Inquinamento in Campania, traffico e riscaldamento le principali cause

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Si è svolto questa mattina, alla presenza del Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, il convegno pubblico di presentazione della ricerca che, per la prima volta, descrive lo stato complessivo dell’atmosfera del territorio di Acerra e più in generale della Campania, valutando, nello specifico, il contributo del termovalorizzatore. In accordo con Comune di Acerra e Regione Campania e in adempimento a quanto richiesto in sede di Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia), lo studio è stato condotto da Isafom (Istituto Sistemi Agricoli e Forestali Mediterranei) del Cnr. 
 
Quest’ultimo ha costituito, con fondi regionali, l’Osservatorio per la qualità dell’aria AriaSaNa (www.ariasana.org) e dato vita al gruppo di eccellenza QuaSAR, struttura all’avanguardia per il monitoraggio dell’aria e delle interazioni con la vegetazione.
 
“L’approccio scientifico e non pregiudiziale alle questioni ambientali – afferma il ministro Gian Luca Galletti – è l’unica possibilità per questo Paese di recuperare il tempo perduto, dopo anni di veti a prescindere che hanno paralizzato lo sviluppo senza migliorare la qualità della vita dei cittadini. Questo si è visto nel tempo in particolare sul campo dei rifiuti, dove è bene chiarire che il male assoluto non sono i termovalorizzatori, ma le discariche che inquinano l’ambiente, fanno male alla salute delle persone e ci fanno pagare enormi multe in Europa per non risolvere il problema. L’esigenza di realizzare i termovalorizzatori – conclude Galletti – nasce dall’incapacità di molte Regioni di allestire un ciclo dei rifiuti moderno e attento alla salute dei cittadini e dell’ambiente: è un fatto che in alcune regioni ancora fino all’80 % dei rifiuti finisca in discarica e che in tante realtà la differenziata sia a livelli indecorosi”.
 
“Il Cnr, grazie alla sua natura multidisciplinare, intende porsi sempre di più come punto di riferimento per quella ricerca di frontiera che preveda la sinergia tra diverse branche della scienza. In quest’ottica, lo sviluppo delle conoscenze sulle relazioni tra ambiente, ecosistemi e salute umana è una linea di attività essenziale, anche per la definizione di programmi efficaci di protezione ambientale e di prevenzione sanitaria”, dichiara il Presidente del Cnr, Massimo Inguscio.
 
Lo studio condotto dal Cnr spinge il livello di analisi sull’impatto ambientale del termovalorizzatore di Acerra ben oltre quanto prescritto in sede di Aia. Si tratta del primo studio di questo genere nell’area: la ricerca descrive in maniera esaustiva la qualità dell’aria locale, contestualizzando quanto incide il termovalorizzatore e, nel contempo, quanto impattano le altre fonti di emissioni presenti nel medesimo territorio (trasporti, riscaldamento, edifici, industrie…). In questo senso, l’impianto di Acerra viene inquadrato come sorgente, nel più ampio contesto delle emissioni che insistono sul territorio.
 
“Attraverso campagne di monitoraggio ed utilizzando evoluti modelli matematici di dispersione degli inquinanti in atmosfera” – commenta Enzo Magliulo, ricercatore ISAFOM – “è stato possibile descrivere in modo esaustivo la qualità dell’aria locale e indagare quanto incidano le sorgenti presenti nell’area e le fonti esterne”.
 
Grazie ad un approccio integrato di analisi delle diverse fonti emissive, tramite apparati sperimentali di monitoraggio, dispositivi mobili terrestri e aerotrasportati, rilievi dei parametri biofisici e ambientali e simulazioni modellistiche, lo studio inquadra il termovalorizzatore di Acerra come sorgente di emissioni, nel quadro più ampio delle altre sorgenti presenti sul territorio. Dalla ricerca emerge che le ricadute al suolo risultano ampiamente inferiori ai limiti di legge o alle soglie di attenzione fissate dalla normativa vigente per la tutela della qualità dell’aria
La ricerca CNR –  I dati chiave
Per il biossido di azoto, lo studio indica zone di superamento del limite annuale di protezione della salute dovuto in maniera dominante alle emissioni da traffico: il contributo massimo del termovalorizzatore di Acerra è inferiore allo 0,75% del valore limite.
Per il particolato, i valori massimi di ricaduta dei quattro comparti più rilevanti (trasporto su strada, trasporto marittimo e aeroportuale, riscaldamento ed industria) sono confrontabili tra loro, compresi tra il 40 ed il 57% del valore limite, sebbene occorrano in punti diversi del territorio considerato. Le concentrazioni dovute al termovalorizzatore di Acerra sono ovunque inferiori allo 0.1% del valore limite. È importante sottolineare come per questo inquinante resti da quantificare l’apporto delle sorgenti non ufficialmente censite e delle combustioni incontrollate all’aria aperta, potenzialmente rilevanti.
Per i microinquinanti, il termovalorizzatore di Acerra, nel punto di massima ricaduta dell’intero dominio esaminato, contribuisce in misura inferiore allo 0.2% rispetto ai valori limite per i metalli.
Per gli IPA – rispetto ai quali l’unica criticità nell’area in esame è legata al riscaldamento civile a causa della combustione di biomassa – l’impatto del termovalorizzatore è di 1.000 volte inferiore al limite riferito al solo benzo-a-pirene.
Per le diossine, l’impatto del termovalorizzatore è 100.000 volte inferiore (5 ordini di grandezza) rispetto al valore guida suggerito dall’OMS.
L’indagine, estesa sia ai macroinquinanti (NOx, CO, SO2, PM10, PM2.5) che ai microinquinanti (IPA, metalli e diossine), ha consentito una quantificazione comparata degli apporti delle diverse fonti emissive alla qualità dell’aria. Le emissioni da traffico rappresentano il fattore di maggior pressione, in particolare a sud di Acerra, nell’area metropolitana di Napoli e in corrispondenza della fitta rete stradale che attraversa il dominio “locale”. Importanti sono pure le emissioni da riscaldamento, del porto di Napoli e di alcune industrie, mentre molto contenuto è il contributo dovuto alle emissioni del termovalorizzatore.
Lo studio ha altresì indicato possibili sviluppi futuri, evidenziando l’opportunità di reperire ed acquisire ulteriori informazioni sulle emissioni delle combustioni incontrollate all’aria aperta che rappresentano una probabile componente significativa delle concentrazioni di polveri sottili. Non esiste al momento un catalogo più preciso che ci consenta di eseguire una simulazione completa di questa fonte di inquinamento: dai dati qui riportati si può asserire che l’apporto alla qualità dell’aria di queste sorgenti sia rilevante per il PM10 e trascurabile per altri inquinati le cui emissioni antropogeniche sono decisamente più consistenti (es. gli ossidi di azoto).
L’insieme delle informazioni raccolte è stato pubblicato in un volume che fornisce una solida descrizione della qualità dell’aria in termini di contributo delle varie sorgenti in zone diverse del territorio di interesse, evidenziando criticità e potenziali responsabilità e mettendo in evidenza le lacune conoscitive che riguardano talune fonti emissive non censite dagli inventari attualmente disponibili.