’ambiente non è ancora protetto dal sistema dell’era digitale, ma la generazione della sostenibilità è nel futuro, l’ambiente soffre oggi enormemente delle condizioni dell’economia galoppante e il Covid è  stato il primo momento obbligato per fermarsi e ridurre questa folle corsa e arrivare a ripensare l’ambiente. E’ arrivato il momento di ripensare la realtà e questo è un beneficio per l’ambiente perché diverrà la base, il nuovo obiettivo su cui si prendono le decisioni fondamentali del progresso umano che non può fare a meno di basarsi e puntare sull’ambiente.

Come potranno in concreto essere tutelate proprietà intellettuale e proprietà artistica?

Ho già detto qualcosa prima. Oggi un artista si può far conoscere in rete, può tutelare il suo diritto di proprietà intellettuale con un proprio marchio di fabbrica in filigrana anche in rete, può dichiarare il copyright ma anche un copyleft che da la possibilità all’artista di concedere gratuitamente il diritto alla riproduzione della sua opera artistica in modo da diffonderla ed evitare che sia “rubata”.

La scuola e la formazione traggono benefici dalla Rete o ne sono condizionati in maniera negativa?

La scuola beneficia di tutta la memoria del mondo e non penso che la formazione possa essere influenzata negativamente dalla rete, certo ci sono fake news, ecc., informazioni che fanno finta di essere scientifiche e non lo sono, ma questo è nulla a fronte dei grandi benefici di avere accesso a tutte le informazioni presenti in rete. Ne abbiamo avuto una prova anche durante il confinamento, per cercare cose utili ed essere sempre più connessi sulla rete e con il contenuto digitale.

Quale funzione hanno i Big Data?

Nessuna in particolare. Non c’è niente nei big data prima della domanda, è la domanda che fa la differenza; i big data sono una massa inerte di informazioni che non possono essere da se stessi definiti, solo una domanda interessante crea una risposta interessante dei big data. La funzione di base è quella di nutrire le domande dell’Intelligenza Artificiale del motore di ricerca. A scuola bisogna insegnare a formulare bene le domande più che a dare le risposte, un po’ come il lavoro del giornalista che deve fare domande interessanti per avere risposte interessanti, questo è il ruolo dei big data.

 

La trasmissione alle prossime generazioni della memoria storica e culturale collettiva e la sua conservazione come ritiene possa essere realizzata?

Questa trasmissione è già nel nostro contributo sulla rete, nei nostri social media, nella condivisione del nostro lavoro di conoscenze e altro. Diciamo che le generazioni non sono più facilmente distinguibili, ma l’una e l’altra vengono non una dopo l’altra ma tutte insieme in contemporanea. L’enorme mole di informazioni disponibili da trasmettere è tutta presente insieme e tutte le storie, anche le notizie false, sono come una grande ora estesa. Parlare di trasmissione orale da padre a figlia/o, mamma a figlia/o, questo esiste ancora e deve esistere ma se si tratta della conoscenza, della nostra cultura, delle scienze,delle nostre abitudini culturali, tutto questo va molto più sistematizzato, digitalizzato e messo a disposizione di tutti senza particolari modalità di accesso. Possono esserci anche dati non accessibili a tutti senza pagamento, ma non deve essere così in generale, l’informazione che serve deve essere a disposizione di tutti.

Bianca Desideri